mercoledì 1 febbraio 2023

L’angoscia storica

 

È possibile vivere in opposizione agli usi convalidati dalla società e liberarsi dalla sua pervasiva spettacolarizzazione, che sarebbe un po’ come unire lotta storica al sistema e soggettività? È una domanda che in diverse forme è stata posta anche in passato, molto più di mezzo secolo fa, non solo dalla controcultura fatta di bohémien e di ribaltamento satirico dei valori dominanti.

Chi se li ricorda più gli hippy, gli indiani metropolitani, i fricchettoni e simili, alcuni con lo spirito comunardo, altri no, che a modo loro erano consustanziali al sistema perché la loro critica assumeva aspetti laterali e folcloristici, ossia buona per far inorridire i borghesi benpensanti. Si chiamava genericamente “contestazione” e, in senso lato, “ribellione”, ma senza una vera combattività sociale. Insomma, a loro modo facevano essi stessi parte dello spettacolo.

No, qui mi riferisco a qualcosa di più radicale e serio. Marx, da par suo, già più di un secolo e mezzo fa parlò di alienazione e feticismo della merce. Che è un modo di dire che nella nostra epoca brutale siamo economicamente e socialmente nella merda, costretti ad accettare, come singoli individui e poi nell’insieme collettivo, i meccanismi produttivi- riproduttivi dei rapporti sociali borghesi.

Lo stesso “cambiamento”, tanto auspicato, è una necessità del sistema, che, appropriandosi di tutti i sistemi innovativi prodotti nei diversi campi del sapere, realizza la sua trasformazione del mondo. Il poco più che ventenne Marx lo scrisse chiaramente: la borghesia è la prima classe dominante costretta al cambiamento tecnologico. E tra i più importanti prodotti di tale incessante cambiamento c’è stato l’avvento dei media di massa, per cui siamo alla mercè d’inesauribili produttori di approssimazione, semplificazione, falsificazione, rabbia e ignoranza. Volendo si potrebbe ricopiare tutto Debord e anche altri.

Tutte cose che sappiamo bene, tanto è vero che anche la guerra, con il suo corollario di morte e distruzione, è ormai parte dello spettacolo, anzi, la guerra e la sua minaccia diventeranno sempre più il fulcro dello spettacolo. Perfino, come stiamo vedendo di nuovo in questi giorni, l’antagonismo sociale di classe, pur volendo procedere in senso opposto, diventa spettacolarizzazione funzionale al discorso dominante.

Le élite dominanti si dimostrano in ogni situazione più allenate ed esperte nel gioco del cambiamento. Noi ci troviamo sempre in ritardo rispetto alle scelte compiute dal sistema di dominio capitalista. Nessuno può invertire la rotta del cambiamento prospettato dalle dinamiche del capitalismo e dallo scontro geopolitico. Possiamo farne l’analisi più sofisticata e a volte anche geniale, criticare i fattori alienanti della società borghese e della sua spettacolarizzazione, ma all’atto pratico, chi più e chi meno, soggiacciamo alle lusinghe del sistema.

3 commenti:

  1. Non so se è inerente (a me pare di sì). Rimando all'intervento postumo di Pasolini al congresso radicale
    https://www.maurizioturco.it/bddb/1975-11-intervento-al-congr.html?fbclid=IwAR0PRlces_Ei4-1eAOKM6kGwOXUuBVSYQqvLELGMdUeBwIi6_R28b84jeO4
    In particolare, mi pare significativo l'ottavo e ultimo paragrafo.
    Penso che nella vita che non ha vissuto (ossia una trentina d'anni dopo il 1975) lui ci sarebbe stato molto utile.

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  2. e se soggiacciamo noi, "carchi d'anni e d'esperienza"....
    https://ilsimplicissimus2.com/2023/02/01/california-immigrati-piu-smart-dei-autoctoni/

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  3. L'umanità è riuscita a produrre esclusivamente un pensiero economico che nel corso dei secoli si è evoluto ma alla base è sempre rimasto lo stesso. Ogni aspetto della vita ha un valore e se non ce l'ha non è nulla, non esiste, finchè qualcuno gli darà una valutazione e la ruota ricomincia daccapo.
    Più le comunità sono grandi, più la distribuzione della ricchezza diventa utopica. Globalizzare significa proprio questo, concentrazione di ricchezza in poche fidate mani.
    Il passo successivo è la smaterializzazione digitale delle comunità in cui le persone sono connesse solo per scambiarsi informazioni ludiche.
    La società dell'informazione avrà sempre meno lavoratori e sempre più giocatori, affamati di nuovi livelli di gioco, incuranti dell'ambiente circostante e di chi si arricchisce dietro le quinte.
    Una prima forma arcaica di resistenza sarà disconnettersi dal gioco e vivere in piccole comunità, in cui il lavoro artiginale produca prodotti utili alla vita e scambiato con altre prodotti in un rapporto paritario.
    Vita semplice, non digitalizzata.

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