lunedì 13 febbraio 2023

Specialisti dell’intossicazione ideologica


«“Capitale” non significa necessariamente avidità, ed è proprio su questo punto che occorre essere chiari. Il grande valore del capitale sta nello sfruttare appieno le risorse della registrazione, l’accantonare, l’accumulare, ma anche e soprattutto il reinvestire. Perché questo è il grande segreto della capitalizzazione: una volta che è registrato, un evento diviene un oggetto che può essere iterato, con un risparmio di forze e una crescita di possibilità i cui effetti si vedono molto più chiaramente nell’ambito culturale e generalmente umano che in quello finanziario.

Occorre comprendere che la capitalizzazione costituisce la risorsa fondamentale dell’umano in quanto creazione di una struttura storica e sociale, e dunque anche come fondamento ultimo dell’etica, giacché i valori morali, proprio come quelli venali, esistono soltanto all’interno di un sistema. Non si capitalizza togliendo dal dominio pubblico qualcosa, mettendolo in una cripta. La capitalizzazione è il processo contrario, e implica la condivisione e la diffusione, come paradigmaticamente avviene, molto più che nei capitali finanziari, in quel grandissimo capitale comune costituito dalla tecnica, dalla cultura, dal linguaggio. Ed è proprio la somma di questi atti di registrazione e di iterazione che ha fatto sì che gli umani divenissero quello che sono: non per qualcosa che possedevano al loro interno, ma per qualcosa che, deposto all’esterno, conservato e condiviso, ha agito retrospettivamente modellando la natura umana e rendendola tale» (Maurizio Ferraris, Manifesto del nuovo realismo).

Con il termine capitale Ferraris vuole intendere molte cose, troppe. È vero che va di moda anche parlare di “capitale umano”, ma questo è uno dei sintomi della degenerazione dell’epoca attuale, del prevalere dell’idiozia liberale che ritiene di essere imperniata su realismo e pragmatismo e invece non è altro che ideologia di servizio.

Per prima cosa bisogna stabilire che cosa s’intende per “capitale”. Prima ancora di essere una “cosa”, o un “evento”, per dirla con il nostro funambolico “filosofo”, il capitale è un rapporto sociale tra persone mediato da cose.

Per esempio, i mezzi di produzione e di sussistenza, quando sono proprietà del produttore immediato, non sono capitale. Diventano capitale solo in condizioni in cui servano contemporaneamente anche come mezzi per sfruttare e dominare l’operaio. Ma nella testa del “filosofo”, quest’anima del capitale, così intimamente coniugata con la sostanza materiale dei rapporti sociali di classe, è del tutto trascurata ed egli preferisce chiamare capitale qualunque “evento” in ogni circostanza, magari anche il suo contrario.

Porto un altro esempio: un uomo è un uomo, ma soltanto in determinate condizioni egli diventa uno schiavo. Una macina è una macchina per macinare del grano, ma soltanto in determinate condizioni essa diventa capitale. Sottratta a queste condizioni essa non è capitale, allo stesso modo che l’oro in sé e per sé non è denaro e lo zucchero non è il prezzo dello zucchero. Il capitale è un rapporto sociale di produzione. È un rapporto storico di produzione.

Alla luce di ciò, perché sovrapporre concetti dai significati diversi? È un modo di concepire le categorie economiche come qualcosa al di fuori e al di sopra della storia. Non in modo incidentale, perché si tratta di specialisti dell’intossicazione ideologica, dissimulatori professionisti, portatori d’acqua del discorso economico liberale, del suo dispiegarsi come discorso dominante, di legittimazione basata sulla prova “scientifica” che l’umanità vive oggi in condizioni migliori che nel passato (e vorrei anche vedere, tacendone tuttavia i costi).

Merito delle forze produttive capitalistiche, di quella spontanea ottimizzazione/massimizzazione dell’utilità per il consumatore e del profitto per il produttore, che trova nell’accumulazione e nel reinvestimento la misura del progresso sociale.

Il pregiudizio ideologico di questa costruzione teorica è quello di dimostrare che il capitale, alias il mercato, è l’istituzione più efficace per regolare le attività economiche, e l’accumulazione privata la “risorsa fondamentale dell’umano”, dunque suo specifico naturale, che conduce spontaneamente alla realizzazione dell’interesse generale. Il cerchio si chiude perfettamente.

Anche dal lato della cultura, della produzione intellettuale in generale, va da sé che si procede per accumulo (non solo, anche per distruzione, rimozione, censura, ecc.). È pacifico che l’umanità non riparta ogni giorno ex novo. Perciò dire che la “capitalizzazione è la risorsa fondamentale dell’umano”, è un truismo che ci può stare (la prima risorsa dell’umano è la natura), e siamo tutti concordi che non parliamo di una condizione “naturale”. E però bisogna intendersi bene: si tratta di attività finalizzata e mediata da molteplici strumenti ma tesa, qualunque siano le sue forme specifiche, alla produzione e riproduzione dei rapporti sociali.

Che si tratti di produzione materiale, di produzione intellettuale, di produzione di figli, cioè dei tre rapporti di produzione basilari, il primo risultato di tali attività resta sempre un rapporto sociale. Rapporto che, naturalmente, può essere compreso solo nel quadro della totalità delle sue reali connessioni, laddove nondimeno il fattore economico, dunque i rapporti di proprietà, giocano un ruolo chiave.


2 commenti:

  1. Mi perdoni l'O. T:
    il dato più clamoroso che emerge da queste consultazioni è l'astensionismo perché vota appena il 40% degli elettori. In Lombardia va il 41,67% degli aventi diritto ma il record assoluto è nel Lazio: solo il 37% si presenta ai seggi. Punta massima a Roma con il 33,11%, dato sconfortante se si pensa che alle precedenti regionali del 2018 nella Capitale andò alle urne il 63,11%. Già alle ultime Comunali si lanciò l'allarme astensionismo, ma allora, nell'ottobre 2021, andò a votare il 48,54% e al secondo turno il 40,68%.

    P. S: su che cosa incide un tale livello (altissimo) di astensionismo?

    Cari saluti!

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    1. si tratta di elezioni amministrative, dunque il rilievo è relativo. tuttavia conferma una tendenza. ciò che più conta sono altri dati, quelli relativi all'istupidimento di massa. in tali condizioni non c'è da aspettarsi nulla. si galleggia trascinati dalla corrente, il sistema non ha nulla da temere. solo una grave crisi economico-finanziaria potrebbe scuoterlo. forse neanche quella.
      ciao.

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