Nessuno crede che si possano risolvere le
disuguaglianze sociali con le elemosine, tranne i ricchi e, per altrettante
ovvie ragioni, i politici e i loro domestici. E solo gli sciocchi possono dar
retta ancora alla gentaglia che ci parla del superamento della crisi con le
misure ridicole di sostegno all’occupazione varate a Bruxelles e vantate dal circo
Barnum.
Possono dormire sonni tranquilli i grandi borghesi di
questo paese, poiché fino a quando si riusciranno a pagare stipendi pubblici e
pensioni, sia pure in vario modo decurtati (tranne le pensioni superiori ai
90mila euro e gli stipendi dei boiardi di Stato!), al massimo assisteremo a
qualche movimento di piazza (giammai in estate, ovviamente), ma a nessuna
rivolta sociale che possa destare serie preoccupazioni.
* * *
Questo sistema si trova di fronte a un vecchio problema
strutturale, quello della disoccupazione. In passato la disoccupazione era un
elemento assolutamente necessario al sistema, è lo è ancora ovviamente, ma esso
ha assunto oggi caratteristiche e dimensioni nuove.
Non è casuale, sia detto tra parentesi, che in una
situazione nella quale migliaia di aziende italiane sono costrette a chiudere e
altre a delocalizzare le proprie produzioni, il TG3 di questa sera offra come
seconda notizia l’incremento registrato nelle attività di agriturismo a
conduzione femminile!
Rispetto alle epoche passate, l’industria moderna non
considera e non tratta mai come definitiva la forma di un processo di
produzione. Il sistema attuale non può esistere senza rivoluzionare di continuo
gli strumenti di produzione e con essi anche i rapporti di produzione, perciò
tutto l’insieme dei rapporti sociali.
Assieme alla base tecnica della produzione,
l’industria moderna sovverte continuamente le funzioni degli operai e le
combinazioni sociali del processo lavorativo, portando con sé variazioni del
lavoro, fluidità delle funzioni e mobilità dell’operaio in tutti i sensi.
Con ciò è eliminata ogni sicurezza e tranquillità
delle condizioni di vita dell’operaio, il quale deve aspettarsi in ogni momento
che con il suo posto di lavoro salti anche il mezzo di sussistenza. Questo
processo, l’attuazione normale di tale legge sociale, opera con la prepotenza e
la cieca brutalità di una legge naturale.
Per il capitale, per il variare delle sue esigenze, è
dunque questione di vita o di morte la disponibilità assoluta non già e
semplicemente del singolo operaio, ma della massa degli operai. La produzione di
una sovrapproduzione relativa di un esercito industriale di riserva, ossia di
una massa di disoccupati, è condizione di tale disponibilità assoluta.
Vediamo di chiarirne il motivo tecnico in pochi
concetti necessariamente schematici.
I capitalisti, allo scopo di estorcere più plusvalore
e far fronte alla concorrenza, devono costantemente aumentare la produttività
del lavoro nelle loro fabbriche. Ciò impone il miglioramento e l’aumento
incessante del livello tecnico degli impianti e delle macchine. Più le macchine
e le attrezzature vengono perfezionate e meno operai sono necessari per far
funzionare la stessa quantità di macchine.
La diminuzione assoluta della domanda
di lavoro che necessariamente ne consegue diventa naturalmente tanto maggiore
quanto più i capitali che percorrono questo processo di rinnovamento sono già
accumulati in massa in virtù del movimento centralizzatore. E ciò è tanto più
evidente nella fase monopolistica del modo di produzione capitalistico.
È evidente che con ciò viene a modificarsi la
composizione tecnica del capitale, e parallelamente un mutamento della sua
composizione di valore. Nella composizione organica del capitale si avrà una
maggiore quantità di capitale costante (impianti, macchine, materie prime e
ausiliarie, ecc.) a scapito del capitale variabile. Pertanto, composizione
tecnica del capitale e composizione di valore, sono in rapporto reciproco.
Ciò non può non avere ulteriori riflessi sul saggio
di profitto, essendo esso determinato dal rapporto tra il plusvalore ed il
capitale totale investito da ciascun capitalista, ossia tra saggio del
plusvalore e composizione in valore del capitale.
