mercoledì 30 dicembre 2020

Champagne & vaccini

 

Dopo l’annus horribilis, brinderemo l’arrivo del 2021, magari con dello champagne. Non io, che molti anni fa, al ritorno da un viaggio con seguito di una dozzina di bottiglie di champagne casereccio da 1⁄2 litro, dono di parenti d’oltralpe, regalai fino all’ultimo vetro. Preferisco i vini fermi, che vanno d’accordo con il mio gusto e temperamento.

Lo champagne ha origini inglesi e non francesi. Il primo metodo di rifermentazione in bottiglia con l’aggiunta di zucchero fu proposto dal dottor Merrett alla Royal Society. I francesi si adeguarono e reclamizzarono insuperabili il loro prodotto.

Questo cambiamento nella viticoltura e nei metodi di vinificazione dipese da due fattori: l’Europa stava attraversando l’ultima e più acuta fase della cosiddetta “piccola glaciazione”, che perdurava da circa due secoli. Tra la fine del XVII e fino a tutto il XVIII secolo, le condizioni climatiche per produrre un vino fermo e secco nella Champagne non c’erano.

Subentrarono nuove varietà a bacca bianca, perché quelle a bacca rossa non avrebbero mai prodotto con un clima poco temperato dei vini decenti. A quel tempo andava per la maggiore la malvasia aromatica veneziana (Venezia fu ricca per gli schiavi, il sale, la malvasia, il cremore di tartaro, sostanza usata nella colorazione dei tessuti che si formava nei tini per effetto della fermentazione del vino, per gli specchi, i vetri, la stampa, ecc.), che prese il nome di malvasia di Candia, oggi Creta, dove furono impiantati dopo la IV crociata grandi estensioni di quel vigneto. Dopo la conquista turca dell’isola, il vino fu prodotto lungo le coste adriatiche e anche in altre località italiche.

Per produrre del vino in linea con i gusti di allora, che privilegiavano la dolcezza, era necessario “dosare” il vino, mettendoci dello zucchero. Così cominciò la pratica del “dosage”, che diventa un elemento distintivo dello champagne.

L’altro fattore di cambiamento riguarda la scelta di quali vini produrre. Non fu più una ristretta cerchia di aristocratici a decidere, ma una sempre più larga fascia di consumatori borghesi.

Fu il connubio tra due processi, quello di natura e quello storico-sociale.

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A capodanno 2020, miliardi di persone brindarono per il nuovo anno, centinaia di migliaia delle quali inconsapevoli che nel corso di quest’anno sarebbero morte a causa di un’epidemia virale della quale allora non sospettavano l’esistenza, e il cui contagio in Italia fu in seguito giudicato probabile quanto la caduta di un asteroide.

Venne l’epidemia virale, e nondimeno le pubbliche autorità invitarono a brindare ancora alle sorti magnifiche e progressive.

Fu ed è come solito sua maestà il caso a farla da padrone per quanto riguarda il destino dei singoli, specie se anziani e con gravi comorbilità; nell’insieme, però, il casuale dei molti soccombenti s’è manifesto come necessità complessiva, secondo legge di natura.

Porsi contro le leggi di natura significa cercare guai. Si può, attraverso la loro conoscenza, operare per volgerle a nostro favore, come nel caso banalissimo dello champagne, così come in quello molto più serio dei vaccini, eccetera.


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