L’Europa è ridotta a minacciare sanzioni, embarghi e boicottaggi che riguardano la Russia e, in questi giorni, Francia e Gran Bretagna si offrono di riconoscere, fuori tempo massimo, uno Stato palestinese, ossia quando il territorio in cui esso potrebbe sussistere non esiste più e il processo sionista di costruire la grande Israele è ormai alle sue battute finali.
Meloni, come solito, si smarca, dice addirittura che tale riconoscimento di uno Stato palestinese è prematuro. Quelli come Meloni hanno la coda di paglia, memori delle leggi razziali del 1938. L’Europa è un gigante economico e un verme politico. Lo si è visto anche in altri piacevoli frangenti e da ultimo per quanto riguarda i dazi doganali.
Un mondo, quello di oggi e non meno di quello di ieri, in cui tutti sono convinti di difendere la sicurezza e il benessere del proprio popolo. L’Europa, in specie, con i suoi bei discorsi, sembra una vecchia zitella spaventata da una banda di teppisti che si uccidono a vicenda sotto le sue finestre.
Non c’è una reale differenza tra ciò che accadeva ieri e quello che accade oggi: l’etica è sempre stata un’ammissione di debolezza. L’unica differenza nelle contese internazionali sta nel fatto, ma si tratta di un dettaglio, che oggi gli Stati sono in possesso di armi di assassinio di massa incomparabilmente più distruttive rispetto al passato.
Quanto alla propaganda, basti pensare allo spazio che i media stanno dedicato a una baruffa avvenuta in un autogrill tra provocatori ebrei con passaporto francese e alcuni imbecilli con passaporto italiano. L’antisemitismo designa innanzitutto un’anomalia mentale, ma corrisponde all’altra faccia della medaglia: quella del sionismo razzista.
Perché il sionismo, benché nato in risposta al crescente antisemitismo e al nazionalismo europeo, in ogni sua declinazione è per definizione razzista, suprematista e colonialista. Non va trascurato che i primi sionisti sincretizzarono molti aspetti del fascismo europeo, della supremazia bianca, del colonialismo e dell’evangelizzazione messianica ed ebbero una lunga e sordida storia di cooperazione con antisemiti, imperialisti e fascisti per promuovere programmi esclusivisti ed espansionistici in Palestina.
Fatto rilevante, sia gli antisemiti che i sionisti considerano gli ebrei una razza biologica, che deve essere segregata come parte di un’utopia di apartheid globale. Il sionismo sfrutta opportunisticamente aspetti dell’ebraismo nel tentativo di giustificare le sue pratiche criminali di apartheid e genocidio dei palestinesi indigeni. La supremazia bianca è dominante nella società israeliana, che privilegia gli ebrei ashkenaziti di pelle bianca a scapito degli ebrei africani di pelle scura, degli ebrei sefarditi e mizrahi, nonché dei rifugiati africani.
Il regime israeliano sfrutta una dinamica di violenza e disuguaglianza, rafforzata dalla paura e dai vantaggi dell’acquisizione di risorse, per promuovere una classe dirigente privilegiata a spese del popolo palestinese colonizzato. Gli strateghi sionisti manipolano i traumi passati che gli ebrei hanno sopportato per galvanizzare il sostegno a politiche aggressive che privano i palestinesi dei loro diritti.
Per alimentare questa dinamica abusiva e suprematista bianca, i propagandisti sionisti hanno promosso la fallacia antisemita secondo cui Israele sarebbe uno stato ebraico, che rappresenterebbe l’ebraismo e quindi tutti gli ebrei. Questa mistificazione fondamentale è alla base della propaganda sionista (nota anche come Hasbara), che galvanizza il sostegno al colonialismo israeliano e attacca la resistenza anticoloniale.
Il risultato logico di questa fallacia determina che la critica al sionismo/Israele sia necessariamente antisemita (molti ne vengono convinti). I successivi governi israeliani hanno utilizzato questa figura retorica come argomento di discussione per sabotare la critica alle loro politiche criminali. La loro cinica manipolazione del senso di colpa che circonda la storia reale di intolleranza e oppressione antiebraica ha rafforzato questa tattica.
Il razzismo, suprematismo e colonialismo sionista mai può essere fatto passare per un’ideologia pacifista. Quando s’intende ridurre (leggi: eliminare) la presenza dei palestinesi dal loro territorio e di espandere il più possibile la propria, tale processo non può essere considerato “pacifico”. A tratti può assumere forme legali, ma infine si è trattato storicamente di un processo di esproprio violento a danno di un popolo che ha tutto il diritto di vivere laddove ha vissuto per molti secoli.
"Non c’è una reale differenza tra ciò che accadeva ieri e quello che accade oggi: l’etica è sempre stata un’ammissione di debolezza." Nelle contese internazionali. Mi è venuto in mente il famoso scambio verbale tra Ateniesi e Melii. Ricordo una affermazione che ho sempre avvertito incompleta, almeno nella traduzione più comune. Al richiamo dei Melii alla giustizia e al rispetto gli Ateniesi rispondono con la supremazia naturale del più forte. "Il forte fa ciò che può, il debole soffre ciò che deve". Ciò che può - mica uno, o uno Stato, fa tutto ciò che può, sempre. Mi sembrerebbe più accettabile "Il forte fa ciò che vuole e può". E il debole? Soffre ciò che deve in che senso? Non può fare altro, deve sottomettersi o combattere e quasi certamente morire, ma non è un suo dover essere e fare, se ne starebbe in pace a casa sua, è l'altro che arriva e lo mette nella necessità di dover scegliere tra schiavitù o morte.
RispondiEliminaAl di fuori delle contese internazionali, mi sono chiesto: a livello personale, individuale, l'insieme di regole implicite ed esplicite apprese culturalmente - che secondo alcuni rendono possibile la convivenza sociale nonostante siano "innaturali" mentre secondo altri sono l'applicazione pratica di una socialità "naturale" umana - come possiamo considerarle? L'etica personale deriva anch'essa da una debolezza? Io ti vorrei fare questo ma tu poi mi meni per cui non lo faccio sta sempre dietro a io ti vorrei fare questo ma non è bello, non è giusto, per cui non lo faccio? La risposta dipende da quello che si ritiene sia "naturale" nel senso di innato come tendenza, come "istintivo" - questione senza risposta univoca possibile. Più facile è la lettura dell'interazione tra un forte che costringe un debole al di là del bello, del giusto, o della compassione. La lettura, è più facile, la spiegazione, il pensiero analitico. Ma cose come quelle che stanno accadendo a Gaza sono spiegabili, non comprensibili - c'è un troppo, un al di là del bene e del male, appunto, al là di ogni coscienza come etica, e di ogni coscienza come accorgimento, consapevolezza immedesimata. Questa coscienza non può immedesimarsi più di qualche attimo con l'orrore - la nostra vita quotidiana ne sarebbe sconvolta, vorremmo lasciare ciò che stiamo facendo e correre, imbarcarci, arrivare fin lì a fare da scudo, tirare sassate... Cosa fare, da deboli sottomessi ad Atene, per i Melii che stanno per essere tutti uccisi perché non hanno sopportato la schiavitù?
Contavo sul fatto che 25 secoli non fossero passati invano, specie l'ultimo, e però...
EliminaParagonano un vaffanculo all'autogrill
RispondiEliminaa 70 anni di invasione e sterminio.
IPOCRITI!
Ma certo che la cosa è montata ad arte, ma resta il fatto che degli idioti si sono fatti provocare.
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