venerdì 17 febbraio 2023

L'astensione e la realtà delle cose

 

Sentiamo dei gridolini preoccupati per la vasta astensione dal voto elettorale, non da parte della destra che ancora una volta incredula ha vinto. Non è l’astensione il motivo per il quale la democrazia corre pericolo. Non è nel sistema rappresentativo che regge la democrazia, come piace far credere, ma sulle finanze pubbliche, cioè il fisco e il bilancio.

Se il potere di decidere sul fisco e il bilancio (leggi deficit e debito), senza i cosiddetti vincoli esterni, così come sull’emissione di moneta propria, viene trasferito a un’entità diversa dal parlamento e dal governo, l’intera struttura di una società va in crisi, perché viene meno gran parte della ragion d’essere di uno Stato.

Le finanze pubbliche, lungi dal rientrare esclusivamente nell’ambito economico, finanziario e contabile al quale sono spesso ricondotte, hanno in realtà un carattere fondamentalmente politico. Il trasferimento di questo potere ad entità esterne, poco trasparenti e di cui la maggioranza della popolazione sa poco o nulla, incide gravemente sul contratto sociale che unisce una nazione.

L’astensione massiccia dal voto sottolinea questo stato di cose, revoca la legittimità di chi dice di agire in nome e per conto del “popolo”. Ecco dunque che si parla di crisi della democrazia. Giovanni Sartori, un liberale e non un marxista, nel 1973 scriveva di democrazia come di questo “nome pomposo per qualcosa che non esiste”. E Raymond Aron, nel 1963: “Tutta la democrazia è oligarchia, tutte le istituzioni sono imperfettamente rappresentative”. Sessant’anni prima di Eugenio Scalfari. Democrazia rappresentativa, democrazia diretta, socialdemocrazia, ecc.., ma chi comanda il gioco è la “democrazia finanziaria”, che ovviamente ha tutto l’interesse che i rapporti sociali siano plasmati e conformi alle sue esigenze.

Secondo questa ideologia, il comportamento degli individui è determinato dalla ricerca dell’interesse particolare, in cui tutti gli individui procedono con un calcolo di ottimizzazione, ciò che dovrebbe condurre spontaneamente, in una situazione di concorrenza pura e perfetta, alla realizzazione dell’interesse generale come la somma degli interessi particolari.

Se il comportamento degli individui è concepito come determinato dall’interesse e la teoria mostra come la ricerca di questo particolare interesse, attraverso il mercato, porti spontaneamente alla realizzazione dell’interesse generale e dunque a una naturale armonia e compatibilità, la mediazione politica tra interessi di classe diversi diventa inutile o addirittura dannosa.

Dal suo dispiegarsi come discorso dominante, in cui il mercato è inteso come l’istituzione più efficace per regolare le attività economiche e realizzare l’equilibrio sociale, viene lo sgombero del soggetto sociale e la liquidazione della rappresentanza politica. Questo mi pare si sia tutto sommato compreso, e tuttavia si è assistito impotenti all’interiorizzazione psichica del modello mercatista fin dal momento in cui è stata dichiarata la “fine delle ideologie”, fatto che ci ha privato degli strumenti logici e concettuali per una valida contrapposizione.

Diversi anni fa scrissi che per far fronte a questa debacle ideale e politica bisognava fare i conti con ciò che era stato il marxismo nel corso del del 900. Bisognava depurarlo da tutte le incrostazioni ideologiche che ne avevano tradito il messaggio originario, prima tra tutte la tesi che il comunismo fosse un sistema ideale da perseguire e al quale la realtà dovesse conformarsi in qualunque condizione storica ed economico-sociale. Il sedicente socialismo realizzato ha smentito questa tesi in modo clamoroso.

Non bastava aver anatomizzato con estrema perspicacia le contraddizioni insite nei rapporti moderni di produzione, smascherato gli ipocriti eufemismi degli economisti, dimostrare irrefutabilmente i deleteri effetti della concentrazione dei capitali e della proprietà, la sovraproduzione, le crisi, la rovina inevitabile della piccola borghesia, la miseria del proletariato, l’anarchia della produzione, le stridenti sproporzioni nella distribuzione della ricchezza, la guerra industriale di sterminio fra le varie nazioni.

Quanto al suo contenuto, questo socialismo, nel tentativo di scrollarsi di dosso gli antichi mezzi di produzione e di traffico, e con essi i vecchi rapporti di proprietà, in realtà, data la situazione di arretratezza e di miseria aggravate dalle guerre civili, sia in Russia e sia in Cina, instaurava dei regimi reazionari e oppressivi con i quali mantenere il nuovo ordine sociale basato sulla proprietà statale di ogni mezzo di produzione e di proprietà personale.

Questi teorici del socialismo, non trovando le condizioni materiali per l’emancipazione del proletariato e della società, imposero una scienza “marxista” volte a creare queste condizioni. Secoli di sviluppo economico e sociale, di genuino antagonismo fra le classi, di accumulazione originaria, venivano in tal modo elusi come fossero meri accidenti del processo storico.

Alla attività sociale doveva subentrare la loro inventiva personale, alle condizioni storiche dell’emancipazione del proletariato, dovevano subentrare condizioni immaginarie, e alla organizzazione del proletariato in classe con un processo graduale doveva subentrare una organizzazione della società da essi escogitata a bella posta. La storia universale futura si dissolve per essi nella propaganda e nell’esecuzione pratica dei loro progetti di società. Il loro socialismo consisteva nell’affermazione di una nuova classe di padroni della società nell’interesse della classe operaia. Tutto nell’interesse della classe operaia, anche il Gulag.

