Vorrei ricordare, a proposito di un post di Beppe Grillo, il quale rubacchia citazioni di seconda mano di qua e di là, che Paul
Lafargue non ha solo scritto Le droit a
la paresse (letteralmente: Il diritto alla pigrizia), ma anche Le droit au rire (Il diritto al riso).
Nel citare Paul Lafargue, Beppe Grillo, ovvero il
suo ghostwriter, ricorda che egli fu il genero di Karl Marx. Magari avrebbe
potuto precisare che il suocero non aveva molta stima politica a riguardo del
genero, e tantomeno ne aveva Engels, il quale, non essendone parente, poteva
permettersi di affermarlo in chiaro nella sue lettere.
Nella lettera a Eduard Bernstein del 25 ottobre 1881,
Engels in più punti esprime giudizi non proprio lusinghieri sul carattere, le
idee e le iniziative del genero di Marx. Valga per tutte la celebre e molto
fraintesa frase che Engels attribuisce a Marx, e cioè “Je ne suis pas marxiste”. Essa fu
pronunciata proprio in riferimento alla situazione del socialismo francese, del
quale Paul Lafargue era uno degli esponenti.
In quale contesto e con quale autentico significato?
I leader del movimento rivoluzionario francese, cioè Malon e Brusse
(possibilisti), da un lato, Guesde e Lafargue (collettivisti), dall'altro,
tendevano verso strategie politiche che Marx ed Engels non condividevano affatto,
specie per quanto riguarda certe “teorizzazioni”. Marx, esasperato, si espresse
polemicamente contro tale strategia del partito operaio francese.
Scrive Engels nella citata lettera a Bernstein: «Ora, ciò che in Francia va sotto il nome di
“marxismo” è in effetti un prodotto del tutto particolare, tanto che una volta
Marx ha detto a Lafaurge: “ce qu’il y a de certain c’est que moi, je ne suis
pas marxiste”».
Naturalmente e come sempre accade in simili frangenti,
i propagandisti borghesi non hanno perso l’occasione di prendere la … frase al
balzo per fantasticare e falsificare. Privata del suo contesto esplicativo, il
giochino di attribuire alla frasetta un significato assai diverso da quello che
essa ha nell’ambito storico in cui è stata pronunciata e poi riferita, diventa
facile e non c’è nulla di più adatto a favorire il successo del pettegolezzo di
una calunnia verosimile.
Quanto al lavoro, Beppe Grillo ha un concetto tutto
suo, e soprattutto a riguardo dell’ozio. Al riguardo richiamo un celebre passo
del Grande Vecchio, conosciuto dai più per la frase finale, ma molto poco per
ciò che la precede:
In
una fase più elevata della società comunista, dopo che è scomparsa la
subordinazione servile degli individui alla divisione del lavoro, e quindi
anche il contrasto di lavoro intellettuale e corporale; dopo che il lavoro non
è divenuto soltanto mezzo di vita, ma anche il primo bisogno della vita; dopo che con lo
sviluppo generale degli individui sono cresciute anche le forze produttive e
tutte le sorgenti delle ricchezze sociali scorrono in tutta la loro pienezza, -
solo allora l'angusto orizzonte giuridico borghese può essere superato, e la
società può scrivere sulle sue bandiere: - Ognuno secondo le sue capacità; a
ognuno secondo i suoi bisogni!
Viene di moda, ultimamente, di citare Il manifesto del partito comunista,
anche perché forse non s’è letto altro che sia uscito dalla penna di Marx. A
tale riguardo vorrei ricordare di leggere bene anche il capitolo sulla Letteratura Socialista e Comunista, segnatamente
per quanto riguarda Il socialismo
reazionario, e Il socialismo
conservatore o borghese. È tutto, come sempre, molto attuale. Marx, per ragioni anagrafiche, non ebbe occasione di aggiungere un capitoletto relativo al movimentismo piccolo-borghese “né di destra né di sinistra”, cioè reazionario e tendenzialmente fascista.
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