Chi non vede la prigione, vuol dire che è cieco.
Chi non sente i tamburi di guerra, vuol dire che è sordo.
Ieri
sera ho ascoltato per qualche minuto un finto dibattito televisivo sul tema
dell’immigrazione tra un eminente intelletto leghista che risponde al nome di
Salvini e un certo Nessuno del Partito democratico. Il leghista ragliava delle
osservazioni superficialmente sensate partendo dal solito refrain ideologico
razzista. In contraddittorio, si fa per dire, l’esponente del Pd biascicava con
lo sguardo vuoto le solite frasette retoriche e politicamente corrette senza perciò
dire assolutamente nulla, ma proprio nulla, di significativo e di concreto. Il
solito teatrino tra uno spot pubblicitario e l’altro. La signora Gruber, biondissima
e annoiata, credo ripercorresse mentalmente gli ordini per l’indomani mattina
alla colf filippina.
Il
Pd è al governo da due anni (vale la pena ricordarlo), il signor Napolitano non ci si ricorda nemmeno più da quando è presidente della repubblica, la signora Boldrini è
presidente della Camera, abbiano dunque il coraggio politico, civile e morale
di dire l’unica cosa che andrebbe detta, non da oggi ma da decenni, sul tema
delle “tragedie”: per evitarne di nuove, sulle quali poi piangere lacrime
ipocrite, è necessario predisporre dalla Libia un servizio regolare di
traghetti per l’Italia. I migranti sono disposti, peraltro, a pagare una
congrua tariffa di sola andata con bagaglio a mano. Si tratta di estendere Schengen all’Africa, al
Medio Oriente e all’Asia.
Del
resto, questi signori non ci ricordano spesso che anche noi italiani, popolo di migranti oltre
che di poeti e tesorieri di partito, abbiamo traversato gli oceani a milioni?
Come se l’Italia e l’Europa di oggi fossero paragonabili alle Americhe e
all’Australia di un secolo o anche solo di cinquant’anni fa. C’è pure qualcuno
che si duole del fatto che la cosiddetta globalizzazione ha creato un mercato
dove il capitale può andare a infrattarsi ovunque ma non possono fare
altrettanto le persone. Non è vero, si tratta di una palese bugia signor
Vendola. I ricchi vanno dove più gli pare. Sono gli schiavi che, costretti a
fuggire dalla miseria, sono ammessi solo dove c’è richiesta di manodopera. È così da sempre e per forza e logica di sistema. Già Diocleziano non inventò
nulla di nuovo, ribadì. Mussolini riciclò: pochi sanno che in Italia il divieto
di migrazione interna è stato
abrogato solo negli anni Sessanta e dopo che la questione era stata rimessa
alle decisioni della Corte costituzionale (*).
Questi
liberisti “de sinistra”, sdegno facile in favore di telecamera, mentono quando
parlano e quando tacciono. Essi non possono metter in chiaro le contraddizioni
di questo sistema, sono pagati per far lucidare le sbarre della grande prigione.
Sanno bene che non si può transitare da una gabbio all’altro a bischero
sciolto. Non possiamo accogliere chiunque nella nostra fabbrica di consumo e di
illusioni, c’è bisogno solo di un ricambio fisiologico di carne disperata e
sempre a più basso prezzo per raccogliere pomodoro e arance, per fare le
badanti e conciare pelli, per lavorare in fonderia, nell’edilizia e negli
scantinati a confezionare abbigliamento. Il pomodoro e gli agrumi,
l’abbigliamento e le pelli sono esportate anche nel Nord Europa, dove sono ben
contenti di ricevere merci a prezzi contenuti. Perciò l’immigrazione non serve
solo a noi, ma anche agli altri, così come, per contro, l’operaio turco diventa
cosmopolita lavorando alla Volkswagen di Wolfsburg. Va da sé che deve essere
contingentata secondo le leggi della domanda e dell’offerta, più una certa
misurata eccedenza che serve al sistema per altri scopi non meno precipui.
