venerdì 31 gennaio 2014

Il decretino Bankitalia


(dal blog di Grillo)



Ieri sera ho assistito alla trasmissione del dott. Santoro Michele, Servizio pubblico. Presenti due esponenti parlamentari del M5S, i quali dovevano chiarire i motivi dell’ostruzionismo alla camera su un certo decreto nel quale si prevede, secondo i suddetti esponenti, un “regalo di 7,5 miliardi alle banche” (oltre a una sanatoria edilizia per gli immobili pubblici da alienare).

L’atteggiamento del conduttore della trasmissione nel merito della questione m’è parso eloquente e dice molto della caratura professionale di questi showman sui temi economici. Ad ogni buon conto ha cercato di supplire un giornalista economico de Il Sole 24 ore, il quale però, pur dicendo delle cose sostanzialmente esatte, non è riuscito a essere chiaro, come spesso accade allorquando si tratta di questioni di vile denaro.

Non era difficile spiegare, in breve, quanto è successo con il decreto 30 nov. 2013 convertito in legge ieri, e però ho la sensazione che pochi telespettatori (nel paese di don Matteo, 29% di share) abbiano effettivamente compreso il meccanismo del decreto, tantomeno per come hanno esposto la cosa gli esponenti del M5S. Tento di fare un po’ meglio.

Che cos'è la democrazia?


Secondo i dati forniti dal rapporto dell’Oxford Commitee for Famine Relief il reddito annuale delle 85 persone più ricche del pianeta è pari a quello di 3,5 miliardi delle persone più povere. Se questi numeri possono fare sensazione, un altro paio di dati sono forse ancor più eloquenti: l’uno per cento della popolazione ha un reddito 65 volte il totale della ricchezza di metà delle popolazione mondiale più povera, e ad ogni modo si tratta di quasi la metà della ricchezza mondiale complessiva.

Negli Usa, l’1% dei più ricchi ha intercettato il 95% delle risorse a disposizione dopo la crisi finanziaria del 2009, mentre il 90% della popolazione si è impoverito. Senza dimenticare che circa 50 milioni di residenti americani sopravvivono grazie ai food stamps, tenuto conto che i programmi federali di assistenza alimentare raggiungono solo un terzo della popolazione anziana bisognosa.

giovedì 30 gennaio 2014

Ineluttabilmente


Le parole non servono più, non bastano. Non abbiamo a che fare solo con dei cialtroni e dei corrotti, ma con un intero sistema che in qualunque modo si voglia denotare si resta nel generico, nell’indeterminato, al massimo nell’invettiva. Nella crisi del processo di valorizzazione, che non reclama solo tagli di welfare e di salari, ma una ristrutturazione profonda e senza precedenti dell’assetto produttivo in ordine alla divisione imperialistica del lavoro sul piano mondiale, possiamo toccare con mano la marginalità e anche la pochezza intellettuale degli avventurieri che reggono la politica nostrana.

La dimostrazione viene dal fatto che la più grande industria meccanica italiana può cambiare nome e portare le proprie sedi all’estero senza che s’alzi paglia. Del resto siamo all’esito di ciò che si preparava da lungo tempo, con una ben orchestrata manovra di distrazione o di silenzio da parte dei media.

mercoledì 29 gennaio 2014

Rivoluzione


Ho letto con interesse, e come capita spesso anche con divertimento, questo post del mio amico Luca. Di là dello scherzo, provo a rispondere, con la mia aria seriosa, vaticinante e propedeutica, alla sua arguta provocazione.

Premetto di non avere idee definitive quasi in nulla, figuriamoci in merito alla rivoluzione prossima ventura, anche perché il tema della rivoluzione è stato per troppo tempo oggetto ideologico di cui s’è fatto molteplice (ab)uso.

martedì 28 gennaio 2014

L'antico germe


Nei tempi di crisi si assiste, come fatto naturale, a una polarizzazione tra le classi sociali, tra predatori e predati, poiché la questione decisiva diviene sempre più quella su chi deve subire le conseguenze della recessione e della cosiddetta globalizzazione. È questa l’ennesima conferma che viene dalla vicenda paradigmatica di Elettrolux, così come da tante altre situazioni. È ben noto, tuttavia, che di questo stato di cose non importa seriamente a nessuno, tranne, di volta in volta, ai diretti interessati.

