sabato 8 marzo 2014

Alunni distratti



«Ignote le cause del gesto». Un tempo questa frase, in cronaca nera, era accompagnata da un aggettivo: insano. Chi fa più caso alla follia della porta accanto? Del resto siamo assolutamente indifferenti a follie ben più gravide di conseguenze e che possono portare in un’escalation incontrollabile e a una guerra generalizzata.

È chiaro e provato che gli Stati Uniti e la Germania hanno istigato la crisi in Ucraina, con l'intenzione di provocare uno scontro con la Russia. La posizione di Washington non viene mai determinata da principi del diritto internazionale, ma dal calcolo degli interessi geopolitici ed economici degli Stati Uniti.

Nel 1992, dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, gli Stati Uniti e la Germania hanno premuto per la rottura della Jugoslavia. Gli Usa nel 1999 hanno fatto guerra contro la Serbia per garantire la secessione della provincia del Kosovo. In quel caso andava a fagiolo il referendum. Ora, invece, dopo il voto unanime da parte del parlamento di Crimea a favore della secessione dall'Ucraina per unirsi alla Federazione russa e la fissazione di un referendum sulla secessione per il 16 marzo, il referendum non va più bene al presidente Obama il quale ha dichiarato che lo svolgimento di una tale votazione sarebbe una violazione della costituzione ucraina e della legge internazionale.



Perfino un vecchio terrorista internazionale come Henry Kissinger, anch’egli premio Nobel per la pace (chi si ricorda più la vicenda del Cile e del generale René Schneider?), scriveva l’altro ieri sul Washington Post i propri dubbi in proposito: “Ma sappiamo dove stiamo andando? Nella mia vita ho visto quattro guerre iniziate con grande entusiasmo e sostegno pubblico, ma poi non sapemmo come porre fine a tre di questi conflitti, dai quali ci siamo ritirati unilateralmente. La questione è come finisce una guerra, non come comincia”.

Egli sa bene che “Anche dissidenti famosi come Aleksandr Solzenicyn e Joseph Brodsky hanno insistito sul fatto che l'Ucraina è parte integrante della storia russa e, anzi, l’Ucraina è Russia”. La Crimea è stata ceduta da Krusciov all’Ucraina all’epoca in cui l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche era suddivisa formalmente in 15 repubbliche. Si trattò di una cessione esclusivamente amministrativa, poiché la sua popolazione è di maggioranza russa (il 90% parla russo e il 30% conosce l'ucraino) e nessuno si sarebbe mai sognato di staccare la Crimea dalla Russia.

Gli Stati Uniti non sono alla ricerca di un compromesso con la Russia; sono loro, come detto, che hanno fomentato i disordini della destra fascista a Kiev. Ora essi vorrebbero che la Russia facesse una umiliante marcia indietro, e non è escluso che a causa di questa crisi o di una prossima crisi si rischi lo scoppio di un conflitto armato, dapprima locale e poi generalizzato.

La casualità e l’imponderabilità in queste faccende hanno il loro peso, non di rado decisivo. Ricordo ad esempio che il primo colpo di pistola che portò alla grande guerra europea del 1914-’18 non fu sparato a Sarajevo, ma in Libia ad opera degli italiani. Con tale aggressione, nel 1911, essi dimostrarono ai popoli sottomessi alla monarchia ottomana la debolezza, la decadenza e l’arrendevolezza dell’impero. Poco dopo, nel 1913, scoppiarono le guerre balcaniche, prodromo di ciò che seguì nell’agosto dell’anno dopo in un’escalation di ultimatum tra potenze nessuna delle quali disposta a fare un passo indietro, come sempre accede in simili frangenti.

Gli Stati Uniti stanno chiedendo niente di meno che l'accettazione da parte di Mosca di una Ucraina ostile che servirà come tappa per le forze militari USA e Nato per operazioni sempre più in profondità volte a smembrare la Russia (questo il vero obiettivo: divide et impera).

Resta il fatto che l’amministrazione Obama ha provocato una crisi che potenzialmente, se non oggi, domani, potrebbe portare a una collisione militare con conseguenze incalcolabili. In parte, la posizione assunta da Washington riflette la rabbia per i recenti avvenimenti, il supporto russo al regime di Assad in Siria e la decisione di Putin di fornire asilo a Edward Snowden. Entrambi i casi sono visti come espressione del rifiuto della Russia di accettare incondizionatamente l'egemonia globale degli Stati Uniti. Washington vuole un cambiamento brusco e permanente nel rapporto di forza tra sé e Mosca.


Anche se la guerra è scongiurata (si spera) in questo caso, gli eventi della scorsa settimana hanno dimostrato che una nuova guerra mondiale non solo è possibile, ma diventa sempre più inevitabile (non dimentichiamoci il teatro del Pacifico), a meno non si ponga fine al capitalismo e all'imperialismo quale sua espressione economica e politica. Ma questo è solo nel libro delle vane speranze. Scorrerà molto sangue prima che si arrivi ad un effettivo cambiamento. La Storia non può insegnare nulla ad alunni assenti o distratti.

