I cinesi lo hanno capito prima di noi e molto meglio. L’economia è soprattutto materie prime, energia, acqua, terra fertile e tecnologia. Anche gli americani lo sanno bene: shale gas e petrolio stanno rendendo gli Stati Uniti un esportatore netto di energia, e se ne fottono che il metano ha un potere riscaldante 23 volte maggiore di quello della CO2 (*).
Dunque la chiave dell’economia non è la generica “competitività” di Mario Draghi ed Enrico Letta, entrambi autori, nelle ultime settimane e con grande soddisfazione degli imbecilli di Europa, di un rapporto inteso a consentire all’Unione europea di competere ... con la Cina!
Per comprendere appieno l’enormità della bugia: a un operaio italiano quanti stipendi pieni mensili costa un’auto elettrica europea? Niente panico, i dazi e i bonus risolveranno tutto.
Dei democratici decadenti in gara con i cinesi? Mario Draghi ed Enrico Letta ne hanno mai conosciuto uno di questi cinesi? Il capitalismo cinese non è banalmente un capitalismo di Stato, né un comunismo che ha scelto la “retta via”. La Cina è “decisamente” un paese capitalista “su tutti i fronti” (Branko Milanovic, Capitalismo contro capitalismo, Laterza, p. 115).
Alla fine del 2019, poco prima del Covid, più di 27.500 aziende cinesi avevano investito in 188 paesi (l’ONU ne contava 197). La cosa divertente è che taluni continuano a classificare la Cina come un “paese emergente”.
Le “nuove vie della seta” si ispirano a quelle antiche (ma non solo), attraverso le quali transitavano seta, porcellana e giada verso l’Europa. Per la Cina si tratta di acquisire e costruire enormi infrastrutture, porti e ferrovie. Anche in Europa: il porto del Pireo in Grecia, il 90% del porto di Zeebrugge (Belgio), il 35% del porto di Rotterdam (Paesi Bassi), il 20% del porto di Anversa (Belgio), il 25% del porto di Amburgo. Quindi la linea ferroviaria veloce Budapest-Belgrado e persino la costruzione da parte di un consorzio cinese di un ponte stradale in Croazia, però finanziato dall’UE.
È stato ad Astana (nel 2017 ha ospitato l’Esposizione Universale dell’Energia), capitale del Kazakistan (ex Urss), che Xi Jinping ha pronunciato il discorso fondativo di questo programma. Il Kazakistan, che roba è? È nove volte l’Italia, membro dell’Unione economica eurasiatica (UEE), cioè un’unione con Russia, Bielorussia e Armenia, ed è il più importante produttore ed esportatore di petrolio nell’ambito della Comunità di Stati indipendenti (CSI).
Il Kazakistan possiede circa il 60% delle risorse minerarie dell’ex Unione Sovietica; in questa regione chiave tra Europa e Asia, una delle più lontane dal mare, e quindi dagli scambi commerciali, la Cina pratica la “diplomazia dei gasdotti” con la costruzione di gasdotti al servizio quasi esclusivo di Pechino. Tra parentesi: nel gigantesco campo di Karachaganak (gas e petrolio), estraggono Eni e Shell (co-operatori), Chevron e la compagnia russa Lukoil. La UE si balocca ancora con le “sanzioni” alla Russia!
In Africa, il Regno di Mezzo sta portando avanti la “diplomazia del debito”. Acquista intere regioni, fa costruire strade e ferrovie da aziende cinesi che impiegano manodopera proveniente dal paese, che è il destinatario quasi esclusivo dell’esportazione di riso o dei cereali raccolti. Man mano che Pechino anticipa tutto il denaro, i paesi “beneficiari” (indebitati) diventano, per decenni, i suoi debitori. Un film già visto in passato, mi pare, ma con altri attori protagonisti.
Per Pechino si tratta di offrire ai Paesi interessati un’alternativa agli Stati Uniti, giocando sulle divisioni dei Paesi membri della cosiddetta “Unione” europea. È così che, nel 2021, nel pieno della crisi del programma nucleare iraniano, la Cina ha firmato un accordo venticinquennale di “cooperazione strategica” con la Repubblica islamica, sempre secondo la stessa logica: investimenti cinesi contro il petrolio iraniano ad un prezzo stracciato.