Il
diritto di consumare è diventato la virtù più grande della democrazia, e, inevitabilmente,
per come funziona un sistema alla cui base c’è il profitto di pochi, ossia per
come è distribuito lo sfruttamento e la ricchezza, ciò implica delle forti
contraddizioni. Perciò la miseria, i conflitti e la disperazione, è materia
coltivata e gestita da specialisti della comunicazione, dell’inganno e della
truffa, i quali hanno assunto una funzione fondamentale in ogni aspetto
della vita, nell’economia e nella politica. Sono bravi, chapeau! Ci hanno messo
gli uni contro gli altri, in un clima permanente di rivalità, insicurezza e
paura, fornendoci di volta in volta dei capri espiatori verso i quali sfogare i
nostri risentimenti e il non senso di una vita non vissuta se non come schiavi
e consumatori.
(*)
Si tratta della legge 10 febbraio 1961 n. 5, la quale abroga le leggi fasciste
(del 9 aprile 1931, n. 358, contenente norme per la disciplina delle
migrazioni, e del 6 luglio 1939, n. 1092, legge contro l’urbanesimo) sulla cui
legittimità costituzionale diversi tribunali si rivolsero alla Corte che si
pronunciò l’11 marzo 1961 con un’Ordinanza di rinvio degli atti alle sedi
penali e civili competenti a seguito della prefata legge abrogativa del
febbraio precedente.
Non posso che ringraziarti per questo post! Stamattina a colazione (ben prima di leggerti quindi) ho avuto un'accesa discussione sull'argomento con la mia ragazza... Le ho detto, in maniera meno circostanziata e puntuale di te, le stesse cose che scrivi tu. Certo che ci vogliono i traghetti. Questi disperati pagano una fortuna per venire qua, i risparmi di una vita se ne vanno in un viaggio di inevitabile sola andata. Solo in pochi riescono a tornare, a informare gli altri su quali sono le reali possibilità in questo paese. Molto spesso non riescono ad emigrare le famiglie intere, per cui non si creano dei reali nuclei familiari, mentre se si formassero, sarebbero i primi a volersi creare delle buone condizioni di vita nella loro nuova "casa", che è anche a nostra casa. Pagherebbero le tasse magari, pretenderebbero un contratto decente, e via di seguito. Invece il singolo immigrato non può che sperare di tirare a campare, al limite guadagnare quando gli va bene qualcosa da mettere da parte, e da portare via appena può, se mai ci riuscirà. Poi come dicevi tu qualche giorno fa, la manodopera a basso costo serve, eccome se serve (ai soliti noti ovviamente). Allo stesso tempo si sente dire in giro che gli immigrati ci rubano il lavoro... ma non diciamo sciocchezze, la casalinga di Voghera se lo evita volentieri di lavorare a Prato a produrre magliette "made in Italy" oppure di lavorare come badante, io sinceramente se posso mi evito di fare il muratore in condizioni precarie e rischiose ... questo finchè anche la suddetta casalinga non avrà alternative (e io non avrò alternative). La cosa tremenda è proprio che siamo tutti divisi, come dici tu "Ci hanno messo gli uni contro gli altri"... siamo schiavi, merce, e consumatori, e quasi tutti credono ancora di essere liberi perchè possono scegliere se comprare il Galaxy S4 o L'iPhone 5... contenti loro..........
RispondiEliminaLa sempre attuale scena di Renzo Tramaglino coi capponi. Solo che al posto di Renzo c'è Don Rodrigo.
RispondiEliminaPer fortuna che ad una Gruber biondissima ed annoiata fa da contrappeso una signora Olympe dall'analisi lucida e sempre realista.
RispondiEliminaogni volta che scrivo di queste cose perdo qualche lettore. buon segno, restano quelli intelligenti.
Eliminaanche ora ci sono traghetti e aerei con i quali chiunque dotato di un regolare permesso di ingresso può con pochi soldi raggiungere comodamente l'Italia.
RispondiEliminaQuello che il capitalismo internazionale vuole è in realtà suscitare la pietà dei morti e del dolore per avere mano d'opera a basso prezzo e senza diritti.
