La casa si giudica dal bagno.
Ideal Standard, slogan pubblicitario.
Quest’estate un’amica mi faceva osservare
come, in generale, gli asiatici abbiano una “concezione” – la definiva così –
diversa dell’igiene rispetto a noi occidentali (non so se intendesse con ciò
includere anche gli inglesi).
Forse non tutti sanno che esiste una World Toilet Organization che in questi
giorni (2-4 ottobre) sta tenendo un proprio summit in Indonesia, a Surakarta
(nota anche con il nome di Solo), Giava Centrale. I vertici precedenti si sono
svolti a Seul, Taipei, Pechino, Shanghai, Belfast, Mosca, Bangkok, Nuova Delhi,
Macao, Philadelphia, Hainan e Durban. Ci sono ben 600 partecipanti alloggiati
presso il Sunan Hotel e 40 espositori di attrezzature e prodotti per la pulizia
personale e l’igiene. Il logo del summit, stilizzato, corrisponde efficacemente
al tema del convegno.
Quello dell’igiene personale è un problema
serio in quanto 2,5 miliardi di persone, praticamente il 40% dell’umanità,
ancora nel XXI secolo non dispone di servizi igienici. Ciò provoca non solo
danni alle persone, dato che un milione di bambini al mondo muore ogni anno di
diarrea e sono decine di milioni le persone che si ammalano a causa delle
conseguenze della mancanza di servizi igienici o del loro cattivo stato, ma
anche un non trascurabile danno ambientale di cui si parla poco. Pensiamo solo
al fatto che in Indonesia 63 milioni di persone defecano tutti i giorni en
plein air. Il presidente dell'Indonesia
Toilet Association (ATI), Naning A. Adiwoso, ha sottolineato come per molte
persone i cellulari siano “più importanti
dei gabinetti”, e manchi “la
consapevolezza dell'importanza dei servizi igienici”.
Questa mancanza di consapevolezza, a volte
fatta passare sotto la voce usi e costumi, non manca solo in Asia, ma è assente
anche in gran parte dei paesi d’Europa e anche negli Usa o in Canada, dove
l’uso del bidet, per fare un esempio noto, è sconosciuto. I francesi, i quali
fanno un uso sconsiderato di essenze profumate (Napoleone ne consumava a litri
quotidianamente) e di deodoranti, se gli capita di andare al cesso poi non
usano il bidet. Possiamo dunque ripetere quanto disse il medico Edwin Chadwick a
Napoleone III, ossia che Parigi è “linda
di sopra e sconcia sotto”. De Sade fa dire a Dolmancé, rivolto alla signora
di Saint-Age: “Badate innanzitutto di
farvi sempre masturbare il clitoride quando vi sodomizzano: niente si sposa
bene come questi due piaceri; evitate il bidé o di detergervi con un panno,
dopo essere stata fottuta in questo modo” (*). Lascio agli amanti del
genere scoprire cosa scrivesse nel 1891 Paul Verlaine nella Triologia erotica.
Anche noi italiani siamo arrivati tardi alle
virtù dell’igiene e al piacere di “sentirsi in ordine”, come dicevano le
suorine di un tempo non lontanissimo. L’igiene personale fu per le italiane una
tardiva acquisizione (per molti maschietti un traguardo irraggiungibile ancor oggi). È vero
che la pulizia del corpo era il più salutare degli ornamenti e costituiva lo
specchio del candore dell’anima, come dicevano le nostre mamme preparandoci per
andare a messa o a dottrina, tuttavia i lavaggi erano cauti e spesso parziali,
e il bagno caldo si faceva (chi lo faceva) una volta alla settimana.
A tale riguardo rammento due letture, una di
Rossana Rossanda, che nella sua autobiografia ricorda: “Eravamo addestrate a
lavarci da capo a piedi e a rate in un lavandino e un bidet portatile, che più
tardi avrebbe accolto le prime tracce rosate del mio sangue mestruale” (**).
Negli anni Trenta questa era una condizione piuttosto comune a Venezia, dove si
svolge la scena, molto meno nelle campagne dove spesso mancava anche il minimo indispensabile per l'igiene.
Un altro libro interessante da cui
cogliere lo spirito del tempo (chiamiamolo così) è quello scritto a quattro
mani da Federico Zeri e Roberto d’Agostino nel quale si raccontano diverse
storielle d’igiene, senza risparmiare le classi alte. Nel libro si racconta
come anche Mussolini facesse il bagno e cambiasse la biancheria non più di una
volta la settimana, facendo largo uso di colonia (***).
Questo dettaglio è confermato da Gore Vidal, il quale descrive l’unica occasione in cui
vide Mussolini, alle Terme di Caracalla, in occasione della Turandot: “Siamo
seduti all’aperto in un palco recintato, sotto il caldo cielo scuro. Nel palco
accanto, Mussolini, con addosso un’uniforme bianca. Al primo intervallo, lui si
alzò e rese omaggio alla soprano. Il pubblico applaudì. Quindi lasciò il palco.
Passandomi accanto, sentii l’odore di una forte colonia” (****). Dunque, anche
il duce degli italiani si lavava poco e profumava molto.
Sono le sei passate, m’è venuta voglia di
una doccia.
(*) Opere,
La filosofia nel boudoir, Mondadori, 99.
(**) La
ragazza del secolo scorso, Einaudi, 22-23.
(***) Sbucciando piselli, Mondadori.
(****) Palinsesto,
Fazi, 99.
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