Nei soli primi tre anni della crisi gli stati hanno profuso per il salvataggio delle banche e dei grandi istituti finanziari circa 15.000mld di dollari, ossia un quarto del Pil mondiale. Gli stati più esposti al cataclisma finanziario sono stati costretti a intervenire per evitare il crollo del sistema, poiché tale crisi è una crisi di sistema. Le somme erogate sono state sottratte agli investimenti sociali e attingendo a nuovo debito statale.
Negli Usa è stata istituita un’apposita commissione, presieduta dall'ex tesoriere democratico dello stato della California Phil Angelides e come vice-presidente Bill Thomas, un ex membro del Congresso repubblicano, per stabilire le “cause della crisi finanziaria ed economica negli Usa”. Nei diciotto mesi di lavori ha tra l’altro esperito indagini su dieci dei maggiori gruppi finanziari e sul ruolo svolto dalle nove principali istituzioni di regolazione e sorveglianza.
La relazione finale non è stata unanime: quella democratica (Angelides) ha individuato le cause della crisi nel comportamento delle autorità di controllo e regolazione, sottolineando sostanzialmente l’evitabilità della crisi e come questa si sia verificata per “errori umani” individuali e di gruppi. Per la relazione repubblicana (Thomas) invece non si dovrebbe ignorare che le cause della crisi sono da ricercarsi nella natura globale della finanza e degli squilibri a essa impliciti, quindi non basterebbero iniziative legislative di regolazione di portata solo nazionale per prevenire tali eventi (il report in Pdf non è più disponibile (7/2017)).
Resta il fatto che sul fronte legislativo le grandi lobby finanziarie hanno sventato qualsiasi tentativo di introdurre rigorose riforme, a cominciare dal progetto (un emendamento) di legge SAFE Banking Act, bocciato dal Senato. Il progetto puntava soprattutto a stabilire dei limiti di dimensione e d’influenza delle banche e le imprese finanziarie non bancarie, stabilendo che le singole banche non sarebbero autorizzate a detenere più del 10% del totale dei depositi degli Stati Uniti, imponendo dei limiti di leverage al 6%. Invece la montagna ha partorito il topolino con la legge Dodd-Frank, cioè un cauto e blando tentativo di regolazione di alcuni fenomeni macroscopici della speculazione, ma che non ripristina per esempio e di fatto la separazione delle attività di credito da quelle di pura speculazione introdotta nel 1933 dalla legge Glass-Steagall, così come non impone di fatto un limite di dimensionamento delle società finanziarie. Anche la regolazione del mercato dei derivati è un puro palliativo poiché non è possibile stabilire e soprattutto controllare effettivamente un tale mercato.
Tra le diverse componenti della finanza, a titolo esemplificativo, va almeno evidenziata quella che viene chiamata finanza ombra, le cui attività e dimensioni superano di gran lunga quelle delle società “legali”. Ed è proprio in tale settore che si specula soprattutto con i famigerati derivati, i quali fanno parte del portafoglio delle banche ma non sono registrati, per molti motivi, nei bilanci! Anzi, tale opacità favorisce la formazione di migliaia di società “veicolo” allo scopo appunto di veicolare fuori bilancio gli attivi. Questo genere di titoli speculativi complicatissimi sono fuori da ogni controllo e registrazione di borsa. Poi ci sono gli hedge funds, cioè letteralmente dei fondi di copertura gestiti da investitori istituzionali (fondi pensione, assicurazioni, ecc), i quali hanno, per la massa enorme di capitali che riescono a mettere in movimento, influenze sull’economia di paesi e continenti. Dei credit default swap ho accennato in un post di qualche giorno fa.
L’ideologia che sorregge il casinò globale è l’ideologia liberale, la stessa che è stata fatta propria, per esempio in Italia, anche dai partiti che un tempo si richiamavano al riformismo di sinistra e dove capi di governo, ministri e altre cariche istituzionali sono state occupate spesso da ex dirigenti bancari e industriali (Dini, Ciampi, Padoa-Schioppa, Prodi, ecc.) o da veri e propri avventurieri del business opaco (Berlusconi). Questa ideologia è diventata egemone in campo accademico e soprattutto a livello di propaganda di massa e i suoi modelli sociali di riferimento sono il vero pericolo e la causa della deriva politica e culturale italiana, europea, globale.
L'enorme espansione del capitale fittizio ha fatto svanire anche l'ultima traccia di qualsiasi rapporto con l'effettivo processo di valorizzazione del capitale (produzione) e consolidato l'idea assolutamente falsa che rappresenta il capitale come automa che si valorizza per se stesso. Il livello patologico di questo squilibrio, i rapporti finanziari truffaldini che nulla hanno a che fare con i reali bisogni sociali, è tale che il sistema è assolutamente fuori controllo e nessun contenitore legale riuscirà, semmai, a contenere con qualche efficacia la proliferazione di questo genere di attività speculative. Il sistema sta scavando la fossa per sotterrarci tutti sotto una valanga di bugie e d’illusioni.
Nessun commento:
Posta un commento