6 commenti:

  1. Trovo che il tuo testo sia ineccepibile, ma su un binario che non era l'unico possibile. Al quinto capoverso c'è un bivio: da una parte si andava dove il ragionamento è andato, mentre dall'altra si andava sulle istituzioni europee, che, come è noto anche ai sassi, sono precipuamente burocratiche. Poiché questo non è un post ma un commento, la faccio breve: le istituzioni europee non sono democratiche perché i decisori non sono eletti. Superfluo sottolineare come la burocrazia europea dia ordini a noi, ma a sua volta prenda ordini da una élite capitalistica. Gli ultimi episodi (in crescendo) sono il Covid, la guerra e il cosiddetto salvataggio del Pianeta.
    A questo punto, l'impegno a non fare un post diventa duro da mantenere. Aggiungo solo una cosa: vituperati e vituperabili i comunisti del secolo XX, ma loro nel 1957 (Trattati di Roma) avevano le idee più chiare degli avversari, e anche dei loro penosi successori, chiamati piddini.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. “le istituzioni europee non sono democratiche perché i decisori non sono eletti”.

      Chiedo: basterebbe fossero elette per diventare democratiche? Il problema si sposta quindi sull'opposizione tra democrazia reale e democrazia apparente. il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite rileva che dei 140 paesi che organizzano elezioni pluraliste, solo 80 possono essere qualificati come veramente democratici. Poi è tutto da vedere anche per quegli 80.

      “sono precipuamente burocratiche”

      Ok, ma perseguono un disegno politico e ideologico.

      “prende ordini da una élite capitalistica”

      Non serve che prendano ordini, sono tutte articolazioni di uno stesso ordine sociale, economico, ideologico. Nessuno telefona alla von der layen o alla lagarde per dirgli cosa fare. ciò che sentono di dover fare riguarda il loro orientamento di base. Se fai loro questa osservazione, cioè che prendono ordini, facilmente possono smentirti e risponderti che il concetto di mercato, in cui domanda e offerta di beni si incontrano, è centrale per il funzionamento non solo per un’economia liberale, ma per una società moderna. Che cosa puoi contrapporgli? Il comunismo? L’unico riferimento è quello del comunismo del 900. Chiaro che hanno vinto e continuano a vincere la partita.

      Vediamo bene che il capitalismo porta con sé molti conflitti di interesse, cioè di classe, tuttavia lo sviluppo economico, generando eccedenze, permette di soddisfare l’opulenza delle classi più ricche senza chiedere un sacrificio troppo grande agli altri. Il problema diventa, per il sistema, quello di assicurare panem e circenses. Finché sarà in grado di farlo, il sistema regge.

      Il neoliberismo così come il riformismo borghese non si vincono attaccando briga sui dettagli.

      nel 1957 i comunisti non avevano le idee più chiare, obbedivano a loro volta a una certa visione del mondo, spartito a metà, obbedivano a certi interessi, ecc..

      Elimina
    2. Naturalmente posso avere capito male, però sei tu che così descrivi la patologia del sistema democratico: "Se il potere di decidere sul fisco e il bilancio (leggi deficit e debito), senza i cosiddetti vincoli esterni, così come sull’emissione di moneta propria, viene trasferito a un’entità diversa dal parlamento e dal governo". Io a quel punto ho creduto di capire che tu descrivessi l'avvenuta sottrazione del potere alla politica. E da parte di chi? ipotizzavo la burocrazia, e segnatamente quella europea. Ma poi, invece di parlare di Europa, prendi la strada di descrivere i guai del liberismo. Posso convenire su molte cose, ma bisognerebbe che mi riconciliassi le imposizioni dell'Europa con questa religione del mercato. Facciamo un esempio, che però non è roba marginale, assorbendo la maggior parte dei fondi del PNRR. Sembra che l'Europa ci imponga l'obbligo di salvare il Pianeta. Come si concilia con la logica di mercato costringerci a comprare auto elettriche (tutte), farci ristrutturare le case (tutte), giù giù fino a piacevolezze tipo abbattere i bovini che scoreggiano e mangiare insetti? Il mercato, in clima di laissez-faire, si comporta come si è sempre comportato, non come dicono i burocrati di Bruxelles. Invece qui si imprime un pesante e coercitivo indirizzo al mercato, il che pare il contrario del liberismo come lo abbiamo studiato a scuola. Non esiste neppure un piccolo dubbio che queste decisioni non siano prese su input di chi vi ha interesse, ed è per questo che io parlavo di élites capitaliste. Ma, per favore, l'avverbio "spontaneamente" togliamolo di mezzo. Si tratta invece di potenti distorsioni del mercato, operate da burocrati prezzolati. E' un'economia pianificata versione terzo millennio.
      Tornando agli astenuti, quindi, mi pare che possano benissimo spiegarsi con il fatto che, magari confusamente, hanno capito che alla politica è stato sottratto il potere, e quindi è inutile votare per costituire maggioranze politiche.

      Elimina
    3. https://www.quinterna.org/archivio/programma-comunista/il-programma-comunista.htm

      Elimina
  2. http://www.linterferenza.info/cultura/consumismo-banalita-della-guerra/

    RispondiElimina