martedì 14 gennaio 2014

A pelar patate



Non siamo ancora stanchi di dar retta alle chiacchiere sulla legge elettorale, il rimpasto ministeriale, le dichiarazioni a getto di questo e di quello, il referendum in rete, eccetera? Occupiamoci di cose più serie. Sapete come si sbuccia una banana? E un uovo sodo? Francamente, sono operazioni che presentano una qualche difficoltà, ci vuole conoscenza e perizia per riuscire bene. Fortuna che Repubblica ha pensato all'istruzione.

Ah, dimenticavo. Come far bollire l’acqua senza che trabocchi? Non ci avevate mai pensato, vero?

*



Ha ragione Malvino quando sostiene che i grandi delinquenti del passato usavano l’arte e la letteratura per celebrare se stessi e legittimare il proprio potere. Tuttavia, in genere, era gente coltivata, di buon gusto e che perciò sapeva distinguere tra il brutto e il bello, sapeva scegliere il meglio.

Non solo i maschietti celebri, ma anche le donne dell’alta società, come Cecilia Gonzaga, Ippolita Sforza, Caterina Sforza, più tardi Isabella d’Este, sua sorella Beatrice d’Este e la loro cognata Elisabetta Gonzaga, conoscevano a fondo i classici, erano capaci di comporre in latino e in greco, informate della letteratura contemporanea, non soltanto del loro paese, e avevano qualche cognizione dei vari rami delle scienze e dell’arte, conoscevano la danza e la musica e sapevano suonare qualche strumento, insomma possedevano una vastità d’interessi e di cultura molto più estesi di qualsiasi donna alto borghese di oggi.

Ippolita Sforza a dodici anni stupiva Pio II, ospite del padre, recitandogli un’orazione latina composta da lei; Cecilia Gonzaga a otto anni leggeva e scriveva in greco e latino; Caterina Sforza a dieci anni recitò versi latini per dare il benvenuto al cardinale Riario; Elisabetta Gonzaga cantava i versi di Virgilio accompagnandosi sul liuto, e Isabella d’Este leggeva giovanissima Virgilio e Cicerone, continuando i suoi studi classici anche quando diventò marchesa di Mantova.

A tale proposito, scriveva Julia Mary Ady (*) nel suo Le donne del Rinascimento italiano:

“Con le loro cognizioni intellettuali, la loro cultura delicata, il loro gusto sopraffino, le nobili donne del rinascimento portarono l’arte in stretto contatto con la vita; e con la loro bontà e la loro simpatia, rallegrarono l’anima degli artisti che lottavano per avanzare verso la luce, aiutandoli a produrre opere immortali. C’è da domandarsi se la posterità potrà dire altrettanto delle donne del nostro tempo” (**).

Da notare che mrs. Ady scriveva queste parole alla fine dell’Ottocento. Che direbbe oggi?

Insomma, per i ricchi e potenti d’allora, oltre alle cacce al cervo, le recite teatrali e i balli, l’istruzione classica era il principale ornamento tanto dell’uomo che della donna. 

Oggi, sostiene sempre Malvino, ci sono solo parassiti, gentaglia. Analfabeti a tutto tondo, soggiungo. La grande bellezza non esiste più se non come réclame, quella più dozzinale.


(*) Da non confondere con un’altra e più nota storica del Rinascimento: Cecilia Ady (1881 – 1958), figlia di Julia (1851 – 1924).


(**) Sulla bontà delle donne del Rinascimento è il caso di segnalare qualche eccezione, come nel caso di Caterina Sforza e i modi non proprio delicati con i quali fece eliminare le famiglie dei congiurati che avevano assassinato il suo secondo marito.

4 commenti:

  1. Di Cecilia Ady si ricordano gli splendidi studi sui Medici di Firenze e - questo tuttora insuperato - sui Bentivoglio di Bologna.

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  2. A proposito di gusti e di cultura:

    Caravaggio, Tiziano e Rembrandt: i capolavori prendono vita
    http://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/caravaggio-tiziano-e-rembrandt-i-capolavori-prendono-vita/152550/151057?ref=HRESS-21

    Al minuto 3,02 c'è anche il tuo logo che si muove!
    ciao,gianni

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    1. grazie. c'è molto Bouguereau, un giorno lo rivaluteranno, non certo la gentaglia odierna

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  3. non posso non pensare al povero Luigi Miraglia nel suo esilio romano

    michael

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