In breve, la Cina pratica un capitalismo semplice ed efficace: possiede risorse minerarie, agricole, infrastrutture, tecnici di livello e manodopera obbediente, rende dipendenti i Paesi attraverso il debito, inondando al contempo quelli europei e americani di tutto ciò che produce. Lo so che la Cina se la passa male (difficoltà del settore immobiliare e non solo) e forse un giorno crollerà. In attesa di questo ipotetico collasso, tanto sognato da alcuni, si sta comprando mezzo mondo.
L’unica cosa che si può concedere a riguardo delle difficoltà della Cina è che essa dovrà affrontare le contraddizioni tipiche del capitalismo. Per esempio, dal febbraio scorso, per dare fiato agli investimenti, ha abbassato il tasso di riserva obbligatoria, ovvero la quota di depositi che le banche sono tenute a tenere nelle proprie casse, e questa è già la sesta volta che il governo abbassa questo tasso da luglio 2021. Ciò nonostante l’indice dei direttori degli acquisti (PMI), che riflette la salute del mondo industriale, è entrato in territorio positivo solo una volta in sei mesi (50,8 a marzo da 49,1 a febbraio, superando il livello di 50 che separa la crescita dalla contrazione e raggiungendo il valore più alto da marzo 2023).
Dovrà affrontare anche altre sfide la Cina, tipiche della nostra epoca, quali quella demografica, e ancor più impegnativa è la partita con gli Usa, con il desiderio di Washington di cancellare la Cina come potenza economica e militare dalle mappe. Con la lieve differenza che non siamo più nel XIX secolo.
(*) Dopo il suo insediamento, l’amministrazione Biden ha dichiarato che “metterà la crisi climatica al centro della politica estera e della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Inoltre, l’amministrazione Biden vedeva il cambiamento climatico anche come un mezzo con cui gli Stati Uniti potevano tornare a riconquistare la leadership globale (vedi l’Inflation Reduction Act).
Tuttavia i numeri dimostrano altro. Anche se con l’Inflation Reduction Act sono stati stanziati ingenti fondi per lo sviluppo delle energie rinnovabili, il numero di nuovi parchi eolici e solari costruiti negli Stati Uniti nel 2022 è in realtà diminuito rispetto al 2021 del 16%.
Più di 8.100 progetti energetici negli Stati Uniti sono in attesa di autorizzazione per connettersi alla rete elettrica e il tempo di attesa è di quattro o cinque anni. In molte località degli Stati Uniti le reti elettriche funzionano già a pieno regime e per collegare nuovi impianti è necessario ammodernare un intero sistema di trasmissione.
Il New York Times ha scritto che anche se l’attuale Congresso degli Stati Uniti manterrà tutti i sussidi promessi, le emissioni di gas serra degli Stati Uniti saranno ridotte solo di circa il 25% entro il 2030 rispetto al 2005, molto al di sotto dell’obiettivo fissato del 50%.
In particolare, per quanto riguarda i veicoli elettrici, gli Stati Uniti non pensano che vi sia di per sé un problema con tali veicoli, ma che esista un problema con il dominio della Cina nel campo dei veicoli a nuova energia.
Secondo il rapporto 2024 dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili la quota delle stesse ha raggiunto l’86% nel 2023, rispetto all’84% nel 2022. Anche la quota rinnovabile della capacità elettrica totale è aumentata di quasi tre punti percentuali, passando dal 40,4% nel 2022 a 43,2% nel 2023.
Nel 2023, i paesi del G7 (esclusa l’UE) rappresentavano il 25,3% della capacità globale di energie rinnovabili (solare, eolico, biomasse, ecc.), con un totale di 980 GW. I paesi del G20 (esclusi UE e Australia) rappresentano il 79,7% della quota globale con una capacità totale di 3.084 GW. Rispettivamente i paesi del G7 e del G20 rappresentano il 14,7% e l’87,2% delle nuove capacità nel 2023.
Sempre per quanto riguarda le energie rinnovabili, l’Asia ha rappresentato ancora una volta la maggior parte della nuova capacità nel 2023 (69,3%), aumentando la sua capacità rinnovabile del 327,8 GW per raggiungere 1.961 GW (50,7% del totale globale). La maggior parte di questo aumento si è verificata in Cina (+297,6 GW). La capacità in Europa e Nord America è aumentata rispettivamente di 71,2 GW (+10,0%) e 34,9 GW (+7,0%).
