lunedì 20 maggio 2024

Altrimenti non si spiegherebbe

 

Leggo dai giornali: «Hanno perso un giorno in una scuola di Roma a parlare di un felino vissuto in Messico 40 milioni di anni. Ma che me ne frega, scusatemi.

«I dinosauri è importante sapere che sono esistiti ma se noi siamo italiani – ha aggiunto Valditara – forse lo dobbiamo al Risorgimento che va studiato, come va studiata la Seconda guerra mondiale, la Guerra fredda e l’epoca del terrorismo. [...] Ripristinare l’autorità a scuola e sconfiggere la cultura sessantottina. Il ‘68 nega le radici dell’autorità. Si studino gli anni ‘70, oggi troppi elementi li ricordano.»

*

La prendo larga: la scuola non serve per crearsi una posizione o per rafforzare un’identità nazionale, bensì per imparare. E dunque non basta studiare il risorgimento e gli anni del terrorismo; ci si arriva per gradi, partendo da quello che c’è stato prima e molto prima ancora. Magari senza dimenticarsi di citare il fascismo, signor ministro in orbace, che non fu una minuzia del giurassico, così come non lo furono gli etiopi gasati, i libici impiccati, gli spagnoli fucilati. Solo per mantenerci sull’estero e a ridosso delle leggi razziali.

Quanto ai dinosauri, il ministro se lo faccia raccontare come si diventa fin da piccoli dei Stephen Jay Gould, per esempio. È così che si forma una cultura ricca e varia, non solo una cultura che funzioni a scopo produttivo o di maneggio politico.

Dalle dichiarazioni dei troppo loquaci che oggi stanno al potere traspare l’irresistibile fregola di rivincita, il cruccio di riscrivere il menu delle vicende novecentesche e delle opinioni sull’universo mondo, per cui, scusateli, non hanno tempo per dettagli sulle lucertole del Cretacico e i Neanderthal. Il loro piatto forte è il “terrorismo”, del quale conoscono la verità, con gli ingredienti esatti, e hanno fretta di farla conoscere ballando in cucina alla luce del frigorifero.

Anch’io conosco un po’ di quella storia, che non è stata una delizia. A chi non ne fu testimone diretto dico che non è indispensabile aver fatto da cavie a Porto Marghera, aver poi vissuto gli anni delle bombe e delle stragi, ma basta aver letto qualche libro per sapere della crisi di quel modello sociale e delle sue forme di rappresentanza politica, delle trame e dei tentativi eversivi, della P2 e della mafia, dei golpe e di Gladio, di un paese imbalsamato dai vincoli geopolitici e dai patti consociativi.

Per sapere che le cose non andarono come ci vengono cucinate da una visione perfettamente congeniale, che vuole mostrare quella ribellione, ogni ribellione, solo come fuga dalla realtà e inganno. Basta una poesia di Franco Fortini per distinguere le buone e le cattive ragioni, altrimenti non si spiegherebbe come in tanti, più di quanti si potrebbe credere oggi, pensassero che fosse cosa buona e giusta “prendere le armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli”.

Che poi ai più non importi sia delle minuzie che dell’insieme, sia di quello che è accaduto appena ieri e sia di ciò che succede oggi, non può indurci alla resa, a essere pavidi di fronte ai redivivi dinosauri odierni.

3 commenti:

  1. la scuola deve servire a far pensare, non cosa pensare

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  2. Quando ero al liceo non ho studiato il terrorismo: era troppo presto ed era troppo tardi. Era troppo presto perché non era ancora storia, era troppo tardi perché il programma di storia si fermò alla fine dell'ottocento. Mentre il primo motivo oggi non vale, il secondo (ritardo nel programma) penso valga ancora. Suppongo che sia anche una buona scusa: in realtà, non mi pare bene che fatti così recenti vengano affidati alla discrezionalità dei docenti: ne uscirebbe tutto e il contrario di tutto, non solo come voci discordanti (che potrebbe essere positivo) ma anche come qualità dell'insegnamento.
    Non capisco come il ministro dell'istruzione possa non capirlo.
    Faccio un parallelo. Quando ero alle elementari, si arrivò alla Rivoluzione Francese. La mia ottima maestra spiegò che c'erano i tre Stati, sottolineando che nell''Ancien Regime i nobili stavano bene e i poveracci no (il concetto di rivoluzione borghese non passò). Poi raccontò che c'erano stati eccessi, ossia tagli di teste. Spiegò che era male tagliare le teste. A quel punto, varie voci si levarono nella classe: dicevano (dicevamo) che avevano fatto bene a ghigliottinare. La maestra era sconcertata, e insisteva che quella cosa era eccessiva. Ma non ci convinse.
    Cito l'episodio perché è un esempio delle possibili dinamiche. Aggiungo che noi eravamo in quinta elementare, non studenti dell'ultimo anno del liceo.

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    1. "non mi pare bene che fatti così recenti vengano affidati alla discrezionalità dei docenti ..."

      concordo.
      i Penan, una popolazione del Borneo quasi estinta soprattutto a causa del disboscamento operato dalle multinazionali del legno con l’accordo del governo indonesiano, le teste le tagliavano anche loro.
      Oggi, purtroppo, hanno cessato tale attività proprio nel momento nel quale maggiore sarebbe il bisogno.

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