Se il motivo fondamentale della crisi libica è il controllo delle risorse petrolifere e la causa apparente la rivolta secessionista della Cirenaica, è sotto gli occhi di tutti che in tale quadro si sono rivelate delle manovre che la dicono lunga sullo stato dell’arte della competizione globale tra potenze: Ue, Usa e Cina.
Nel campo Ue la divisione è palmare: l’astensione dall’intervento diretto della Germania può avere più di un significato, non ultimo quello di un chiaro segnale a Sarkozy, ma solo apparentemente di un disinteresse tedesco, poiché Berlino è coinvolta in Africa non meno di altri contendenti. E anche l’Italia non è affatto contenta della piega presa dagli avvenimenti e non solo per via degli immigrati che sbarcano a Lampedusa tra il disinteresse degli altri partner europei. E del resto la Libia è centrale per gli interessi italiani che sono quelli che ci rimettono di più.
La Libia non è invece centrale per gli interessi americani nell’area e per il controllo dell’attiguo scacchiere mediorientale. Impegnarsi in un’ulteriore guerra terrestre è fuori discussione per il premio Nobel per la pace, ed è anche un buon motivo per dimostrare che senza l’intervento diretto degli Usa la Ue non ha la possibilità di intervenire in modo efficace in situazioni del genere anche a causa dell’impatto che una guerra terrestre avrebbe sull’opinione pubblica interna dei singoli paesi come la Francia o l’Italia.
La vicenda libica però è stata anche l’occasione per la Cina di dimostrare il suo livello di efficienza, di potenza, di mobilità e di decisione in uno scacchiere così lontano ed inedito. Oltre a rilevare, come ho già scritto in passato, la sua massiccia penetrazione in Africa e un po’ d’ovunque. In questa chiave, credo, debba essere letto il suo primo intervento operativo nel Mediterraneo con l’invio della fregata lanciamissili Xuzhou (classe Jangkai) in appoggio e di scorta per l’evacuazione di almeno la metà dei 30.000 (trentamila) cinesi presenti in Libia (quasi un terzo più degli italiani), uno sgombero realizzato con un’efficienza e una prontezza operativa (aerei, navi e autobus privati) che l’Europa e non solo l’Italia può solo ammirare. E questo non è stato – a sentire il maggiore generale Ji Mingkui – che un debutto! Chiaro che queste navi cinesi avrebbero bisogno di un appoggio logistico in un porto del bacino e chissà che Berlusconi non vada a baciare prima o poi la mano anche a Hu Jintao.
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