Questo mutamento di mentalità è legato senz’altro a fenomeni di natura economica, laddove è prevalsa l’idea che il diritto al consumo secondo gerarchia, ossia della privazione divenuta più ricca, corrisponda a una legge di natura e sia il massimo risultato consentito al quale possa ambire lo schiavo salariato. Un mutamento di mentalità e di atteggiamenti diffuso non solo tra le nuove leve, in genere anarcoidi, qualunquiste, etiliche, sottoconsumistiche a bischero sciolto, fanatici dell’Apocalisse, nietzcheani di “destra” e di “sinistra”, ma riguarda anche le generazioni più anziane.

Anticapitalismo e marxismo


Molti dei sedicenti “anticapitalisti” sono disposti a mettere in discussione singoli risultati del modo di produzione capitalistico, per esempio certi fenomeni di mercato e di cleptocrazia, ma non i suoi presupposti fondamentali, poiché ciò metterebbe in discussione i loro stessi interessi di classe.

Penso alle subdole correnti politiche dei rosso-bruni, molto diffuse e ben dissimulate anche in siti internet apparentemente di “sinistra”. Sono tutti, almeno a parole, accomunati da una medesima parola d’ordine: l’anticapitalismo! È facile opporre l’osservazione che anche il nazionalsocialismo, a parole, era anticapitalista; come tali si dichiarano esplicitamente anche i camerati neofascisti di “Terza posizione” (né comunisti e né capitalisti), i quali si richiamano a figure antiplutocratiche come quelle di Ezra Pound.

lunedì 27 gennaio 2014

Il Papa della porta accanto


Questa mattina, a distanza di più di trent’anni, stavo rileggendo alcune pagine di Bachtin in Rabelais e la cultura popolare, nelle quali si dicono molte cose interessanti e originali a proposito del carnevale e delle feste nel Medioevo e nel Rinascimento. Feste che noi non siamo più in grado di comprendere nei loro significati autentici e profondi, basti pensare che il carnevale non conosceva distinzioni tra attori e spettatori, e ad esso non si assisteva, e soprattutto va sottolineato che in tale periodo era impossibile sfuggirvi poiché non esisteva altra vita che quella carnevalesca, ed era dunque una festa dell’insieme del popolo e senza alcun confine spaziale. Viceversa, per noi oggi le feste sono il prodotto di una concezione e condizione miserabili, piegate agli scopi pratici del grande consumo e al bisogno fisiologico di riposo periodico.

Scrive Bachtin che il carnevale non era una forma artistica di spettacolo ma piuttosto una forma reale della vita stessa, che non era semplicemente rappresentata sulla scena, ma che era in un certo qual modo vissuta. I buffoni e gli stolti sono i personaggi caratteristici di questo genere di feste e dunque della cultura comica medievale. “Costoro – scrive – sembrano essere dei portatori permanenti, consacrati, del principio del carnevale nella vita comune (non carnevalesca)”. Non erano degli attori che recitavano sulla scena il personaggio del buffone e dello stolto, essi rimanevano stolti e buffoni in tutte le circostanze della vita, “e come tali erano portatori di una forma particolare di vita, reale e ideale nello stesso tempo. Essi erano ai confini tra la vita e l’arte (in una specie di sfera intermedia): non erano semplicemente dei personaggi eccentrici o stupidi, né attori comici.

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domenica 26 gennaio 2014

Non fatevi distrarre


Leggendo nei giornali e anche in rete le note dei vari commentatori a proposito della nuova legge elettorale, si evince che l’unico aspetto in cui si concentri effettivamente l’attenzione sia quello, per così dire, di ordine algebrico. Nel senso che non si parla d’altro che di numeri, ossia di premi di maggioranza e di soglie di sbarramento, di convenienze e di opportunità.

