Consiglio di leggere o rileggere, di regalarsi e regalare, Ten Days that Shook the World, di John Reed.
Peraltro quest’anno cade il centesimo anniversario della morte del giornalista americano, l’autore di un magnifico racconto in prima persona della rivoluzione russa. Reed morì a Mosca di Covid-19 il 17 ottobre 1920, cinque giorni prima del suo 33° compleanno.
Ezio Mauro gli ha dedicato, per l’occasione, dieci articoli su Repubblica. Il Corriere la copertina e un lungo articolo nel suo supplemento del venerdì, quello diretto da Severgnini.
A proposito di Dieci giorni che sconvolsero il mondo, Aleksandr Kerenskij commentò nell’introduzione russa: “Lo raccomando senza riserve ai lavoratori del mondo. Ecco un libro che vorrei vedere pubblicato in milioni di copie e tradotto in tutte le lingue”.
Molte persone potrebbero avere familiarità con il nome di John “Jack” Reed avendo visto il film, Reds, in cui Tom Cruise interpretava il giornalista intrepido e per il quale ha vinto l’Oscar come miglior regista.
Ciò che il film non può trasmettere, tra le altre cose, è la qualità vitale e poetica (Reed ha scritto e pubblicato una buona quantità di poesie ed è diventato un membro del neonato Harvard Socialist Club) che ha reso la scrittura di Reed così influente nel suo tempo e per le generazioni successive (tranne le ultime, alle prese con altre “cose”).
Se Ten Days That Shook the World è il libro più noto di Reed, bisogna tener presente che ha scritto altri eccellenti lavori di reportage, uno dei quali è il suo racconto delle sue esperienze con l’esercito di Pancho Villa nella rivoluzione messicana, intitolato Insurgent Mexico (1914).
Tra gli altri reportage, va ricordato senz’altro quello relativo al massacro di Ludlow, dell’aprile 1914, laddove uno sciopero dei minatori di carbone del Colorado meridionale, nell’inverno 1913-14, culminò in un massacro da parte della Guardia Nazionale “affittata” dalla Colorado Fuel and Iron Company di un certo John D.Rockefeller. Furono uccisi decine di minatori, le loro mogli e figli.
Nell’agosto di quell’anno, Austria e Francia fecero di tutto perché scoppiasse la guerra. Reed fu in Italia come corrispondente per il Metropolitan, poi in Francia, dove ha tentato due volte di raggiungere il fronte ma fu respinto. Poi fu a Londra, dove scrisse un lungo articolo sull’Inghilterra in tempo di guerra, dimostrando che il patriottismo era limitato alle classi superiori. Il Metropolitan non pubblicò l’articolo.
Eccetera.
L'attore/regista era Warren Beatty, e di questo sono sicuro. Invece, non posso escludere che Reed sia morto di Covid 19. La diagnosi è dubbia, ma così è per almeno la metà dei morti del 2020.
RispondiEliminasei simpatetico solo a metà
EliminaCome forse ti ho già detto, seguo spesso i tuoi consigli bibliografici. Stavo per farlo anche stavolta, ma sono stato irresistibilmente attratto da Insurgent Mexico. Che libro straordinario. E Reed era un grande posatore.
RispondiEliminabravo, infatti dicevo:
EliminaSe Ten Days That Shook the World è il libro più noto di Reed, bisogna tener presente che ha scritto altri eccellenti lavori di reportage, uno dei quali è il suo racconto delle sue esperienze con l’esercito di Pancho Villa nella rivoluzione messicana, intitolato Insurgent Mexico (1914).
Naturalmente avevo scritto "prosatore", ma Android non voleva.
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