lunedì 9 aprile 2018

Applausi


Da almeno alcuni decenni il prof. Massimo Cacciari recita con successo la parte di “nemo profeta in patria”, tanto da essere diventato un caso mediatico tra i più seguiti. Al riguardo ricordo che alla vigilia del referendum del 4 dicembre 2016 dava per certa la vittoria del Sì. Potrei citare altre profezie, a cominciare dagli anni Sessanta, quando non trovava disdicevole pronunciare la parola “capitalismo”, mentre oggi preferisce l’indeterminato ma rassicurante “sistema sociale di produzione”.

Per venire all’oggi, ecco proposto un esempio di come si può favoleggiare la realtà facendo sortire il solito coniglio spelacchiato dal logoro cilindro del riformismo:

[…] si tratta di smantellare il sistema amministrativo-burocratico del Paese, che grava sui nostri conti, sulle nostre imprese e sulle possibilità di investimenti dall’estero più di centomila terremoti; si tratta di riprendere con forza un disegno di sistema in merito alle riforme: è necessario abolire davvero Senati e Provincie, è necessario davvero accorpare funzioni e servizi tra Comuni, è necessario davvero disboscare l’intrico delle società partecipate, dove l’interesse politico scorrazza dietro la foglia di fico del diritto privato.

Più o meno le stesse parole e con la medesima enfasi riformista Cacciari le avrebbe potute scrivere 40anni or sono, e noi oggi potremmo dire che si trattava d’ipotesi in cerca di una realtà politica e sociale alla quale aggrapparsi, ma di fatto inesistente.

Quanto all’abolizione del Senato, in una sua intervista a Ezio Mauro del 30  maggio 2016 auspicava: “la creazione di un autentico Senato delle Regioni con i rappresentanti più autorevoli eletti direttamente”.

Colpa del popolo bue che non ha seguito il suo suggerimento e quello di Renzi. Del resto se non hai il consenso hai bisogno del potere. E proprio a riguardo di Renzi oggi Cacciari replica: “Il Pd impediva a Renzi di svolgere con chiarezza e coerenza la propria partita”. Applausi convinti.


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Eccetera, eccetera, eccetera ...



11 commenti:

  1. a me che Cacciari sta abbastanza simpatico, diciamo che lo trovo meno banale di altri dementi che si propongono come radicali e invece sono dei reazionari (tre a caso: Fusaro, De Masi, Revelli)

    certo se non fosse un riformista non andrebbe in tv, se non fosse un accademico non pubblicherebbe i suoi libri. riforme, accademia: poraccio, sta più ingabbiato di me

    ha il solito rammarico dell' intellettuale rimasto inascoltato dal principe, lasciato da decenni in attesa nella camarilla. e qui mi dà sui nervi

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    1. francamente dei tre che hai elencato non ho mai avuto occasione di ascoltarli, del primo ho letto un libro di cui ho dato anni fa conto sul blog

      certo se non fosse un riformista non andrebbe in tv, questo si capisce e anche per il resto non si può che concordare

      sul più ingabbiato non so, ad ogni modo piove :)

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  2. li conosci tutti, di sicuro dei primi due ne abbiamo parlato, anche il terzo si è visto spesso, un orfanello del novecento

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    1. il terzo lo conosco bene, so chi è ovviamente, scriveva o scrive ancora per il manifesto, ma volevo dire che non lo seguo in tv

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    1. rendez vous già a suo tempo, oggi antiquariato
      grazie

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    2. le sa queste cose e le spiega bene, che si sia d' accordo o meno

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    3. Ho ascoltato l’intervista. Cacciari ricostruisce con una certa esattezza il periodo storico, salvo il fatto che “dimentica” di specificare in che modo si esplicò quella che incidentalmente chiama “grande reazione”. La strategia stragista costituisce invece un elemento fondamentale per comprendere il periodo storico. La sua dunque non è una ricostruzione onesta su un punto essenziale e dirimente.

      Poi l’intervistatore cita un recente articolo di Cacciari su Micromega dove scrive: “ecco questa fu la differenza sostanziale rispetto ai brigatisti: non era il momento della clandestinità, ma per il resto la lettura della possibilità reale, della speranza diventata possibilità reale, era comune”.

      Ha ragione nella critica dell’operazione Moro. Anche dal mio punto di vista (non da oggi) quello fu un errore strategico madornale poiché oltre ad alzare il livello dello scontro, privilegiando il piano militare senza tener conto dei reali rapporti di forza, ha significato una netta cesura con la classe operaia.

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  4. Beh, almeno lui non ha paura di pronunciare la fatidica parola "capitalismo". Bisogna riconoscerlo.

    http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/04/10/papa-basta-capitalismo-sfrenato_284cae0e-e274-4764-9055-c933c5d601c4.html

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