Dopo l’annus horribilis, brinderemo l’arrivo del 2021, magari con dello champagne. Non
io, che molti anni fa, al ritorno da un viaggio con seguito di una dozzina di bottiglie di
champagne casereccio da 1⁄2 litro, dono di parenti d’oltralpe, regalai fino all’ultimo vetro.
Preferisco i vini fermi, che vanno d’accordo con il mio gusto e temperamento.
Lo champagne ha origini inglesi e non francesi. Il primo metodo di
rifermentazione in bottiglia con l’aggiunta di zucchero fu proposto dal dottor Merrett alla
Royal Society. I francesi si adeguarono e reclamizzarono insuperabili il loro prodotto.
Questo cambiamento nella viticoltura e nei metodi di vinificazione dipese da due fattori: l’Europa stava
attraversando l’ultima e più acuta fase della cosiddetta “piccola glaciazione”, che
perdurava da circa due secoli. Tra la fine del XVII e fino a tutto il XVIII secolo, le
condizioni climatiche per produrre un vino fermo e secco nella Champagne non c’erano.
Subentrarono nuove varietà a bacca bianca, perché quelle a bacca rossa non avrebbero mai
prodotto con un clima poco temperato dei vini decenti. A quel tempo andava per la
maggiore la malvasia aromatica veneziana (Venezia fu ricca per gli schiavi, il sale, la
malvasia, il cremore di tartaro, sostanza usata nella colorazione dei tessuti che si formava
nei tini per effetto della fermentazione del vino, per gli specchi, i vetri, la stampa, ecc.), che
prese il nome di malvasia di Candia, oggi Creta, dove furono impiantati dopo la IV
crociata grandi estensioni di quel vigneto. Dopo la conquista turca dell’isola, il vino fu
prodotto lungo le coste adriatiche e anche in altre località italiche.
Per produrre del vino in linea con i gusti di allora, che privilegiavano la dolcezza,
era necessario “dosare” il vino, mettendoci dello zucchero. Così cominciò la pratica del
“dosage”, che diventa un elemento distintivo dello champagne.
L’altro fattore di cambiamento riguarda la scelta di quali vini produrre. Non fu più una
ristretta cerchia di aristocratici a decidere, ma una sempre più larga fascia di consumatori
borghesi.
Fu il connubio tra due processi, quello di natura e quello storico-sociale.
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A capodanno 2020, miliardi di persone brindarono per il nuovo anno, centinaia di migliaia
delle quali inconsapevoli che nel corso di quest’anno sarebbero morte a causa di
un’epidemia virale della quale allora non sospettavano l’esistenza, e il cui contagio in Italia
fu in seguito giudicato probabile quanto la caduta di un asteroide.
Venne l’epidemia virale, e nondimeno le pubbliche autorità invitarono a brindare ancora
alle sorti magnifiche e progressive.
Fu ed è come solito sua maestà il caso a farla da padrone per quanto riguarda il destino dei
singoli, specie se anziani e con gravi comorbilità; nell’insieme, però, il casuale dei molti
soccombenti s’è manifesto come necessità complessiva, secondo legge di natura.