È davvero paradossale che un tema fondamentale sia invece ignorato, dando per scontato che l’esito delle urne corrisponda senz’altro alla volontà popolare e sia rappresentativo della società. Si tratta della solita mistificazione di questo tipo di democrazia, una mistificazione provata dal fatto che questa repubblica, che si afferma solennemente fondata sul lavoro, escluda proprio il lavoro, la classe degli operai e dei salariati, dalla partecipazione diretta nelle istituzioni e all’esercizio del potere.

venerdì 24 gennaio 2014

Imperialismo spietato


L’Ucraina è a due passi da casa nostra, vaso di coccio tra vasi di ferro. Di quanto vi sta succedendo, non da oggi, ci frega poco, anzi, non c’importa nulla. Siamo gente che bada ai fatti propri, che non s’impiccia oltre l'orizzonte del proprio orto. Invece in Francia e in Spagna, per non dire dell’Inghilterra, la politica estera ha tutt’altro peso, per via della antica tradizione imperiale e coloniale. La Germania se ne occupa perché è la potenza egemone in Europa, è essa stessa l’Europa.

Possibile che una metà dell'Ucraina scenda in piazza subendo la polizia perché vuole entrare in Europa e l’altra metà si opponga perché vuole restare agganciata alla Russia? Evidentemente la questione è un po’ più complicata, ma nell’essenziale è proprio così. Noi vorremmo, se possibile, uscire dalla tenaglia europea dell’euro, loro, invece, ossia mezza Ucraina, è sull’orlo della guerra civile perché vuole entrare nella sfera d’influenza della UE e degli Usa.

Ritratto di protagonisti


Benché settantenne e dopo aver occupato quasi senza interruzione la scena pubblica, egli riesce a rimanere una novità e a suscitare tutte quelle speranze che di solito si accentrano su un giovane promettente e alle prime armi. Egli è già con un piede nella fossa, eppure si ritiene che non abbia ancora iniziato la sua vera carriera.

Se non è un buon statista tutto fare è almeno un attore buono per tutte le parti. Ha successo nel genere comico come nell’eroico, nel patetico come nel familiare, nella tragedia come nella farsa, benché quest'ultima è forse la più congeniale alle sue inclinazioni. Non è un oratore di prim’ordine, ma un polemista provetto. Dotato di memoria prodigiosa, di grande esperienza, di tatto consumato, di presenza di spirito infallibile, di signorile versatilità e della conoscenza fra le più minuziose dei trucchi parlamentari, degli intrighi, dei partiti e degli uomini, tratta i casi difficili in modo ammirevole e con gradevole leggerezza, senza mai perdere di vista i pregiudizi e la suscettibilità del suo pubblico; la sua cinica impudenza lo mette al riparo da ogni sorpresa e il suo abile egoismo da ogni auto confessione; mentre la frivolezza innata, la perfetta indifferenza e l’aristocratico disprezzo gli impediscono di abbandonarsi alle passioni.

giovedì 23 gennaio 2014

Il monarca repubblicano


Chiamiamo auree quelle età che di oro non ne avevano affatto.

*

C’è un solo aspetto palesemente diverso tra il potere attuale e quello dei secoli passati. Oggi è anonimo, non si espone quasi mai in prima persona e lascia esibire sulla scena delle mediocrità assolute nel ruolo fittizio di potenti.

Che cosa sappiamo noi, anime comuni, di chi è a capo di quelle 140 società che controllano quasi la metà dell’economia mondiale, e dell’ancor più sparuta schiera dei più grandi attori multinazionali che esercitano un controllo effettivo dieci volte maggiore di quello che ci dice la loro patrimonializzazione?

I politici vengono e vanno, come nuvole estuose al vento, ma i grandi e autentici proprietari del mondo, senior o junior, non li smuove niente e nessuno. È la nuova aristocrazia, quella del denaro. Che poi tanto nuova non è affatto. E che cosa c’è di più democratico e universale del denaro?

