lunedì 3 giugno 2013

Ai ritardatari


Che cosa sono le “larghe intese”? Semplice: il governo può fare solo quello che non è sgradito al cavalier Silvio Berlusconi. Chi nega che si tratti proprio di questo e solo di questo, è un disonesto. Dunque, si tratta del governo dei disonesti, precisamente degli imbroglioni, poiché la verità è che si fa e si farà solo ciò che è gradito al vero capo del governo, ossia al cavalier Silvio Berlusconi. Una dimostrazione lampante di questa situazione di fatto è data dalla riforma della legge elettorale: non si farà. Piuttosto si metterà mano alla Costituzione, alla seconda parte poiché la prima non esiste più nei fatti.



Ognuno è libero di fabbricarsi le illusioni che vuole, ma alle recenti elezioni amministrative non hanno vinto i partiti e men che meno il Partito democratico. Anzitutto ha vinto l’astensione, che è grave errore confondere con il menefreghismo. Se c’è un elettore attento e motivato, in generale è proprio l’astensionista. Il fatto che meno di due elettori su tre siano andati al voto, con punte di uno su due a Roma e in altre realtà locali, non è solo un campanello d’allarme per i partiti, ma la loro campana a morto.

Si dice che il pericolo dell’astensionismo di massa sarebbe di creare una situazione laddove un partito reazionario con un pugno di voti potrebbe agguantare la maggioranza. Con l’attuale legge, alla camera, è possibile. Ma l’Italia – vorrei far notare ai distratti e agli assenti – è già stata governata per dei lustri da dei partiti reazionari, clericali e apertamente fascisti.

Il rischio, per chi ci tiene, invece è un altro, come accennavo, ossia uno stravolgimento della Costituzione in senso presidenzialista. È un bene, è un male? Non di questo si tratta. È  esattamente quello che vuole il cavalier Silvio Berlusconi e il Partito democratico sembra volerlo accontentare, convinto magari di poterlo battere alle elezioni o dentro le urne di un voto segreto in parlamento per l’elezione indiretta del presidente, come a me pare più probabile.


Non è vero che i partiti vivono di fuori della realtà, è vero invece che piegano al loro volere e ai loro interessi questo paese. Questa non solo non è una democrazia nel senso corrente del termine, ma è una dittatura nel senso pieno ed effettivo del suo agire. Cos'altro è, del resto, l'Europa dei banchieri e la globalizzazione delle multinazionali? È quello che molti italiani hanno scoperto, sia pure di recente. Diamo tempo anche ai ritardatari.

2 commenti:

  1. "Il fatto che meno di due elettori su tre siano andati al voto, con punte di uno su due a Roma e in altre realtà locali, non è solo un campanello d’allarme per i partiti, ma la loro campana a morto."

    L'astensione raccoglie buona parte di quello che potremmo definire sinteticamente voto di opinione. Non significa che esso non esprima un interesse, ma non necessita della politica in via principale per organizzarlo e vederselo tutelato. Fra questi molto spesso ci sono gli operai. Questioni di coscienza.
    Se 1 elettore su 2 si reca a votare, parte di questo elettorato è quello che attraverso la politica organizza il proprio interesse in via principale. Ed intorno a questo interesse ne coagula altri. Spesso gli operai votano parti politiche sostenute dai loro padroni, pensando di esserne in qualche modo illuminati di riflesso dai privilegi. Questioni, anche queste di falsa coscienza.

    Ad ogni modo, se nella partita elettorale, ovvero nella partita dell'allocazione delle risorse, le parti possono solo "lottare" per organizzare il proprio consenso "organizzato", lo sforzo che si richiede è minore. Inoltre da anni, parecchi, il voto di opinione è stato soltanto strumentalizzato per aumentare la quota di risorse a disposizione della parte che vince ma non a tutelare gli interessi che quella aprte elettorale "portava". Di qui il disincanto, sempre più forte.

    Se, come sostieni, è una campana a morte, avremmo dovuto veder morire negli USA da molto tempo i partiti esistenti, ma come saprai i trasformismi e le ricette del marketing elettoralistico sanno fare il loro mestiere. Piuttosto, è la democrazia e la spinta innovatrice del sistema che ne risente, dato che così con queste restrizioni del potere e dell'accesso al processo decisionale il sistema rischia di perdere il contatto con la realtà. Ma il collasso del sistema avrà ricadute generali su ognuno. Ed in secondo luogo, ogni sistema prima o poi da sè predetermina la propria evoluzione e la soluzione alla sua incongruità. Il M5S ne è un disarticolato e confuso indicatore. Alle prossime elezioni altre saranno le piattaforme politiche che si presenteranno. E tutte, un po' in odore di M5S, saranno combinazioni trasversali a quella che finora abbiamo ritenuto essere la linea di demarcazione politica degli interessi (es, destra-sinistra).

    L'attacco che dagli anni '80 è partito contro il ceto medio (che oltretutto è stato tale solo per l'alto tasso di consumo improprio e la sua incultura!) è una chiara volontà di spostamento verso ragioni reazionarie della forma mentis politica. Ma dubito che questi signori siano così accorti da non farsi sfuggire di mano la palla, che potrebbe andare nella mani di personaggi ancor peggiori di Berlusconi, solo premessa di quello che potrebbe esserci di peggio. E quando si è abituati al peggio, si finisce di diventare come sansone ... con i capelli corti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. sono d'accordo su molti punti. chiaro che il collasso del sistema avrà ricadute generali su ognuno, le sta già avendo da un pezzo.
      dove non sono d'accordo è sul paragone con gli Usa, lì il voto e l'astensione hanno molte altre motivazioni e sfaccettature.
      non credo nemmeno io, stante la situazione attuale, che l'astensione raggiungerà medie del 50%. però bisognerà vedere come si evolverà la situazione. ovvio che lo spazio lasciato libero dalla delusione per il 5 stelle sarà tentazione di molti volerlo riempire. come si dice? è una situazione in evoluzione. non mi sorprenderei di nulla.

      Elimina