Energia solare: energia solare fotovoltaica ha rappresentato quasi tutto l’aumento della produzione di energia elettrica nel 2023, con un aumento del solare fotovoltaico di 345,5 GW. L’espansione in Asia è stata di 237,7 GW nel 2023 (rispetto a +110,7 GW nel 2022). Il 91,2% dell’espansione è avvenuta in Cina (+216,9 GW) e India (+9,7 GW). Anche il Giappone aggiunti 4,0 GW, in lieve diminuzione rispetto al 2022. Al di fuori dell’Asia, gli Stati Uniti hanno aggiunto 24,8 GW di energia solare capacità nel 2023, Germania e Brasile hanno aggiunto 14,3 GW e 11,9 GW rispettivamente.
Energia eolica: con un incremento di 116,0 GW nel 2023, la crescita dell’energia eolica ha visto il suo maggiore incremento negli ultimi dieci anni. La Cina ha rappresentato quasi i due terzi di questa espansione (+75,9 GW) e capacità negli Stati Uniti è aumentata di 6,3 GW.
Biomasse: l’espansione della capacità della bioenergia è rallentata nel 2023 (+4,4 GW rispetto al +6,4 GW nel 2022). Capacità bioenergetica in Cina è aumentata di 1,9 GW e altri paesi con i maggiori incrementi sono stati il Giappone (+1,0 GW), il Brasile (+0,4 GW) e Uruguay (+0,3 GW).
Al momento, la Cina ha costruito il più grande sistema di alimentazione elettrica e di generazione di energia pulita del mondo (lo dico per gli alunni di terza elementare: ciò non significa che le sue produzioni basate sul carbone e gli idrocarburi non inquinino), e le sue nuove tecnologie energetiche e i livelli di produzione di apparecchiature e di veicoli a nuova energia, batterie al litio e prodotti fotovoltaici, sono tra i leader mondiali.
Pechino ospita fino a domani l’International Auto Show. Ci sono 278 nuovi modelli in mostra, ma Tesla non ha partecipato. Non partecipa alla fiera perché non lancia un nuovo modello da molto tempo. Di fronte a un ambiente competitivo in cui i marchi nazionali di veicoli a nuova energia lanciano uno dopo l’altro nuovi prodotti e nuove funzionalità, Tesla si trova in svantaggio.
Con la visita in Cina dei giorni scorsi, Musk spera di cooperare ulteriormente con la Cina nel campo della guida autonoma. Tesla ritiene che questo sarà un nuovo punto di crescita per l’industria dei veicoli elettrici.
Draghi, Letta e altri, invece di parlare di competizione e dazi, ragionassero in termini di cooperazione (la storia delle Repubbliche marinare nei loro rapporti con l’oriente dovrebbe insegnare qualcosa), sempre che i loro amici di Washington e quelli di Wall Street glielo consentano.
sempre che i loro amici di Washington e quelli di Wall Street glielo consentano.
RispondiEliminaGià già!
Un altro aspetto interessante della strategia cinese è quello di far eleggere, in nazioni ritenuti strategiche, politici molto amichevoli come Jeremiah Manele delle Isole Salomone (sappiamo quanto è importante il pacifico nello scacchiere mondiale).
RispondiEliminaIn questo modo oltre a gestire le risorse naturali, nella pratica presiedono governi ombra che possono sempre tornarti utili.
Mi sorprende che non ci sia ancora la federazione dei partiti comunisti sparsi nel mondo intorno alla Cina, o almeno ancora non è stata perseguita ma visto il continuo avanzare delle formazioni di estrema destra non mi stupirebbe che nei prossimi anni si arrivi a ciò.
Piano piano i due blocchi si stanno formando....
ci sono già due blocchi, ciò che mantiene ancora le apparenze sono gli scambi commerciali, ma la relativa guerra può far precipitare tutto in men che non si dica
EliminaMusk ha licenziato l'intera divisione SuperCharger (500 persone) che gestiva la rete di ricarica super veloce di proprietà Tesla,
RispondiEliminaE' il segno evidente della perdita di competitività se per tenere l'azienda "snella" e "veloce" rinunci all'unico asset veramente innovativo che avevi.
Gran bel post!
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