*

Ladri, ladruncoli e bugiardi


Vi ricordate gli agentes in rebus di Befera sguinzagliati su per i monti a caccia di evasori? Ebbene, lo stesso Befera, nel corso di una recentissima audizione in Commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria, ha dichiarato che lo Stato non potrà riscuotere tutti i crediti accumulati negli ultimi 15 anni. Si parla di 545 miliardi di euro, una cifra che avrebbe potuto ridurre il debito pubblico di un quarto, cioè portarlo sotto la soglia del 100% del Pil. Se non potrà riscuoterli tutti, quanti crediti pensa Befera possa recuperare invece lo Stato? “Dei 545 miliardi, è possibile che ne rientri una parte residuale e minima, pari al 5%-6% del totale, quindi tra 27,2 e 32,7 miliardi”. Troppo ottimista. E tuttavia o mente ora o mentiva nel settembre 2012, quando dichiarava al Sole 24ore: “Mediamente si parla di 110-120 miliardi d’imposte evase l'anno. Da quando sono direttore dell'agenzia delle Entrate ne avremo recuperati circa 40 miliardi”. Da alcuni interventi, ha aggiunto, «la sensazione è che siano stati presi i 40 miliardi ai cittadini onesti mentre l'evasione sia rimasta tale e quale. Non credo sia questa la realtà”. Nemmeno noi crediamo alla realtà costruita sulle ipotesi di Befera, il quale per raccontarcela guadagna più di Obama.


mercoledì 22 gennaio 2014

È la stampa, caro elettore, e tu non ci puoi fare un cazzo


La produzione di massa, lasciata in mano al capitale, produce disoccupazione di massa.

*

Avanti con le chiacchiere continue ed estenuanti sulla legge elettorale, perché è in forza a questa che poi le cose cambieranno, in meglio ovviamente, come sempre. Il resto non conta o vale poco. Per esempio, per quale motivo si dovrebbero privatizzare le Poste, sono in perdita? Macché, sono in attivo, perciò le vogliono svendere. Un migliaduccio e mezzo di attivo, e poi le poste italiane sono presenti in Cina nei settori finanziario, assicurativo, postale e nel mercato del trasferimento del denaro. Piatto ricco mi ci ficco, e vai con le “aperture al mercato”.


martedì 21 gennaio 2014

L'originale


Si chiacchiera e si scrive:

Matteo Renzi non poteva non tentare l’accordo con Silvio Berlusconi. Sappiamo che la cosa irrita o più propriamente stomaca molti, ma il Decaduto resta padrone di uno dei primi tre partiti italiani, piaccia o meno.

Piaccia o no, fanno finta di non aver capito ancora chi è Berlusconi! Al primo e soprattutto al secondo turno prometterà ciò che qualunque altro protagonista politico non potrà permettersi di offrire pena l’incredulità e il ridicolo. Lui invece potrà dire ciò che vuole, non ha tema dell’incredulità e del ridicolo, anzi, più le spara grosse e più lo votano, è un dato incontestabile da vent'anni. 


Aiutiamo la ricerca



Se doveste scegliere un aggettivo, insomma una parolina, una sola, per definire il presente in cui viviamo, quale scegliereste? Non rispondete subito, non siate troppo immediati e scontati con le similitudini, impegnate un po’ la fantasia, non limitatevi ad aggiungere alle altre anche la vostra badilata di ovvio. Per beccare il premio dovete impegnarvi, grattarvi la testina con il ditino, tenendo presente la vecchia regola del Mike: è la prima risposta che conta. Con una differenza, che in questo caso non avete limiti di tempo per pensarci e rispondere. L’intuizione, la folgorazione, può arrivarvi in qualsiasi momento, senza fretta, per la strada, in viaggio, oppure sul posto di lavoro, se ne avete uno; o anche a casa, purché evitate, se possibile, di rispondere quando siete seduti nella stanza più piccola, per non farvi suggerire dalle circostanze. Mi permetto un paio di consigli: non rispondete mai a televisore acceso, anche se fosse a volume spento, in ogni caso sareste precipitosi, poco catartici; prendete qualche appunto, fate una lista, rileggetela con calma, poi, il giorno dopo, ricominciate. Insomma, fate voi, a piacere, con calma, con il gusto di scegliere la pallottola giusta, quella che stende, ma mi raccomando: ispirati come non mai.

lunedì 20 gennaio 2014

E allora, qual è il problema?