Gli italiani non volevano fare lavori sporchi e faticosi per un salario da fame.
ora siamo noi alla fame e gli italiani vorrebbero fare quei lavori sporchi e faticosi ma li trovano già occupati.
Il capitale con la faccia pietosa e buonista ha ottenuto il suo scopo: distruggere i diritti dei lavoratori e mattereci tutti in miseria.
perciò ho scritto: I ricchi vanno dove più gli pare. Sono gli schiavi che, costretti a fuggire dalla miseria, sono ammessi solo dove c’è richiesta di manodopera.
Eliminaqualche dubbio io l'avrei sul fatto che gli italiani vorrebbero fare quei lavori sporchi e faticosi ma li trovano già occupati, soprattutto così mal pagati. questo in linea generale, poi vi sono anche altri casi.
Ho fatto il bracciante agricolo per sei mesi. Tanti ragazzi dopo un solo giorno di lavoro scappavano via. Ho lavorato insieme a rumeni, palestinesi, marocchini, quelli resistevano meglio, chiassa perchè eh? Alla fine, il padroncino ha chiuso, causa troppi debiti. I lavori erano in subappalto. Una vita di merda comunque. Saluti da Franco
Eliminacari saluti Franco
EliminaVorrei chiedere a Olympe cosa ne pensa di questo passaggio di Emiliano Brancaccio, che a me sembra significativo.
RispondiElimina"Il problema è che fino a quando i capitali potranno liberamente spostarsi da un luogo all’altro del mondo, la quota del prodotto sociale attribuita ai profitti e alle rendite resterà indipendente e quindi prioritaria rispetto alla quota destinata al lavoro. Prima che arrivino a intaccare seriamente i profitti, le eventuali pressioni salariali e fiscali verrebbero infatti inibite dalla minaccia di una fuga dei capitali all’estero. Per i lavoratori residenti, dunque, sotto queste condizioni non ci saranno molte possibilità di influire sulla distribuzione del prodotto sociale. Essi saranno costretti a ripartire con gli immigrati una parte residuale della produzione. Questa ripartizione del residuo evidentemente rischia di scatenare la più classica guerra tra poveri, specialmente in una fase in cui la produzione cade o ristagna. Scopo dei reati di clandestinità e dei controlli repressivi alle frontiere può allora consistere nel tenere questa guerra a un livello di bassa intensità. Queste misure assumono cioè il ruolo di “cuscinetto” tra nativi e stranieri, che può essere sgonfiato o meno a seconda delle circostanze, e che permette di gestire lo scontro tra lavoratori interni ed esterni secondo i fini prioritari della riproduzione del capitale."
Il problema è che fino a quando i capitali potranno liberamente spostarsi da un luogo all’altro del mondo, la quota del prodotto sociale attribuita ai profitti e alle rendite resterà indipendente e quindi prioritaria rispetto alla quota destinata al lavoro.
EliminaQuesta prima frase è tipica di “sinistra”. La quota attribuita ai profitti e alle rendite è determinata sempre dalla quota destinata al lavoro, non può MAI essere indipendente.
Altro paio di maniche è la quota che dei profitti è destinata alla tassazione. E qui è giusto il discorso che fa il signor Brancaccio.
Scusami Olympe, puoi spiegare meglio o più semplicemente perchè "La quota attribuita ai profitti e alle rendite è determinata sempre dalla quota destinata al lavoro, non può MAI essere indipendente".
EliminaTi ringrazio Franco
molto semplice:
Eliminaminore è la quantità di salario maggiore sarà la quota di profitto. mi pare ovvio. perciò il profitto è sempre in rapporto con il salario.
il profitto è una forma secondaria, derivata e trasformata del plusvalore, una diversa forma del plusvalore. il profitto non è altro che il plusvalore rispetto al capitale complessivo anticipato, quindi anche, come detto, in rapporto al capitale variabile, ossia ai salari.
ovviamente c'è un motivo ben preciso per cui gli economisti borghesi tendono a imbrogliare le carte.
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