mercoledì 22 febbraio 2023

Senza doverci sforzare

 

Ieri sera ho guardato l’inizio della trasmissione che va in onda verso le 21,30 sul Sette. Subito prima della performance di Michele Santoro, c’erano due tizi, in altre occasioni intravisti ma dei quali sinceramente mi sfugge il nome, che si esibivano come umoristi. Anche per loro vale lo stesso giudizio che do per altri: oggi l’umorismo può essere solo l’esatto opposto delle battute, dei calembour e giochi di parole da scolari, non tirato verso il basso, sempre più in basso per compiacere la brava gente.

L’umorismo dovrebbe essere un pugno in faccia, contro tutto ciò che lusinga la stupidità, la volgarità, la bruttezza, l’ignoranza, e che viene propagato dalle mode e dai media. Un ottimo esempio di questo sagace umorismo è quello, stesso bouquet mediatico, della Gruber. Ricordo che circa una settimana or sono, senza far trasparire emozione alcuna né riso, cosa che rivela grande professionalità nel genere, ha chiesto a una sua ospite: “Quando due uomini a Sanremo si baciano, è di destra o di sinistra?”.

Era meglio la televisione d’un tempo, in cui i protagonisti indossavano abiti scuri, fumavano sullo schermo, sembravano bisnonni a 50 anni. Eravamo poveri, au bout de la nuit, ma ridevamo senza doverci sforzare.

2 commenti:

  1. C'è poco da ridere. L'umorismo in rete è, se non impossibile, certo difficile, difficilissimo. Basti pensare alle faccine. Se uno dice una cosa per scherzo, o, peggio, si permette l'ironia, è praticamente obbligato a mettere la faccina sorridente. L'unica opzione alternativa è la faccina ghignante. Se non lo fa, si becca dieci risposte indignate, e gli tocca sottoporsi all'umiliazione di spiegare la battuta.

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