sabato 2 luglio 2011

Nuovo fascismo?



Nel 2004 l’editore Laterza ha pubblicato una raccolta di saggi scritti negli anni Venti e Trenta da Palmiro Togliatti e proposti col titolo Sul fascismo. In un’occasione Renzo De Felice ebbe a scrivere riferendosi a uno di questi saggi, A  proposito del fascismo, che quel testo “può essere considerato l’analisi più compiuta e più matura del fascismo italiano elaborata tra le due guerre mondiali da un autorevole esponente comunista”. Vorrei aggiungere, si parva licet, per quanto ne so, che i saggi togliattiani rappresentano complessivamente non solo la migliore analisi politica del fenomeno fascista, ma una delle più penetranti analisi delle dinamiche sociali italiane in assoluto, anche se Togliatti, e non è imperscrutabile il motivo, non menziona il ruolo che ebbe un elemento di fondamentale importanza sulla scena della situazione italiana dell’epoca: il Vaticano e il movimento cattolico più in generale.

Togliatti fa propria ovviamente la formulazione terzinternazionalista del concetto di fascismo, scrivendo, nel saggio Le basi sociali del fascismo, che esso rappresenta la forma di difesa dell’ordine capitalistico contro la minaccia della rivoluzione proletaria. Tuttavia Togliatti precisa in A proposito del fascismo, come chi affronta tale tema si lasci spesso “andare a sostituire lo studio approfondito di questo fenomeno [con] l’esposizione di generalizzazioni del tutto astratte e non corrispondenti dunque completamente alla realtà”, precisando che “Si è presa l’abitudine di designare così ogni forma di reazione”. Quindi, sottolinea: “Se si ritiene giusto applicare la designazione di fascismo a ogni forma  di reazione, passi. Ma non capisco che vantaggio vi troveremmo, salvo forse nell’agitazione”.

Togliatti distingue le due forme di reazione, quella organizzata con la repressione “dagli organi normali dello Stato borghese ‘democratico’”, il cui “risultato finale è identico” alla repressione propriamente fascista, e la reazione e repressione fascista i cui “metodi impiegati e il processo di sviluppo sono profondamente differenti”. Quanto ai tratti caratteristici di stampo propriamente fascista, Togliatti afferma che “Per prima cosa si può affermare che il fascismo è il sistema di reazione integrale più conseguente che sia esistito fino a ora nei paesi dove il capitalismo ha raggiunto un certo grado di sviluppo”.


In nessun paese come in Italia si era visto “sopprimere così radicalmente la possibilità per le masse di creare organizzazioni autonome, sotto qualunque forma”. Pertanto, per Togliatti, il fascismo è anzitutto la soppressione delle “libertà democratiche formali” e l’impossibilità per il proletariato di organizzare forme di rappresentanza autonome (partiti, sindacati, ecc.). Se questo è indubbiamente vero per il fascismo della prima metà del Novecento, è altrettanto evidente che oggi, al di là del mantenimento delle apparenze delle “libertà democratiche formali” (l’abbaglio idealista che considera lo Stato al di sopra delle classi e non come un ente che materializza la polarità contraddittoria dei rapporti di classe), il sistema capitalistico è in realtà riuscito, da un lato, a neutralizzare ogni antagonismo delle rappresentanze apparentemente autonome e anzi a coinvolgerle nella gestione della crisi e nei processi di smantellamento del welfare; dall’altro, con programmi di comportamento ritualizzato e schizofrenico, a far apparire alle coscienze i rapporti sociali borghesi come “normali” e come gli unici “reali”.


Nessun commento:

Posta un commento