S’era mai visto nei cosiddetti “secoli bui” che gli Stati finanziassero le banche, ovverosia i banchieri? Tutt’altro, erano questi ultimi a finanziare gli Stati, nella persona dei loro sovrani. Altrimenti le case magnatizie dei Bardi e dei Peruzzi, le “due colonne della cristianità”, come sarebbero potute andar fallite? Il re d’Inghilterra concedeva la possibilità d’importare lana dal suo paese per la felicità dei mercanti fiorentini, e i banchieri finanziavano le spese della monarchia inglese per far la guerra alla monarchia francese (la famosa guerra dei cento (e passa) anni, altro che le scaramucce di oggi), peraltro ricavandoci un interesse che neanche il commercio della cocaina. Fino a quando il re disse loro: no money. Una dimostrazione storica di come il re debitore, ossia il debito sovrano, poteva dichiararsi insolvente alla faccia dei lanaiuoli toscani, cioè di gente assai più tosta finanche dei birrai tedeschi.

Il Duca di Firenze


Un tempo a Firenze viveva un Granduca che quand’era molto giovane, con un bluff, riuscì da semplice cittadino a conquistare il potere assoluto mettendosi in tasca dei marpioni del calibro del Gucciardini e Filippo Strozzi. Anzi, di lì a poco Gucciardini dovette ritirarsi e scrivere le sue Storie fiorentine e lo Strozzi finì i suoi giorni suppliziato per ordine dello stesso giovanotto che egli aveva nominato Duca. Ma andiamo con ordine.

Nel 1537, proprio mentre a Firenze nessun ostacolo sembrava frapporsi al ristabilimento del potere repubblicano dopo l’epopea medicea (quella del ramo principale), sembrando essere quella l’unica e la più naturale soluzione possibile, ai quattro principali senatori, vale a dire Gucciardini, Strozzi, Valori e Acciaiuoli, si presentò un giovane di belle speranze e la parlantina sciolta, il quale, con un artificioso contegno di umiltà, si offrì di farsi nominare Duca lasciando però tutto il potere nelle mani del Consiglio. Lo Strozzi conosceva bene quel pischello di 17 anni e mezzo, figlio di quella dama, nipote di Lorenzo il Magnifico e vedova di Giovanni dalle bande nere, che poco tempo prima gli aveva chiesto e ricevuto aiuto per risolvere i suoi molti debiti.

domenica 19 gennaio 2014

Il lato B del capitalismo


Ciò che i padroni non sono assolutamente disposti a concedere,
è che i profitti possano essere spartiti con gli schiavi che li hanno prodotti.
Lo reputano un fatto ingiusto e innaturale,
così come un tempo apparivano naturali
altri tipi di disuguaglianza sociale.


Nel post precedente ho descritto, con degli esempi semplici, come le condizioni di vita generali e segnatamente quelle delle classi subalterne risultino oggi, rispetto a secoli precedenti, incomparabilmente migliori. Si tratta dell’aspetto più positivo dello sviluppo economico e sociale quale portato del modo di produzione capitalistico nelle aree di più antica industrializzazione. In questo post, invece, intendo riferirmi dapprima a come tutto ciò sia avvenuto incidentalmente, ossia sostanzialmente come tendenza necessaria del capitale e non come scopo scientemente e globalmente perseguito, e poi accennare a come le stesse leggi di tendenza, a questo grado di sviluppo capitalistico e nonostante certe apparenze, frenino e ostacolino lo sviluppo tecnologico e scientifico della società.

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sabato 18 gennaio 2014

Divagazioni di paleopatologia




Preciso subito che di paleopatologia non so un tubo, il titolo roboante e impegnativo serve solo a far scappare i lettori pigri. Considero la pigrizia il peggior difetto intellettuale di una persona, dopo quello della disonestà. Mi commuovo ancora al ricordo, rinverdito dalle repliche su RaiStoria, dei vecchietti ottuagenari seduti ai banchi del maestro Alberto Manzi. Noi oggi tendiamo a dimenticarci dei grandi vantaggi di cui godiamo rispetto alle generazioni passate. In tempo reale, con il nostro computer, possiamo accedere a libri resi disponibili in rete dalle più grandi biblioteche del mondo, frugare negli archivi pubblici, come quelli americani (su questo, tanto di cappello). Possiamo avere in prestito un libro in pochi giorni tramite un circuito di prestiti sempre più vasto, regionale o tramite le biblioteche universitarie e nazionali, oppure scendere sottocasa e acquistare in libreria. Alcune di queste possibilità solo alcuni decenni or sono non esistevano o erano molto ridotte e circoscritte, un secolo fa semplice utopia. Senza la stampa Martin Luther non avrebbe potuto diffondere in migliaia di copie il suo Appello alla nobiltà cristiana della nazione germanica, e senza di esso non ci sarebbe stato il movimento che va sotto il nome di Riforma, quindi non vi sarebbero state le guerre di religione, ma la strada verso la modernità passò anche su quei campi di battaglia. Hai voglia scrivere a mano bolle di scomunica!

