lunedì 5 giugno 2023

Un silenzio nutriente


Sono passati già tre anni. Ricordo l’incredibile silenzio nei centri urbani. Avevamo giurato che niente sarebbe più stato come prima. Che cosa rimane di quei grandi propositi? La maggior parte di noi non ha dimenticato, ma semplicemente rimosso.

Non era tanto il silenzio quanto il fatto di sentire rumori solitamente mascherati dall’andirivieni umano, dal traffico automobilistico. Si potevano ascoltare suoni e rumori che prima non percepivamo. Non solo i litigi dei vicini o le grida di certi bambini bastardi. Perché il silenzio non è il nulla, ma la percezione del sottile. Si crede che il silenzio rappresenti l’assenza di rumore, come l’oscurità l’assenza di luce: è un errore, perché il silenzio rende più nitide le percezioni, ci apre il mondo sconosciuto dei rumori infinitamente piccoli.

Alcuni trovano quel silenzio straziante. È una questione di equilibrio. Ascoltare ciò che si sente quando non si sente niente. È allora che nella casa addormentata puoi percepire la perdita della doccia e calcolare mentalmente quanto ti costerà la riparazione.

Tutti conosciamo l’unità di misura del livello sonoro: il decibel (simbolo dB). 120 dB corrispondono allo schianto di un martello pneumatico. Il rumore del traffico stradale è di circa 70 dB, un po’ meno quello della mia lavatrice in centrifuga. Il silenzio perfetto è, per definizione, quello della burocrazia a riguardo di una tua istanza. Ma anche in un posto molto tranquillo, in campagna, ci sono sempre una ventina di decibel, per via dello stormire del vento tra le foglie o dei canti di uccelli e il frinire degli insetti.

Si dirà che simili rumori della “natura” sono innocui, ma posso garantirvi che da anni lo squittìo di una civetta a circa trenta metri dalla mia camera da letto non è proprio piacevole. Mica le posso sparare. Il silenzio assoluto non esiste, e poi sarebbe inquietante. Se sei ossessionato dalla ricerca del silenzio assoluto, vuol dire che hai qualche altro problema.

Ci sono silenzi buoni e cattivi. Questi ultimi li conosciamo quasi tutti. Ne cito uno bello, il silenzio di Proust, la meravigliosa camera da letto di zia Léonie, dove “l’aria [...] era satura del bel fiore di un silenzio così nutriente”.

Tuttavia il rumore non è spesso e solo “fastidio”, “disturbo”, ma può diventare anche un problema di salute. La recente sentenza della Cassazione stabilisce che spetta al Comune garantire ai cittadini il diritto di non farsi rompere i timpani da dei minchioni che hanno solo voglia di affermare il loro potere acustico.

Il diritto al silenzio come questione democratica, come difesa del nostro il patrimonio sensoriale, è sancito dalla Costituzione, non per nulla la “più bella del mondo”. Ciò che però nessun tribunale può sentenziare è il fatto che il silenzio è fondamentale, non solo per gli esseri umani, ma altrettanto, se non di più, per gli animali: hanno bisogno di un certo silenzio per far sentire il loro rumore, è in gioco la sopravvivenza della specie. Perché uccelli, rane e insetti fanno quei loro rumori? Beh, come tutti noi: soprattutto per scopare. In linguaggio scientifico si dice attrarre il partner sessuale.

La cosa malvagia del rumore è che si insinua ovunque. Che invada le città è deplorevole, ma nell’ordine delle cose. Il fatto che estenda la sua presa anche sui piccoli quartieri periferici prossimi agli ambienti naturali, dunque soprattutto nel mio, è davvero aberrante.

Uno studio, pubblicato nel 2015 dall’Agenzia europea dell’ambiente, ha mappato le zone di silenzio in Europa. Mostra che solo il 18% del territorio europeo si trova in una zona “calma”. Questi paradisi si trovano principalmente nei paesi scandinavi. Per avere un po’ di quiete acustica non posso spostarmi in quei luoghi gelidi, in tutti i sensi, dove per sei mesi spengono la luce e negli altri sei leggono Stieg Larsson in originale.

L’inesorabile scomparsa del silenzio. Basterebbe avere un po’ di rispetto per la fauna notturna, per quelli come me occupati nelle loro faccende mentre gli altri dormono. E invece dell’inquinamento acustico non importa nulla a nessuno. Mi viene quasi da rimpiangere il virus: quant’era bello quel silenzio, anche se facevamo la vita di un cane da appartamento.

8 commenti:

  1. Suggerisco due letture: Remo Bassetti, Storia e pratica del silenzio (Bollati Boringhieri) e Stefano Pivato, Il secolo del rumore (il Mulino).

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  2. Hai provato con l'insonorizzazione? Io sto pensabdo alla camera imbottita.
    Pietro

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  3. La morte rappresenta per il pensiero un oggetto necessario e impossibile. Necessario perché tutta la nostra vita ne è segnata; impossibile perché non vi è niente, nella morte, da pensare. Accade perciò che, quando la realtà e le immagini della morte giungono ad occupare interamente la nostra percezione – fu questo il caso delle conseguenze acustiche e psicologiche prodotte dalla pandemia -, un unico sentimento giunse a dominare il nostro animo. Mi riferisco al problema del male, poiché, come scrive il Manzoni nei capitoli dedicati alla peste, «noi uomini siam in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati ma stupidi, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile». E a proposito del silenzio uniforme che caratterizzò la quarantena, sempre nei "Promessi Sposi" potevamo trovare un'espressione che si attagliava perfettamente al nostro stato, là dove l’autore evoca, per descrivere gli interludi fra gli orrori della peste e gli orrori della guerra, il subentrare di “una quiete spaventata”... la stessa che esalava in quelle settimane dal profondo silenzio dei nostri centri urbani, rotto soltanto dalle sirene delle autoambulanze. Si tratta di descrizioni e di narrazioni che raggiungono non solo i vertici dell’arte letteraria, ma anche quelli di un realismo asciutto, potente, aspro, non indegno di quello che innerva le descrizioni delle pestilenze in Tucidide o in Lucrezio.

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  4. Bel post. Ma anche il buio come il silenzio è diventato un lusso.

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