13 commenti:

  1. Banalizzando per semplificare penso che il non far caso alla follia della porta accanto sia la naturale conseguenza della ferrea logica del profitto imperante che, per essere realizzato, necessita di individui sprezzanti e cinici pronti a fare mors tua vita mea. Non solo in economia ma in tutti i settori della vita finanche nell’amore.
    Stanno tentando di scatenare qualche guerra per eliminare un bella fetta di inutili schiavi dal pianeta, fare un po’ di pulizia, distruggere per riscostruire, rimescolare insomma il mazzo di carte.
    Così il capitalismo potrò ricominciare a prosperare per qualche altro decennio.
    Poi si comincerà a sterilizzare la masse fino ad una drastica riduzione degli abitanti del pianeta che, altrimenti, è semplicemente destinato a scoppiare. Ciao

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  2. Sono d'accordo con questa analisi: nessuno dalle parti della politica e dell'informazione mainstream spiega come mai il Kosovo avrebbe diritto all'indipendenza mentre la Crimea non potrebbe scegliere sul suo destino.

    In Ucraina ci sono 3 attori in campo: gli Usa- che premono per la divisione di quel paese già dai tempi delle "rivoluzioni arancioni"- la UE e cioè la Germania e ovviamente la Russia.
    In gioco ci sono gli equilibri geostrategici ed economici dei prossimi anni: è una nuova puntata del "grande gioco" o della guerra già iniziata da tempo per accaparrarsi le risorse naturali. Il gas in questo caso, visto che dall' Ucraina passano i tracciati dei gasdotti che portano questa risorsa fondamentale da est a ovest.
    Sullo sfondo c'è la Cina che al momento osserva apparentemente senza fare contromosse, mentre gli Usa- dopo i disastri mediorientali- giocano a fare allargare sempre di più la Ue scommettendo sulla sua implosione.

    Unico assente in questo contesto un soggetto che una decina di anni fa era definito come "grande potenza", il movimento pacifista. Da allora quel soggetto non solo non si è più rialzato ma in Italia altro non ha fatto sedersi a fianco di chi governava o nel migliore dei casi a fare della retorica inoffensiva...

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    1. i pacifisti, mai frequentati nemmeno nei loro tempi migliori (i cattolici ... e c'erano i cristiani per il socialismo !!!, e altri deliri)

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  3. io frequentandoli speravo che qualche tipo di collegamento tra crisi del capitalismo e guerra si potesse fare: mi sono accorto presto che era una causa persa.... Non parliamo poi del No Dal Molin che pure ho frequentato alle manifestazioni, praticamente tutte, e ad alcune assemblee: "difendiamo la madre terra" e per carità guai a chi parla di imperialismo...

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  4. Veramente un bel post. Succinto, essenziale, icastico.
    L'ho pubblicato sul mio profilo facebook.

    Cordiali saluti

    Luigi

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    1. ah no, scusa forse ho sbagliato luigi, l'ho capito dai saluti. l'altro luigi manda i saluti ROSSI (cazzo)

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    2. Cara Olympe, io sono il Luigi..."storico" di questo blog, ricorda (nel senso di primo con tale nome)?
      Ho avuto la fortuna di iniziare a leggere questo blog, quasi subito dalla sua nascita.
      La lettura dei tuoi post, è stata interessante, istruttiva e appassionante.
      Bene, continua così, finchè ne avrai.

      Ti saluto

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    3. fa piacere avere lettori storici. grazie e molti saluti

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  5. Roma, 8 mar. (Adnkronos) - La crisi in Ucraina, per ora, non mette a rischio le forniture di gas ma, la dipendenza energetica dell'Italia dalla Russia, come da altri Paesi fornitori, desta comunque qualche preoccupazione per il futuro. Lo sostiene l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni in una intervista alla 'Stampa'. "Per quest'anno, anche grazie alle temperature molto miti in tutta Europa, - afferma Scaroni - mi sento di escludere che la crisi dell'Ucraina abbia effetti sulle forniture di gas ma certo, se la tensione durerà, ho qualche preoccupazione per il prossimo anno".

    "Il sistema di approvvigionamento dell'Italia ci consente di superare con qualche costo aggiuntivo la crisi di uno dei nostri fornitori, - sostiene Scaroni - ma se dovesse mancarne anche un altro i problemi sarebbero seri. E in ogni caso, proprio alla luce di questa crisi, l'Europa dovrebbe ripensare la sua strategia energetica". Tuttavia, l'instabilità in Libia e in Algeria creano ulteriori preoccupazioni per gli approvvigionamenti di gas.

    Per Scaroni comunque, la strategia energetica europea andrebbe cambiata "creando una figura che prenda in carico tutto il tema dell'energia. Ma prima di tutto l'Europa dovrebbe prendere atto che un continente dove l'energia costa il triplo che negli Usa ha un futuro difficile e dunque bisogna intervenire urgentemente" e le alternative per l'ad di Eni vanno cercate nel shale gas (il gas di scisto) e nel nucleare: "in questa situazione non bisogna lasciare nulla di intentato", commenta Scaroni.

    P.S: Come chiamare questa gente se non...sciacalli. E vengono pure pagati profutamente.

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