Rossana Rossanda torna per la seconda volta a polemizzare con il suo giornale, il manifesto, e più specificatamente con un articolo (che neanche io, si parva licet, condivido) comparso ieri a firma di Tariq Ali. Del suo giornale non gli piace l’”equidistanza” stabilita tra Comitato di Bengasi e Gheddafi. Sostiene che non si può non essere a favore del Comitato solo perché non si sa bene chi sia quella gente. Per contro – sostiene Rossanda – si sa bene chi è Gheddafi. E si sa bene cos’è un “basta” di gente che non ha potuto esprimersi per decine di anni. E anche per quanto riguarda l’intervento occidentale sostiene che non si può definire una “spedizione imperialista”. Non ha capito – scrive tra l’altro – perché Obama “pur intervenendo il meno possibile, sia intervenuto”. Del resto, dice, “Gheddafi vendeva il suo petrolio senza problemi”.
Provo avanzare delle obiezioni. Non credo che si tratti di equidistanza ma della consapevolezza che alcune forze, fino a ieri parte dell’entourage di Gheddafi, e altre, ben visibili dietro ad Al-Jazeera e il Qatar, stanno strumentalizzando la gente che ha detto “basta”. A questa gente si sono uniti avventurieri di ogni tipo e alla vicenda non è estranea Al-Qaeda (ecco le riserve successive di Obama). Il punto è proprio questo, il fatto che Gheddafi vendeva il suo petrolio senza problemi ma alle sue condizioni. Questi "rivoltosi" che dirigono le sorti della guerra civile da Bengasi si volevano mettere in proprio con l’appoggio di alcuni notabili locali, del Qatar (col quale si sono premurati di firmare contratti di fornitura) e delle multinazionali.
Il 22 febbraio, quasi due mesi or sono, quando i giornali parlavano ancora di rivoluzione e altre balle del genere, scrissi questo post. Tra l’altro dicevo: nel 2008 agivano in Libia più di 50 compagnie petrolifere internazionali (IOC), lavorando sulla produzione di petrolio e di gas e nell’esplorazione. Tripoli ha rivisto al ribasso gli accordi di produzione tra il National Oil Corporation (NOC) e l'International Oil Company (IOC), tra cui l’austriaca OMV AG, la Repsol di Spagna e Total di Francia, che hanno visto portare a una quota inferiore la propria quota di petrolio.
Quindi sottolineavo che la legislazione libica richiede alle imprese straniere di avere un partner locale che detenga una partecipazione minima di una quota del 35% in tutte le joint venture. Si tratta quindi di una quota di proprietà statale, cioè il NOC, che funziona sia da gestore delle concessioni con le imprese estere sia da compagnia petrolifera nazionale (Tamoil). L’Eni fa la parte del leone, con un accordo che le ha consentito di prolungare fino al 2042 la durata dei suoi titoli minerari per l'estrazione di petrolio nel Paese e fino al 2047 quelli per l'estrazione del gas. Però Tripoli ha imposto una revisione del contratto orientata alla riduzione delle estrazioni fino al 50%.
In un post di qualche giorno dopo, scrivevo: il NOC è la 25° compagnia, del Top 100, a livello mondiale. Non proprio una scartina. Attraverso proprie controllate, come la Waha Oil Company (WOC), la Arabian Gulf Oil Company (AGOCO), la Zueitina Oil Company (ZOC) e la Sirte Oil Company (SOC), il NOC segue una politica di sfruttamento in proprio dei nuovi giacimenti e di recupero con nuove tecniche di quelli abbandonati dalle compagnie straniere quando il prezzo del petrolio non ne permetteva lo sfruttamento.
L’8 marzo, in un altro post riportavo le parole del presidente dell’Eni Scaroni: […] le società petrolifere internazionali (alle quali da questo momento in poi farò riferimento come Ioc, International Oil Company) devono affrontare la sfida sempre più agguerrita posta da una nuova razza di società petrolifere nazionali particolarmente aggressive (alle quali da questo momento in poi farò riferimento come Noc, National Oil Company) nella ricerca globale del controllo delle riserve e dei mercati di petrolio e di gas naturale. A seguito di questo crescente confronto tra i due tipi di società, la maggior parte degli osservatori ha immaginato la formazione di uno scenario competitivo senza precedenti per il settore nel suo complesso, una partita totalmente nuova che potrebbe portare a nuove forme di collaborazione tra IOC e NOC oppure a un ulteriore declino dell'influenza delle Ioc.
Lo stesso giornale, il manifesto di oggi, riporta un’intervista a Noam Chomsky, il quale in proposito dice: «Il controllo delle risorse petrolifere della regione mediorientale resta il movente principale per le potenze occidentali».
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