Per contrastare, a sua volta, la tendenza alla caduta
del saggio del profitto, al capitale s’impone di ridurre ulteriormente il
rapporto tra capitale costante e capitale variabile, stabilendo in tal modo un
circolo vizioso. Infatti, la tendenza storica dell’accumulazione capitalistica
consiste in un aumento della composizione organica del capitale e, di
conseguenza, in una caduta del saggio del profitto.
Questa legge è – ci dice Marx – “sotto ogni aspetto la legge più importante della moderna economia
politica […] “È la legge più
importante dal punto di vista storico”.
Il capitale per contrastare tale tendenza, oltre a
cercare di ridurre sempre più il rapporto tra capitale costante e variabile
puntando sull’innovazione e il perfezionamento della produzione, e ad
intensificare lo sfruttamento della forza-lavoro, punta a trasferire le proprie
produzioni in aree e paesi laddove i salari sono più bassi e più vantaggiose le
altre condizioni di sfruttamento della forza-lavoro.
Tuttavia queste misure non bastano e non possono eludere
la contraddizione, così come la diminuzione assoluta della domanda di lavoro, specie nei paesi di
più antica tradizione capitalistica, non si arresta e anzi tende a mostrarsi
nella forma di una cronica disoccupazione di massa, sia per quantità e sia per
qualità della forza-lavoro non occupata.
Ciò dimostra, tra l’altro, che a un dato livello
dell’accumulazione, la produzione di valori d’uso entra in contraddizione con
le esigenze di valorizzazione del capitale. Lo svolgimento delle contraddizioni
di una forma storica della produzione – osserva Marx – è tuttavia l’unica
via storica per la sua dissoluzione e la
sua trasformazione.
Da studente, domando: la caduta del saggio del profitto è "anche" determinata dalla «diminuzione assoluta della domanda di lavoro», perché con minori occupati, minore produzione di plusvalore (ossia di profitto), legata al fatto che, appunto, il plusvalore si genera sottraendo una parte della giornata lavorativa del lavoratore?
RispondiEliminaInoltre, per favore, potresti spiegarmi meglio con un esempio come «a un dato livello dell’accumulazione, la produzione di valori d’uso entra in contraddizione con le esigenze di valorizzazione del capitale»?
Grazie e abbi pazienza
ti boccio!
Eliminasiccome so che hai appena acquistato il capitale in formato ebook, e so pure che con la testa ci arrivi, allora t'invito alla lettura di alcune (poche) pagine della terza sezione del terzo libro (cap. 13 per intenderci).
dopo di che rileggi il post e così scoprirai che in esso tento di spiegare proprio il fatto che «a un dato livello dell’accumulazione, la produzione di valori d’uso entra in contraddizione con le esigenze di valorizzazione del capitale».
P.S. non leggere stasera, guardati la partita o quella cagata del dottor zivago su canale 22. ciao tesoro
Il passo successivo alla delocalizzazione degli impianti produttivi in cerca di mano d'opera a prezzi sempre più bassi è quello della sostituzione massiccia della forza lavoro con macchine. Questo "piccolo" dettaglio comporterà anche la trasformazione dell'operaio schiavo in puro concime organico non avendo più motivo di esistere giacché la forza lavoro schiavi essendo disoccupata non potrà neanche più ricomprarsi parte della produzione. Prima un negozio vendeva 5 maglioni a 20 € l'uno a 5 persone; adesso gli basta vendere 1 maglione a 100 € ad una sola persona magari ricca per realizzare il medesimo guadagno. Non più produzione di massa dunque ma produzione mirata per le classi più abbienti. Si vendono sempre più Suv di prezzo alto e meno utilitarie per la plebe non avendo più la plebe soldi per comprare l'utilitaria.
RispondiEliminaRiassumendo la tecnologia renderà mano mano sempre più marginale l'intervento umano nella produzione fino a farlo sparire del tutto. Degli attuali 7 miliardi rimarranno in pochi forse solo 500,000. I Berlusconi del prossimo secolo camperanno 3 o 400 anni grazie a trapianti di cellule staminali circondati da olgettine sempre più rifatte. Il popolo, la massa, la plebe tra non molto non esisterà più. Come i droni sostituiscono man mano gli aerei da combattimento così i robot sostituiranno man mano gli schiavi forza lavoro. Il capitalismo morente si porterà all'inferno qualche miliardo di umanoidi. I tempi saranno quelli scanditi dall'avanzare della tecnologia. Ciao