Sono
curiosi quelli che rivendicano interventi degli Stati nell’economia per uscire
dalla crisi, come se gli Stati, ossia le Banche centrali, già non stampassero
moneta a tutto spiano. Come se i debiti pubblici non fossero in costante
crescita, sia in termini relativi – in rapporto al Pil – sia in termini
assoluti. Il debito pubblico tedesco, tanto per dire della virtù fatta nazione,
in termini assoluti è superiore a quello italiano. Senza contare il debito
occulto.
Come
se la Fed non stampasse dollari, la BoJ, a sua volta, un mare di yen, quindi la
Bce non distribuisse bende e cerotti per le ferite delle banche europee. Se si
fermasse questo flusso di denaro pubblico verso il sistema finanziario, perché
di denaro pubblico si tratta, il sistema e tutta la baracca capitalistica
cesserebbero di vivere in poche ore.
Pertanto,
gli Stati intervengono nell’economia, eccome, ma non a favore dei settori che
ne avrebbero più bisogno. Il punto essenziale è proprio questo: il denaro
invece di fluire come credito alle imprese e per le famiglie va dritto nel
calderone delle banche, le quali poi concedono prestiti alle attività
produttive con il contagocce e spesso nemmeno con quello. Negli ultimi decenni
s’è registrato il più vasto e imponente trasferimento di ricchezza della
storia. A scapito di chi, mi pare ovvio.
Non
è un caso che i crolli maggiori, per listini azionari e bond, siano partiti il
23 maggio e il 19 giugno: quando la Borsa di Tokyo ha perso il 7,3% in un
giorno (mettendo per la prima volta in dubbio l'efficacia della politica
monetaria e fiscale giapponese) e quando il presidente della Fed Usa ha
annunciato il possibile rallentamento della sua politica ultra-espansiva.
Insomma: le banche centrali di mezzo mondo stanno sgonfiando ciò che loro
stesse avevano pompato.
Anche
per quanto riguarda la Cina, non è un caso, che si stia togliendo credito alle
imprese: non si può continuare a finanziare l’industria dei pannelli solari,
per fare un esempio, quando già si produce una volta e mezza il fabbisogno
mondiale di pannelli solari.
E in
questo quadro la contesa per la supremazia tra Usa e Cina è più che mai
aperta. Evitare ciò che successe nel
1914 – secondo Kissinger, il quale a 90anni suonati ha partecipato alla
preparazione del vertice tra Obama e Xi Jinping –, non è scontato, tutt’altro.
Gli Usa, dal canto oloro, hanno in corso di negoziato il TAFTA, o TTIP che dir
si voglia, ossia un’area di scambio liberalizzato tra Usa e Europa. Dal lato
Asia-Pacifico, sono in corso i negoziati per il TPP, un’area transpacifica
promossa dagli Usa e che lascia fuori la Cina.
Proprio
l’altro giorno stavo riflettendo su una domandina: cosa facevano e pensavano i nostri nonni e bisnonni nella primavera del 1913, nel momento che si chiudeva la guerra dei Balcani? E
nella primavera successiva se lo sarebbero aspettato come imminente un
conflitto dapprima europeo e poi mondiale di tale portata? Penso che molti
allora avvertissero la chiara sensazione della fine di un’epoca. Anche oggi
avvertiamo quella stessa sensazione. Che poi tutto venga a precipitare tra un
anno o tra due o tre lustri, per fortuna ancora non lo sappiamo.
Finora nessuna grande civiltà è sopravvissuta a se stessa. Perché dovrebbe fare eccezione la nostra?
Rispetto a un secolo fa mi sembra che, a parte il contenzioso tra Cina e Giappone per la rivendicazione di quei due o tre isolotti e la questione Corea del Nord, non vi siano pretesti adatti per scatenare (e giustificare sul piano della propaganda) dei "convenienti" conflitti bellici. Certo, tutto può accadere, ma la situazione mi sembra più elastica rispetto alla rigidità del 1913.
RispondiEliminaapparentemente, solo apparentemente
EliminaLa prossima guerra potrebbe avvenire in Africa per il controllo dei terreni agricoli comprati dai cinesi.
RispondiEliminaAnche in medio oriente era cominciata così: con l'acquisto di terre arabe da parte dei coloni israeliti.
Qui è peggio: terreni agricoli di una superpotenza tecnologica in un territorio tribale.
Quando le frontiere europee verranno sbarrate togliendo loro questa speranza, gli africani vorranno riprendersi le terre e la Cina le difenderà militarmente prima mediante milizie locali e poi tramite le portaerei che sono in costruzione anche se non sappiamo quante.
Credo che ai cinesi serviranno almeno dieci anni per mettere in campo quattro portaerei nucleari, mentre gli USA ne hanno già 10 e 3 in costruzione.
Determinante sarà la posizione dell'India che ne ha in costruzione 4.
Nel frattempo dovremmo programmare una sufficiente autonomia alimentare, l'autonomia energetica rinnovabile, l'isolamento termico degli edifici al nord e una sufficiente scorta di materie prime e metalli.
Con il ricorso ad una alimentazione prevalentemente vegetariana e lo spostamento di popolazione nelle regioni del sud dovremmo riuscire a ridurre l'impronta ecologica degli italiani ad un valore paragonabile a quello degli indiani.
Riportando a cultura 6 mln di ettari arriveremmo quasi a 19 mln. e potremmo sostenere una popolazione di 50 mln di persone.
In questo scenario gli F35 sembrano superflui: forse meglio tenere gli Harrier sulla portaerei per quello che servono e prendere 200 Sukoi SU35 russi che costano un terzo.
La Lockheed ci aveva già rifilato le bare volanti F104, adesso ci vogliono vendere aerei a decollo verticale come fossero caccia intercettori.
Se vogliamo difenderci ci servono caccia da mach 2,25 e non piccoli bombardieri da attacco al suolo da mach 1,7 e tanta,tanta elettronica.
Oh, che spasso! ma «noi» chi?
EliminaP.S. Olympe, se persino tu, che di solito sei tanto piú compassata, ti dai all’escatologia, si profila un bell’evo, quel che s’approssima. Ai piú fortunati fra noi toccherà la nostra Ustica —beato il buon compagno Bordiga—, ai piú qualcosina di peggio. Tu sei pronta?
purché sia un posto con un buon clima
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