Silvio Berlusconi si trova in un grosso guaio, forse il più serio della sua carriera politica, la quale è ben noto come coincida con tutto ciò che lo riguarda. La cassazione potrà decidere in vario modo, ma Berlusconi non può attendere la sentenza e correre il rischio. perciò a breve dovrà giocarsi il tutto per tutto. Conoscendo il tipo e gli interessi in gioco, c'è da aspettarsi qualcosa che inevitabilmente riguarderà il governo. E anche il suo partito. Potrà così verificare di quanti Pavolini e Graziani può ancora disporre, e di quanti badogliani vi sono tra le sue file. Purtroppo difficilmente troverà sulla sua strada un colonnello Frigerio e anzi sarà più facile trovi ancora altri D'Alema e Violante pronti a dargli una mano. Vedremo. Ad ogni buon conto non aspettiamoci che possa cambiare granché anche dopo il tramonto di Berlusconi, così come nulla è mutato dopo la prima repubblica. Il sistema criminale italiano, sia esso legale o illegale, è quello che è.
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Oggi su Repubblica c'è un articolo di Paul Krugman, il Nobel invita il proprio governo di lasciar perdere le proiezioni sulla tenuta del sistema di qui al 2020 - 2030, bensì di agire urgentemente dal lato della disoccupazione. Questi economisti sono ancora convinti di vivere in un sistema capitalistico rimasto fermo alla seconda rivoluzione industriale. Richiamo a tal proposito un post recente nel quale cito un'essenziale analisi sugli effetti dello sviluppo capitalistico scritta da Marx solo 150 anni or sono.
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Il sistema finanziario chiede sempre più soldi alle banche centrali, come un tossico in crisi d'astinenza. Non è difficile prevedere a breve un altro grande botto. L'ennesimo, ma sempre più devastante. Credo che anche i non marxisti, coloro che hanno in tedio il solo sentire nominare la parola comunismo, se sono onesti intellettualmente, non possano non prendere in seria considerazione il fatto che questo sistema è fallito e sta facendo danni sempre più gravi e spesso irreparabili.
In un recente sommario della vita e delle opere di Marx (Nicolao Merker, Karl Marx, Laterza) leggo che verso la fine della sua vita Engels, arrivato alla conclusione che la rivoluzione attraverso sollevazioni popolari non era materialmente possibile nel dominio delle "forze dell'ordine" borghese, si era orientato all'idea di un comunismo "pervasivo" invece di rivoluzionario. Trasformare l'economia e la società dall'interno, non potendola cambiare dall'esterno.
RispondiEliminaNon sono un esperto di Engels e non so dire se quanto leggo corrisponda al pensiero di Engels o no. Ad ogni modo si tratta della chiave del problema, ad oggi insolubile. La forza repressiva del sistema è immensa e moltiplicata dallo stato di minorità in cui la società e i lavoratori sono mantenuti da una rete di manipolazione del pensiero studiata alla perfezione e implacabile. Allo stato attuale una sollevazione di massa è impensabile, e se anche fosse pensabile ed attuabile non avrebbe possibilità di riuscita.
Al tempo stesso non è possibile negoziare col sistema. Trasformarlo dall'interno è utopia. Non può essere riformato o trasformato facendo leva sulla sua irrazionalità e disumanità che, si suppone, qualunque persona di media intelligenza è in grado di vedere. Che la gente lo veda o no, non ha importanza: non esiste negoziato o compromesso che possa portare a rendere possibile una trasformazione per via "evolutiva" del sistema in qualcosa di economicamente e socialmente molto diverso. La stessa possibilità di un'operazione del genere è negata dal sistema stesso alla radice.
cosa pensi Merker non m'intressa, per sostenere questa tesi penso debba argomentarla e suffragarla con dei puntuali riferimenti bibliografici. gente che scrive tanto per scrivere ce n'è già troppa. in questi casi è bene leggere gli scritti originali. sempre. su questo tema, forse nei prossimi giorni scriverò qualcosa. ciao
EliminaPerdona il fuori tema, Olympe: butteresti giú due righe, magari in un prossimo articolo, sulla situazione dei partiti piú e meno sedicenti comunisti in Italia, dall’estrema destra dilibertiana a Lotta Comunista?
RispondiEliminaconosco superficialmente la cosa e francamente non ritengo sia di grande interesse, almeno per me. saluti
EliminaVengo all'interrogativo di Mauro, che leggo sempre con piacere, come Olympe del resto.la ripetizione rituale della parola "rivoluzione" non è garanzia di una politica rivoluzionaria. In primo luogo perché la rivoluzione è una funzione strategica, che va preparata ed organizzata minuziosamente, a maggior ragione allorché si abbia a che fare con una complessa articolazione di classe della "società civile" e con la capacità della classe dominante di assicurarsi vasti consensi anche tra i lavoratori, sia tramite organizzazioni opportuniste (socialdemocrazia ecc.), sia direttamente con partiti reazionari di massa (il bonapartismo senile di Berlusconi, ed altre org. piccolo borghesi).
RispondiEliminaL'illusione tipicamente settaria che la propaganda della rivoluzione incontrandosi con le inevitabili e spontanee "dinamiche" della lotta di massa, consenta prima o poi la rivoluzione senza precedente egemonia d'un PC che sia davvero parte avanzata della classe, ne inquadri la "maggioranza politica" influendo significativamente su tutte le organizzazioni tradizionali o meno, in cui la classe si articola e si organizza (sindacati ed eventuali consigli o soviet ecc.), deve essere combattuta risolutamente. Troppi marxisti "rivoluzionari", sia ML che epigoni del trozkismo, insistono nel proiettare la fantasia autoconsolatoria per cui organizzazioni ininfluenti e marginali potrebbero "crescere" e perfino andare al potere per il solo fatto che la masse "radicalizzate" sarebbero indotte a riconoscere che i rivoluzionari "avevano ragione" ed a lodarne la coerenza:....in tal senso, si diffonde una versione leggendaria della Rivoluzione d'Ottobre, in cui i bolscevichi vengono presentati come un gruppo di propaganda invece che come una forza profondamente radicata tra le masse grazie ad un minuzioso lavoro ventennale.
Mordecaj
L'intervento nella crisi di direzione del proletariato non può ridursi alla mera "denuncia" dell'incapacità del (contro)riformismo, non solo a cambiare i rapporti di produzione, ma anche ad ottenere conquista parziali per settori significativi della classe. Oggi, più che mai, si tratta di pianificare la strategia rivoluzionaria, disegnare ed attuare tattiche agili e tempestive, che compensino almeno in parte i vantaggi che il nemico di classe ha accumulato sul piano internazionale.
RispondiEliminaGramsci, se ben inteso come bolscevico italiano, ha ancora molto da insegnare ai comunisti che vogliano essere e restare tali, cioè rivoluzionari nella sostanza dell'azione politica, piuttosto che nell'esuberanza dell'aggettivazione.
Mordecaj