martedì 25 giugno 2013

Il fondo oscuro della Storia


Sono curiosi quelli che rivendicano interventi degli Stati nell’economia per uscire dalla crisi, come se gli Stati, ossia le Banche centrali, già non stampassero moneta a tutto spiano. Come se i debiti pubblici non fossero in costante crescita, sia in termini relativi – in rapporto al Pil – sia in termini assoluti. Il debito pubblico tedesco, tanto per dire della virtù fatta nazione, in termini assoluti è superiore a quello italiano. Senza contare il debito occulto.

Come se la Fed non stampasse dollari, la BoJ, a sua volta, un mare di yen, quindi la Bce non distribuisse bende e cerotti per le ferite delle banche europee. Se si fermasse questo flusso di denaro pubblico verso il sistema finanziario, perché di denaro pubblico si tratta, il sistema e tutta la baracca capitalistica cesserebbero di vivere in poche ore.



Pertanto, gli Stati intervengono nell’economia, eccome, ma non a favore dei settori che ne avrebbero più bisogno. Il punto essenziale è proprio questo: il denaro invece di fluire come credito alle imprese e per le famiglie va dritto nel calderone delle banche, le quali poi concedono prestiti alle attività produttive con il contagocce e spesso nemmeno con quello. Negli ultimi decenni s’è registrato il più vasto e imponente trasferimento di ricchezza della storia. A scapito di chi, mi pare ovvio.

Non è un caso che i crolli maggiori, per listini azionari e bond, siano partiti il 23 maggio e il 19 giugno: quando la Borsa di Tokyo ha perso il 7,3% in un giorno (mettendo per la prima volta in dubbio l'efficacia della politica monetaria e fiscale giapponese) e quando il presidente della Fed Usa ha annunciato il possibile rallentamento della sua politica ultra-espansiva. Insomma: le banche centrali di mezzo mondo stanno sgonfiando ciò che loro stesse avevano pompato.

Anche per quanto riguarda la Cina, non è un caso, che si stia togliendo credito alle imprese: non si può continuare a finanziare l’industria dei pannelli solari, per fare un esempio, quando già si produce una volta e mezza il fabbisogno mondiale di pannelli solari.

E in questo quadro la contesa per la supremazia tra Usa e Cina è più che mai aperta.  Evitare ciò che successe nel 1914 – secondo Kissinger, il quale a 90anni suonati ha partecipato alla preparazione del vertice tra Obama e Xi Jinping –, non è scontato, tutt’altro. Gli Usa, dal canto oloro, hanno in corso di negoziato il TAFTA, o TTIP che dir si voglia, ossia un’area di scambio liberalizzato tra Usa e Europa. Dal lato Asia-Pacifico, sono in corso i negoziati per il TPP, un’area transpacifica promossa dagli Usa e che lascia fuori la Cina.


Proprio l’altro giorno stavo riflettendo su una domandina: cosa facevano e pensavano i nostri nonni e bisnonni nella primavera del 1913, nel momento che si chiudeva la guerra dei Balcani? E nella primavera successiva se lo sarebbero aspettato come imminente un conflitto dapprima europeo e poi mondiale di tale portata? Penso che molti allora avvertissero la chiara sensazione della fine di un’epoca. Anche oggi avvertiamo quella stessa sensazione. Che poi tutto venga a precipitare tra un anno o tra due o tre lustri, per fortuna ancora non lo sappiamo.

Finora nessuna grande civiltà è sopravvissuta a se stessa. Perché dovrebbe fare eccezione la nostra?

5 commenti:

  1. Rispetto a un secolo fa mi sembra che, a parte il contenzioso tra Cina e Giappone per la rivendicazione di quei due o tre isolotti e la questione Corea del Nord, non vi siano pretesti adatti per scatenare (e giustificare sul piano della propaganda) dei "convenienti" conflitti bellici. Certo, tutto può accadere, ma la situazione mi sembra più elastica rispetto alla rigidità del 1913.

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  2. La prossima guerra potrebbe avvenire in Africa per il controllo dei terreni agricoli comprati dai cinesi.
    Anche in medio oriente era cominciata così: con l'acquisto di terre arabe da parte dei coloni israeliti.
    Qui è peggio: terreni agricoli di una superpotenza tecnologica in un territorio tribale.
    Quando le frontiere europee verranno sbarrate togliendo loro questa speranza, gli africani vorranno riprendersi le terre e la Cina le difenderà militarmente prima mediante milizie locali e poi tramite le portaerei che sono in costruzione anche se non sappiamo quante.
    Credo che ai cinesi serviranno almeno dieci anni per mettere in campo quattro portaerei nucleari, mentre gli USA ne hanno già 10 e 3 in costruzione.
    Determinante sarà la posizione dell'India che ne ha in costruzione 4.
    Nel frattempo dovremmo programmare una sufficiente autonomia alimentare, l'autonomia energetica rinnovabile, l'isolamento termico degli edifici al nord e una sufficiente scorta di materie prime e metalli.
    Con il ricorso ad una alimentazione prevalentemente vegetariana e lo spostamento di popolazione nelle regioni del sud dovremmo riuscire a ridurre l'impronta ecologica degli italiani ad un valore paragonabile a quello degli indiani.
    Riportando a cultura 6 mln di ettari arriveremmo quasi a 19 mln. e potremmo sostenere una popolazione di 50 mln di persone.
    In questo scenario gli F35 sembrano superflui: forse meglio tenere gli Harrier sulla portaerei per quello che servono e prendere 200 Sukoi SU35 russi che costano un terzo.
    La Lockheed ci aveva già rifilato le bare volanti F104, adesso ci vogliono vendere aerei a decollo verticale come fossero caccia intercettori.
    Se vogliamo difenderci ci servono caccia da mach 2,25 e non piccoli bombardieri da attacco al suolo da mach 1,7 e tanta,tanta elettronica.

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    1. Oh, che spasso! ma «noi» chi?

      P.S. Olympe, se persino tu, che di solito sei tanto piú compassata, ti dai all’escatologia, si profila un bell’evo, quel che s’approssima. Ai piú fortunati fra noi toccherà la nostra Ustica —beato il buon compagno Bordiga—, ai piú qualcosina di peggio. Tu sei pronta?

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    2. purché sia un posto con un buon clima

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