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venerdì 17 gennaio 2014

A sua insaputa





Si chiamerà Francesco, come il padre?

No, non c'è speranza


A loro spiace ammetterlo, soprattutto a coloro che in gioventù hanno vagheggiato, per un breve periodo, a quella che ora chiamano “utopia” o anche peggio. Non vogliono ammettere che questo sistema non è soggetto politico e sociale che si possa riformare nell’ordinario, ed è inutile che Massimo Cacciari faccia l’elenco delle cose necessarie e anzi indispensabili, richiamando l’urgenza del federalismo, vuoi in salsa tedesca o alla tartara.

mercoledì 15 gennaio 2014

Non è la congiuntura, è il capitalismo, teste di cazzo

Nei primi undici mesi del 2013 i lavoratori che hanno presentato la domanda per sussidi di disoccupazione e mobilità sono 1.949.570, si è così accentuato il passaggio da cassa integrazione a disoccupazione: nei primi 11 mesi del 2013 sono arrivati circa 1,95 milioni di domande di Aspi e mobilità con un aumento del 32,5% rispetto alle domande di disoccupazione presentate nello stesso periodo del 2012. La recessione del 2012-2013 ha causato una contrazione complessiva del Pil del 4,2%.

Catene invisibili


Che il lavoro salariato sia una forma di schiavitù, sebbene non più in catene, è un fatto che nemmeno gli economisti borghesi più onesti mettono in discussione, ammesso che oggi se ne trovino (*). E tuttavia il lavoro, sebbene comune a tutte le epoche, ha caratteristiche differenti in ogni epoca storica. Laddove si neghi questo fatto è per favorire una concezione delle categorie dell’economia politica fuori e sopra la storia.

Per venire all’attualità, ciò che distingue il modo di produzione capitalistico è lo sfruttamento della classe operaia per mezzo del lavoro salariato. E questa forma di lavoro fa la differenza rispetto alle altre forme di sfruttamento, poiché contiene in germe le condizioni oggettive per il superamento della società di classe.

martedì 14 gennaio 2014

A pelar patate



Non siamo ancora stanchi di dar retta alle chiacchiere sulla legge elettorale, il rimpasto ministeriale, le dichiarazioni a getto di questo e di quello, il referendum in rete, eccetera? Occupiamoci di cose più serie. Sapete come si sbuccia una banana? E un uovo sodo? Francamente, sono operazioni che presentano una qualche difficoltà, ci vuole conoscenza e perizia per riuscire bene. Fortuna che Repubblica ha pensato all'istruzione.

Ah, dimenticavo. Come far bollire l’acqua senza che trabocchi? Non ci avevate mai pensato, vero?

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lunedì 13 gennaio 2014

L'etica di che?



È etico lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo? Eppure ciò avviene da migliaia di anni, a ogni ora del giorno, sotto i nostri occhi, nelle forme più varie, distillando sudore, sofferenza, ingiustizia, alienazione. Spesso l’oggetto di sfruttamento siano noi stessi (ovvio che non mi riferisco qui al lavoro sociale come mero scambio di prestazioni necessarie e utili). Molte delle forme in cui avviene oggi tale sfruttamento non solo sono considerate assolutamente pacifiche e legali, ma non sono percepite comunemente come contrarie all’etica.

