giovedì 2 febbraio 2023

Come per il mal di schiena

 

Recessione? Quale recessione? I profeti economici di Deutsche Bank hanno ribaltato le loro previsioni per la zona euro nel 2023 (+0,5% invece del -0,6% previsto a dicembre). Lo stoccaggio del gas, complice anche un autunno mite, è in aumento e i prezzi del gas sono in calo. L’inflazione e l’incertezza stanno diminuendo.

Le cose stanno migliorando anche in Cina, dove il governo ha abbandonato la sua politica zero-Covid, una mossa che dovrebbe rafforzare la sua economia dopo che lo scorso anno ha visto una delle sue performance più deboli mai registrate. Tuttavia, è possibile che gli effetti di una crescita più forte potrebbero anche spingere più in alto la domanda di materie prime, mantenendo alta l’inflazione.

Il dollaro è sceso ancora a gennaio contro una mezza dozzina di valute principali, ed è il suo quarto calo mensile consecutivo. Ora è scambiato ai livelli visti l’ultima volta nel maggio 2022. La centralità del biglietto verde negli scambi globali ha fatto sì che, quando è salito lo scorso anno, ha messo sotto pressione le economie di tutto il mondo, in particolare i mercati in via di sviluppo che spesso pagano le importazioni in dollari e prendono a prestito nella valuta. La sua inversione nel 2022 ha contribuito ad alimentare una tendenza opposta.

Fed ha alzato i tassi di un quarto di punto, l’ottavo aumento consecutivo da marzo ma anche il più piccolo, un segnale che ha interrotto il suo ritmo di aumenti di 0,75 punti percentuali, come da ultimo a dicembre. Ora tocca alla Bce e alla banca centrale giapponese. Intanto da più settimane la speculazione finanziaria si sta riprendendo alla grande. Basta annunciare licenziamenti e le azioni schizzano in alto.

L’anno scorso è stato brutale per gli investitori di ogni genere – scrive Bloomberg – e coloro che hanno scommesso molto su quei rimbalzi effimeri sono stati in molti casi bruciati peggio di tutti. Neel Kashkari, presidente della Fed di Minneapolis ed ex banchiere di investimenti e commerciante, ha ammonito gli investitori sul NYT: se dubitano della determinazione della banca centrale di portare a termine correttamente il lavoro sull’inflazione, anche a costo di lasciare senza lavoro milioni di americani, si sbagliano.

Il mercato sta combattendo la Fed, ma a vincere sarà la Fed. Dunque non è irrealistico aspettarsi tassi attorno al 5% o anche più. La recessione non c’è ancora, ma è solo rinviata. Non si deve mai dimenticare che l’instabilità è intrinseca al capitalismo.

Gli squilibri sono parte integrante di questo sistema, si verificano a tutti i livelli: tra produzione e consumo; tra i diversi settori dell’economia, e anche all’interno di particolari industrie; e tra le forze di produzione in continua espansione e i limiti del mercato delle merci, vale a dire che il modo di produzione capitalistico produce continuamente una spaccatura tra la dimensione limitate del consumo e una produzione che tende sempre a superare questa barriera.

Il processo continuo della sproporzionalità scaturisce dalla coesione della produzione aggregata, che si impone come legge cieca agli agenti della produzione, e non come legge compresa e controllata dalla loro volontà comune, ossia come processo produttivo sotto il loro controllo congiunto.

Tradotto dialetticamente: ognuno fa come cazzo gli pare, avendo come scopo il proprio interesse individuale. Sicché si produce senza una pianificazione commisurata ai bisogni e ai consumi. Fino a quando s’incontra il collo di bottiglia. S’innesca così una crisi di sovrapproduzione o di sottoconsumo. Questo è almeno ciò che appare.

Nel modo di produzione capitalistico la contraddizione tra produzione e consumo (domanda e offerta) assume effettivamente una rilevanza di primo piano, poiché la crisi di sovrapproduzione è anche crisi di sottoconsumo, benché quest’ultima ne rappresenti unicamente un lato, un aspetto, non la necessità (nelle facoltà di economia non si studia la dialettica ritenendola faccenda di “filosofi”, cioè di perditempo).

Le contraddizioni operanti nella sfera del consumo, infatti, sono indotte da quelle interne alla sfera della produzione. Di conseguenza la genesi della crisi va ricercata nella produzione di plusvalore, e non nella sua realizzazione. Indagare questo lato della faccenda non conviene perché ciò metterebbe in luce lo “scandalo” dello sfruttamento.

Procedere in senso inverso, collocando cioè la contraddizione principale nella circolazione, elude lo “scandalo” ma conduce inevitabilmente alle interpretazioni della crisi come, appunto, crisi di sottoconsumo (o comunque di “sproporzione” tra domanda e offerta). Questa tesi alimenta l’illusione che sia possibile risolvere la crisi intervenendo sulla sfera del mercato e degli investimenti, in definitiva agendo sul movimento del denaro, dei tassi e sulla fiscalità.

In realtà, la crisi per cause di sovrapproduzione (o di sproporzione tra le diverse sfere produttive), ha la sua reale causa, in ultima istanza, nel meccanismo stesso dell’accumulazione, vale a dire nella produzione del plusvalore per il plusvalore (*).

Il limite principale, dal punto di vista metodologico, dei moderni fautori del cosiddetto libero mercato, risiede nel loro trattamento non dialettico dell’economia. Peraltro i loro modelli matematici – con i quali tentano di dare un’immagine di scientificità alle loro teorie – sono astrazioni generalizzate; approssimazioni di una realtà infinitamente complessa. Gli economisti pensano che le loro equazioni rappresentino la realtà e che l’economia debba conformarsi ai loro modelli. Piuttosto che adattare le loro teorie ai fatti, i fatti sono costretti ad adattarsi alle teorie.

(*) Succede come per il cosiddetto mal di schiena, ossia in genere le discopatie e simili. Si entra nel circo dei “maghi del mal di schiena”. Possono essere dei ciarlatani o dei medici, molto più spesso i primi quando i secondi non rispondono alle aspettative immediate. Il più delle volte il malanno, almeno nella prima comparsa, si risolve spontaneamente, vale a dire che a livello del rachide e di ciò che gli sta appresso viene raggiunto spontaneamente un nuovo equilibrio, un compromesso (meraviglie della natura). Si comincia a stare meglio, a superare la crisi del “mal di schiena”. La terapia, vera (miglioramento della postura, cortisone, ecc.) o fasulla (anche farmacologiche, o le famose “infiltrazioni”, magari di O3, agopuntura, o le tens, ecc.), in atto in quel momento viene ritenuta dal paziente come quella che ha portato alla risoluzione o al miglioramento del suo problema. Cosa che nel caso delle terapie medico-farmacologiche a volte può anche essere effettiva (qui non tratto dell’aspetto chirurgico). È quanto avviene anche con le ricette degli economisti, delle banche centrali e dei governi: merito loro se nel tempo la crisi migliora o si risolve per aver agito sui tassi e simili. Anche in tal caso alcuni interventi possono avere effetti benefici, tuttavia la contraddizione di base che ha prodotto la crisi non viene eliminata, e se ne prepara un’altra. Come per il “mal di schiena”, se non si è agito sulle cause e non solo sugli effetti.

P.S. : Ora la temperatura s’è un po’ alzata, e ho bisogno di fare una passeggiata: mai troppo seduti (specie sui divani), troppo in piedi, troppo sdraiati. Ve la do gratis come una misura preventiva del “mal di schiena”.

1 commento:

  1. Bellissimo. Quasi più difficile di "Per la critica dell'economia politica". Grazie

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