martedì 5 aprile 2011

Nel burrone



L’uomo che rappresenta Abu Ghraib e Guantanamo, l’occupazione dell’Iraq e la guerra in Afghanistan, a cui è stato assegnato il Nobel per la pace non appena eletto, ha annunciato che si ripresenterà per la gara delle presidenziali in America nel 2012. Nella sua prima campagna elettorale l'aristocrazia finanziaria e Wall Street, in particolare, gli garantirono un record di 779 milioni dollari in contributi, più del doppio del precedente record di George W. Bush nel 2004. Si tratta di più di 1.200 miliardi delle vecchie lire. Ora punta a superare il miliardo di dollari. Questa candidatura anticipata mira proprio ad accumulare il più velocemente possibile, spiazzando gli avversari, le “offerte” delle lobby economiche, le quali difficilmente possono sottrarsi all’obolo visto che mancano ancora 19 mesi alle elezioni e a bussare è il presidente in carica. Non è un ricatto, la chiamano strategia elettorale. Del resto basta che un qualunque cittadino o politico statunitense disponga di una cifra almeno pari a quella di Obama e può giocarsi la partita. Non è la dittatura di un’oligarchia, la chiamano democrazia.

La settimana scorsa a un raduno di suoi sostenitori Obama ha detto: “Noi non sono finiti, abbiamo ancora del lavoro da fare”. Per conto di chi non è difficile immaginare. Tutte le politiche di questa amministrazione hanno rappresentato una continuazione delle politiche di Bush. L'amministrazione Obama ha ampliato il salvataggio di Wall Street iniziato sotto Bush, dedicando tutte le risorse della tesoreria federale per il salvataggio delle banche e salvaguardando la ricchezza accumulata della élite finanziaria, quindi i tagli fiscali di Bush per i ricchi sono stati prorogati per due anni sempre con la benedizione di Obama.

Nei due anni e mezzo di Obama la redditività aziendale ha raggiungendo nel 2010 il livello più alto in assoluto, 1.680 miliardi dollari, in crescita del 36,8 per cento in un solo anno. I profitti sono aumentati 61,5 per cento dal punto più basso della crisi finanziaria del 2008.  Il rimbalzo del mercato azionario ha segnato prezzi fino al 70% dai minimi del 2008-2009, e 1.000 miliardi di dollari è stato il valore delle stock option nel solo 2010. In tutto questo grasso colerà anche qualcosa per i salariati, si è portati a pensare. E invece i livelli dei salari medi sono quantomeno stagnanti; per quelli che un salario ce l’hanno.

Totale: a pagare la crisi sono stati i “cittadini”. E del resto la democrazia americana ti offre questa scelta: Obama da un lato, oppure l’infuso vomitevole del Tea Party dall’altro. Ed infatti oggi i repubblicani che controllato la Camera dei rappresentanti presenteranno il bilancio per il 2012, il quale prevede tagli per l'incredibile cifra di 4.000 miliardi dollari di riduzione in programmi come Medicare, Medicaid e sicurezza sociale, cioè risorse vitali per decine di milioni di lavoratori anziani e poveri.

Per contro, sul fronte democratico, solo i parolai e gli allocchi della “sinistra” italiana, anche quella più “estremista”, potevano credere che Obama perseguisse una "riforma" sanitaria sul modello europeo, in realtà il suo obiettivo era di non fare delle cure mediche un diritto fondamentale per tutti gli americani, ma invece, con l’escamotage della “riforma”, di tagliare il costo della prestazione sanitaria, in modo di alleggerire dei costi sia lo Stato e sia le aziende.

Sulla situazione americana invito a leggere questo articolo di Joseph E. Stigliz su Vanity Fair.

1 commento:

  1. LA POLITICA,è L'OMBRA CHE IL POTERE ECONOMICO HA POSTO SULLA SOCIETA'.
    JOHN DEWEY


    Luigi 6

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