Siamo pronti a ripudiare la condizione nella quale era considerato e tenuto l’antico schiavo, poiché egli non era “libero” e la sua esistenza totalmente dipendente da un padrone. Per contro, il salariato moderno non è forse un uomo libero, cittadino con pieni diritti davanti alla legge uguale per tutti? Ed è proprio tale uguaglianza a nascondere la più grande mistificazione della società borghese.

domenica 12 gennaio 2014

Il cerino


Berlusconi non è più a palazzo Chigi da oltre due anni, eppure dopo un governo dei tecnici pasticcioni (confusione sui contratti, riforma pensionistica iniqua sotto molti aspetti e che ha creato gravi problemi a centinaia di migliaia di cosiddetti esodati) e con l’attuale governo d’incapaci e di veri e propri idioti, la situazione sta nei numeri ufficiali, inesorabili: 10 milioni di poveri, 12,5 per cento di disoccupati (percentuale che sale a oltre il 20 per cento nel Sud, superiore del 40 per cento quella dei giovani a livello nazionale), crollo inarrestabile dei consumi (non dei beni di lusso, ovviamente), sforato il 130 per cento di debito sul Pil, chiusure in massa nel commercio al dettaglio e moria di piccole aziende, confusione massima sull’ex Imu, sprechi ovunque, sfiducia come mai prima d’ora. Solo il differenziale obbligazionario dei tassi nostrani con quelli tedeschi s’è ridimensionato, per due motivi principalmente: l’enorme prestito Bce alle banche (che dovrà essere restituito, sia chiaro) che così hanno acquistato Bot e Btp, e la risalita del tasso dei Bund. Massimo un anno e anche il famoso spread tornerà a livelli precedenti e forse anche superiori, nonostante la tanto decantata deflazione.

sabato 11 gennaio 2014

Povertà e ricchezza non sono casuali


Nel film di Sergio Leone, C’era una volta in America, vi è una scena, girata nella nursey di un reparto neonatale, nella quale avviene, da parte della gang, uno scambio tra i neonati nelle culle. Ai bimbi, inoltre, è tolto il cartellino con il numero d’identificazione. Alla casualità della nascita si aggiunge così l’arbitrio di questi scellerati. Ed è sintomatico di questo fatto proprio ciò che in tale occasione afferma uno dei protagonisti del film, il quale si sente come Dio nell’assegnare un numero a caso ai quei bimbi, segnatamente al figlio del corrotto capitano di polizia.

Per il singolo individuo nascere ricco o povero, in una clinica privata o in una capanna senza assistenza adeguata e acqua potabile, è un fatto assolutamente casuale. Nell’insieme, però, ricchezza e povertà non sono assolutamente dovute al caso ma seguono leggi economiche ben precise. Perciò è imprescindibile conoscerle per poterle fare agire secondo un piano e un fine determinato.

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venerdì 10 gennaio 2014

Glossario della neolingua politico-mediatica


Sinistra: orientamento politico progressista che si ripromette, di volta in volta, di riformare il mercato (vedi: capitalismo) nell’ambito delle sue stesse leggi e compatibilità fondamentali.

Destra: orientamento politico moderato che si ripromette, di volta in volta, di riformare il mercato (vedi: capitalismo) nell’ambito delle sue stesse leggi e compatibilità fondamentali.

Coalizione: alleanza programmatica tra sinistra riformatrice e destra moderata volta ad affrontare le contraddizioni del sistema mantenendo inalterato il quadro economico di riferimento.

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È il capitalismo, stronzi



Mentre scaricavo dal sito di una nota biblioteca americana le Relazioni degli ambasciatori veneziani al senato della serenissima, fonte primaria per certe notiziole, ascoltavo la trasmissione di Santoro e le stucchevoli chiacchiere ripetute per l’ennesima volta sulla disoccupazione e la mancanza di lavoro. Ciò mi portava a constatare la furbizia degli ospiti, compreso il sindacalista Landini, e a trarre, come solito, la conclusione che l’ultima virtù riconosciuta al lavoro è che esso consente di consumare.

Ho intravisto anche due giovani, entrambi obesi, incazzati e dolenti, i quali chiedevano sostanzialmente alla politica, allo Stato, a chiunque avesse un po’ di cuore, di risolvere la loro situazione. Per il momento pagano a buon prezzo la loro rassegnazione.

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giovedì 9 gennaio 2014

Quanto vale il pesce senza pescatore?

Vale quanto l'oro senza il minatore. Eccetera.

