Scrivevo venerdì scorso che i regimi capitalistici hanno tutto l’interesse a sostenere l’impostura delle burocrazie totalitarie come negazione delle democrazie cosiddette liberali, e che il termine di “comunismo” non ha altra funzione se non come giustificazione ideologica qualsiasi, poiché tali regimi sono esattamente il mondo capovolto della comunità proletaria che vorrebbero essere. Pertanto la critica dei media rivolta a questo regimi non prende in considerazione la realtà dei fatti, ma solo gli aspetti utili alla propaganda borghese.
Capita così, per contro e come sempre, di dover leggere sulla stampa italiana articoli relativi alla Cina o a Cuba, i quali mettono in luce alcuni aspetti della situazione ma ne trascurano altri, non meno rilevanti. Ciò dipende ovviamente dall’orientamento ideologico e perciò dagli interessi che tali media rappresentano. Ma vi sono anche delle eccezioni, più apparenti che reali, come nel caso de Il Fatto quotidiano. Pur essendo economicamente indipendente, esso mantiene, su una vasta gamma di questioni, la stessa linea dei giornali padronali, con variazioni e sfumature in definitiva di scarso rilievo. Ciò dipende dal fatto che il suo successo editoriale sfrutta anzitutto una circostanza del tutto particolare, cioè la condizione politica vigente oggi nel nostro paese. Tale foglio, sfrondato del suo antiberlusconismo, denota in realtà un orientamento conservatore e contrario, non dico all’antagonismo politico di classe la qual cosa è pacifica, ma a ogni forma di autentica problematicità dei fenomeni che interessano la nostra società, limitandosi al consueto cazzeggio griffato.
Il Fatto quotidiano da qualche settimana, il venerdì, pubblica un inserto, Saturno, diretto dal simpatico Riccardo Chiaberge, già direttore del Domenicale de Il Sole 24ore, silurato l’anno scorso da quel grande esperto di vaticini che è Gianni Riotta (già da giovane studente di comunicazione aveva anticipato la morte di Johann Gutemberg e l’avvento dell’iPad). La scorsa settimana Saturno proponeva in prima pagina uno scritto di Liu Xiaobo, estratto dal suo libro Estetica e libertà dell’uomo. Ne ho già parlato qui e qui. Questa settimana chi lo desidera può gustare un altro piatto dello stesso menù, cioè un articolo di Antonio Armano dal titolo invitante: Cuba, in fuga dal regno di Fidel.
Nulla di nuovo, si parla e straparla dei dissidenti cubani, delle persecuzioni degli attivisti anticastristi e dello stato di povertà di Cuba. Si cita anche la fucilazione avvenuta nel 1989 del generale Arnaldo Ochoa, accusato e reo confesso di narcotraffico, ma secondo l’articolista (che non mancherà ovviamente di esibire pezze d’appoggio, se richieste) “tolto di mezzo perché troppo popolare”. Insomma un centinaio di righette che prendono spunto, come scrive Armano, da un libro, Adios Fidel, di due giornalisti dell’Avvenire.
“L’alternativa è sempre quella: emigrare o restare”, scrive l’articolista, il quale non dedica nemmeno un accenno al criminale embargo (criminale poiché coinvolge le condizioni di vita della popolazione) decretato dagli Usa e che dura ormai da oltre mezzo secolo. Al fatto che Cuba è stata una colonia degli Usa per sessant’anni con a capo dittatori come Machado e Batista. Che Ramon Grau San Martin, democraticamente eletto presidente, fu destituito con un golpe organizzato dagli Usa a causa delle sue politiche sociali.
Armano non si rende conto degli effetti devastanti di un simile embargo, specie per quanto riguarda gli alimenti, la cui produzione trova degli evidenti limiti nella geografia di un paese piccolo, tropicale, piovoso e ciclonico, sprovvisto di un adeguato parco macchine, e dove non è possibile produrre in tali condizioni climatiche il grano e l’orzo. Tuttavia a Cuba non si muore di fame e l’assistenza sanitaria è di ottimo livello.
Del resto prima del 1959 non si poteva parlare di un’agricoltura sviluppata, ma d’immense piantagioni sfruttate sulla base del lavoro manuale e animale che, in generale, non usava fertilizzanti né macchine. Le grandi fabbriche di zucchero erano proprietà dei nordamericani che possedevano aziende con più di centomila ettari di terra e altre raggiungevano le decine di migliaia. La situazione economica e sanitaria della popolazione urbana era infinitamente più precaria e miserevole di quella di oggi.
L’articolista cita la prostituzione presente in certi locali dell’Avana, ma dimentica di dire che l’Avana prima di Castro era un postribolo a cielo aperto e un crocevia di ogni traffico illegale, il buen retiro di ogni delinquente di rispetto. Avrebbe fatto meglio Armano ad occuparsi della situazione umanitaria ad Haiti, o delle crisi alimentari originate da fattori economici e cambi climatici. Dall’inizio dell’anno il prezzo del grano ha raggiunto livelli senza precedenti, mentre negli Stati Uniti, dove sono state raccolte 416mila tonnellate di granaglie nel 2009, 119mila sono state inviate alle distillerie di etanolo per produrre combustibile per le auto! Quei cereali bastavano per alimentare 350 milioni di persone per un anno.
L’enorme investimento degli Stati Uniti nelle distillerie di etanolo crea le condizioni per la concorrenza diretta tra le automobili e le persone, come anche in Europa, dove molti degli autoveicoli sono diesel ed esiste una domanda crescente di tale combustibile prodotto a partire dalle piante, soprattutto a partire dall’olio di colza e di palma. Questa domanda non solo riduce la superficie disponibile per produrre coltivazioni alimentari in Europa, ma inoltre accelera la distruzione dei boschi tropicali in Indonesia e in Malesia, a favore delle piantagioni produttrici di olio di palma.
L’umanità sta affrontando problemi seri e senza precedenti e gran parte delle soluzioni dipenderanno dalle grandi potenze, ma è palese a tutti coloro che vogliono vedere, che esse non sono in condizione d’affrontare tale situazione senza che crolli il sistema economico e sociale che hanno costruito a favore dei loro interessi e che inevitabilmente conduce al disastro. E invece Saturno si occupa assiduamente dei regimi che consentono di “soddisfare i bisogni primari rinunciando ai diritti civili”, ma non di quei regimi dove i bisogni primari, quali l’assistenza sanitaria, non sono soddisfatti e i diritti civili sono una farsa.
Pur essendo, insieme al Manifesto e a qualcosa di Liberazione, ormai l'unico quotidiano italiano ancora potabile - tutto il resto è di fatto illeggibile - la critica mossa al Fatto Quotidiano è fondata. Il Fatto è "di sinistra" solo per i berluscones prezzolati o idioti.
RispondiEliminaVa però detto che sul Fatto sono apparsi alcuni articoli antiliberisti, sparuti e radi, certo, tutt'altro che incendiari, ma non irrilevanti. E un'evidente antipatia per Marchionne e tutto ciò che egli rappresenta è palpabile nel giornale.
Certamente è poco, ma nelle condizioni attuali anche poco è meglio di nulla.
sì, d'accordo, cento penne cento teste, ma si tratta, quando c'è, pur sempre di una critica prevalentemente laterale. sul manifesto ci sarebbe da dire a lungo, dei suoi alti e dei suoi bassi e di tantissime altre cose, ma se non altro è un giornale di sinistra, qualunque cosa voglia dire oggi. insomma non ci potrebbe scrivere massimo fini
RispondiEliminaanche poco è meglio di nulla? su questo non ci piove