venerdì 20 aprile 2018

In questo gioco non si scherza


Se si pensa che a essere in crisi, in Europa e nell’Occidente in genere, siano solo i sedicenti partiti di sinistra variamente denominati, si sbaglia di grosso. La crisi riguarda tutto il sistema della rappresentanza politica, ed è normale e consueto che in simili frangenti ad approfittarne sia la destra più autoritaria.

Citavo, l’8 di aprile, una frase di Brecht che un tempo fu celebre (assieme a tante altre cose dimenticate), e cioè: “Compagni, ricordiamoci dei rapporti di produzione”. Ora i compagni non esistono più, ma i rapporti di produzione si fanno valere ancora, piaccia o no.

E proseguivo coì: “È lo sviluppo reale del capitalismo che ha dato al riformismo un’espressione teoricamente senza scrupoli, è la dinamica delle contraddizioni reali, specialmente il contrasto fra la crescente ricchezza dei pochi e il crescente pauperismo delle classi medie, che condanna il riformismo alla sconfitta”.

Nemo profeta in patria, si sa anche questo. Il capitalismo, osservava quasi due secoli or sono il giovane Marx, appropiandosi di tutti gli aspetti innovati, è proiettato per sua natura, per necessità, a realizzare un’incessante trasformazione del suo mondo. Una necessità che ha i suoi presupposti nel processo economico, nel sistema produttivo-riproduttivo, di accumulazione, nelle nuove condizioni tecnologiche, e dunque nei fattori inerenti le classi sociali e il sistema politico.

Storicamente la borghesia è la prima classe dominante costretta al cambiamento tecnologico. Si tratta di un processo rivoluzionario permanente (questo sì), non nel modo di produzione, bensì nelle forme nelle quali si realizza il risparmio di forza-lavoro (non semplicemente di “lavoro”, asini), e di estorsione di pluslavoro (non immediatamente di “valore aggiunto”, bestie).


In Italia la classe politica (?) e dirigente (??) non trova la convergenza d’interessi che altresì sarebbe necessaria per poter decidere per tempo quando, come e cosa cambiare. Se gli altri competitori si dimostrano più pronti nel gioco del cambiamento, il risultato è lo svantaggio di dover rincorrere con sempre maggior affanno. La rotta del cambiamento è segnata, e in questo gioco il capitalismo non scherza.

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