A loro spiace ammetterlo,
soprattutto a coloro che in gioventù hanno vagheggiato, per un breve periodo, a
quella che ora chiamano “utopia” o anche peggio. Non vogliono ammettere che questo
sistema non è soggetto politico e sociale che si possa riformare nell’ordinario,
ed è inutile che Massimo Cacciari faccia l’elenco delle cose necessarie e anzi
indispensabili, richiamando l’urgenza del federalismo, vuoi in salsa tedesca o
alla tartara.
Un paio d’esempi tratti dalla
cronaca: in Sardegna, nonostante gli scandali che avevano coinvolto il
consiglio regionale per via dei noti rimborsi e relativi sperperi, con il nuovo
consiglio regionale siamo punto e a capo. Tra un mese ci saranno le elezioni e
le liste sono raddoppiate: ben 29, per 500 candidati che si contenderanno 60
posti in mangiatoia. Il Pd, il partito di Renzi, ricandida tutti i suoi,
nonostante gli ex consiglieri indagati siano complessivamente 64. Sul
governatore Cappellacci pendono dei processi penali, ma come fa un partito come
quello di Berlusconi a non ricandidare galantuomini così, gente che fino al
terzo grado di giudizio e oltre è innocente? La lista di Grillo sarà assente
per le note beghe interne e ora la probabile vincitrice delle prossime elezioni
pare debba essere una giovane scrittrice paladina dell’indipendenza alla Sardegna.
Già me la vedo con un seggio all’Onu e traduttore simultaneo dal sardo.
Alla Regione Lazio, nonostante le norme
varate da Monti sulla famosa spending review, attualmente si va in pensione con
50 anni d’età e un solo mandato, invece dei 66 anni e due mandati. È pensabile
che in forza del federalismo, le cose possano andare meglio? Magari anche in Calabria o in Campania? No, non è credibile, andrebbero peggio.
E del resto per la Sicilia non cambierebbe nulla sul piano della già amplissima
autonomia. L’avete letta la nuova legge regionale veneta sull’edilizia? Se
abbatti e ricostruisci hai 70 per cento di cubatura in più, se ristrutturi “solo”
il 50 per cento. Abbattute le distanza dai confinanti. Cose di pazzi.
Com’è possibile immaginare di
riformare un sistema quando si pensi a cosa succede nel buco nero della Rai. Si
contano 938 dirigenti, 319 dei quali dirigenti-giornalisti, alcuni con stipendi che superano i 500mila euro, ossia quasi il doppio di Obama; altre diverse decine di dirigenti guadagnano più della Merkel, e ben 463 di
quei dirigenti superano i 12mila euro al mese! Tutta gente inamovibile, per
contratto. Un certo Cappon – a quanto riporta la stampa – è stato pagato
600mila euro l’anno per fare il presidente di Rai Word. I direttori (una
miriade) hanno diritto al rimborso carburante per 15.000 chilometri, ogni
dirigente può avere una macchina per tre anni in leasing che viene pagata al
70% dalla Rai, cioè da noi, e in tal modo scorrazzano su Bmw, Mercedes, Range
Rover, Audi, e sempre su cilindrate intorno ai 3.000. E altri privilegi.
Non c’è Renzi o demiurgo che tenga,
e sarà gran cosa se riusciranno a fare una qualunque chiavica di legge elettorale
meno demenziale dell’attuale. Leggo di premi di maggioranza al 20 per cento.
Nemmeno con la legge Acerbo del 1923, con la quale l’anno successivo Mussolini
pose le basi parlamentari per la sua dittatura, si era immaginata una soglia
minima così bassa. Tutto il potere a chi nell’urna raccoglie appena un voto su
cinque non è democrazia, bensì un’altra cosa. Del resto, chiamare democrazia
una cloaca del genere è prendersi gioco di chi ci crede.
La politica italiana è l'arte di rubare facendosi battere le mani dal popolo. Come potrebbero mai dei ladri fare delle leggi per acchiappare i ladri? Manca inoltre un livello culturale (e men che meno volontà e lungimiranza) di progettare un futuro della società che non riguardi semplicemente il domani o il dopodomani. Continueranno in eterno a spartirsi il bottino. Siamo dominati da forme di corruzione violente e capillari al soldo di lobbies di ogni tipo. È come se il capo della polizia rapinasse le banche o il Papa bestemmiasse tutti i santi del calendario in mondovisione. Altro che fine del capitalismo! Siamo all'inizio di nuove forme di tirannia e dominazione. Il lavoro è e sarà una merce sempre più rara e ambita. La tecnologia farà il resto. Ciao
RispondiEliminaLa colpa è della gente. Metà del Paese è colluso con questo marciume, per interesse personale e per indole. L'altra metà è in uno stato di minorità intellettuale e spirituale.
RispondiEliminaNon ci sarà mai nemmeno la speranza di una Norimberga per i criminali sopra le nostre teste, fino a quando le teste non cambieranno.
Bene subiamo, nel contempo ci converrà utilizzare la sola consolazione e la consapevolezza dei meccanismi politico-economici come utile terapia topica contro la inesorabile sindrome progressiva "anal intruder program'. Quello che può inoltre far meditare non è la posizione del prof.Cacciari o di altri intellettuali della tribù dei piedi caldi che si contorcono nel pensiero della riforma dell'ordinario a botte di quattromila e forse più euro mensili - di stipendio - , ma di molta parte dei sudditi che forse non si sono ancora resi conto - o si rifiutano di credere - che questa volta non si tratti di 'semplice' congiuntura.
RispondiEliminaI lettori di queste rubriche telematiche ne sono informati, convinti e ahimè partecipi - peraltro non si deve convincere chi è già convinto - ma tutto il rimanente. Almeno finchè i quattrini del salvadanaio non saranno finiti (per chi li aveva o ne ha ancora).
Vedremo cosa succederà dopo. Se l'antropologia non è unicamente teoria, facilmente si passerà dalla vaselina al tubo del gas senza fasi intermedie.
Dasvidania
L
Confesso di aver sempre provato una certa sofferenza nel trasferimento sinonimico delle persone in ‘gente’.
RispondiEliminaUn ulteriore dettaglio potrebbe essere quello di capire se le puntuali e opportune analisi dei Compaesani Italioti ci comprendano o meno. Per quanto mi riguarda, purtroppo : sì,mi comprendono.
Stàtève buono (più mediterraneo e fokloristico)
L