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Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, in un articolo del 22 dicembre sul NYT, si chiede per quale motivo dovremmo avere timore della svalutazione della moneta considerato il fatto che siamo in una fase di deflazione? È un po’ come dire, guardando in questi giorni dalla finestra di un palazzo di New York, che siamo in una fase di glaciazione. In tal caso si tratta di una situazione meteorologica, non del cambiamento climatico in atto, il quale si può apprezzare in decenni, non in giorni o settimane (se poi si vuol sostenere che la spesa statale favorisce i consumi e dunque stimola la produzione, questo è un altro paio di maniche).


mercoledì 8 gennaio 2014

Non venite a piangere, ora


L’unica cosa certa è che ormai tutto sta cadendo a pezzi, tutto sta morendo. Del resto non è forse emblematico di quest’epoca che l’industria del trattamento delle immondizie sia tra le più profittevoli?

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Dai teleschermi ci dicono cose improntate al più sereno ottimismo, del tipo: il Pil crescerà dell’uno per cento. Forse. Un giorno renderanno pubblica anche un’altra notizia che per il momento resta quasi segreta. Dico quasi perché qualcosa sta trapelando anche sulla stampa borghese: l’espansione commerciale e i consumi stimolano la produzione, oltre che a migliorare, incidentalmente, la sopravvivenza degli sfigati. Si fa strada il sospetto, ma per ora solo tale, che ciò che si perde in maggiori redditi e salari possa essere recuperato dall’incasso dei mercati. Pensiero rivoluzionario, bisogna ammetterlo.

Ormai appare chiaro che “qualcosa” di questo sistema economico non funzioni a dovere, e tuttavia è grandioso, quasi ammirevole, lo sforzo per illuderci che la situazione si possa aggiustare. In molti prendono atto, comunque, che il capitale non ha alcun interesse per il progresso sociale ma solo per il profitto. Quello di prendere coscienza della venalità su cui regge un sistema sociale è pur sempre un risultato importante, purché non ci si spinga più in là con l’eresia.

lunedì 6 gennaio 2014

Della necessità storica


È un fatto che gli uomini moderni mostrino esigenze non mai sognate dalle generazioni precedenti, e questo atteggiamento è senz'altro positivo. Tuttavia ad esso s'accompagna il modo del tutto sbagliato con il quale generalmente noi giudichiamo i personaggi e le strutture sociali del passato, spesso condannando gli uni e le altre molto severamente e senza troppo riguardo alle condizioni dell'epoca.

È il caso, per esempio, di questo intervento nel suo blog di Piergiorgio Odifreddi. Dalle sue parole pare proprio che egli giudichi il cosiddetto editto di tolleranza di Costantino (e di Licinio) come l’origine di ogni nequizia dei secoli successivi ad opera del cristianesimo. Come invece non comprendere la geniale intuizione di Costantino e i motivi del suo programma rivoluzionario di traduzione in termini ecclesiologici dei rapporti sociali e dell’organizzazione costituzionale dell’Impero romano? Fu il grande costruttore di un organismo statale unitario, la cui formula nuova era destinata a sopravvivere per molti secoli; se egli e i suoi successori, viceversa, avessero precluso questo sbocco, con ogni probabilità dell’eredità classica non si sarebbe salvato nulla.

domenica 5 gennaio 2014

Note al termine di un viaggio


Che cosa farebbe la chiesa cattolica senza il peccato?
A che cosa servirebbero le chiese monumentali senza i turisti?

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Parti da Tokio o da Ushuaia, oppure più banalmente dal profondo Veneto, e arrivi a Roma per visitare la città: il mattino lo dedichi agli itinerari più impegnativi e il pomeriggio alle chiese monumentali. Ed è così che giovedì scorso mi trovavo, sotto la pioggia, ad attendere nell’omonima piazza l’apertura della Chiesa del Gesù. Nonostante il mio ombrello aperto, si avvicina un tizio proponendomi di acquistarne uno dei suoi.

Alle 16.05 è aperta una delle tre porte e gli astanti finalmente possono sciamare all’interno. Sconcerto: cordoni rossi dappertutto sbarrano la via, si sta predisponendo per la visita del papa dell’indomani. Qualche liturgica imprecazione e mi dirigo verso la chiesa di San Luigi dei Francesi, la quale però il giovedì pomeriggio è chiusa. Pertanto il mio incontro con le tre tele del Caravaggio è rinviato all’indomani.