lunedì 13 novembre 2023

L’eternità non ha bisogno ...

 

«La questione più piccola è Taiwan, e quella veramente decisiva è il mondo» (Mao Tze Tung» (*).

La contesa sino-americana, la guerra in Ucraina e il subbuglio in Medioriente sono la rappresentazione di un contesto di tensioni globali che riemergono in un momento in cui il mondo è diventato un vasto luogo di spaccature e il rischio di passare da un mondo fratturato a un mondo esplosivo non può più essere escluso, tutt’altro (**).

Se l’Occidente non è più lo scriba della storia, il resto del mondo non è ancora nella posizione di scrivere il resto. E non è detto che in futuro ci riesca, proprio nel senso che una guerra mondiale è oggi un tipo di conflitto che in nessun caso potrà essere circoscritto alle sole armi convenzionali.

Lo sconvolgimento economico e politico è accompagnato da uno sconvolgimento sociale non più a lungo contenibile, che aspetta solo l’occasione per deflagrare. Se proprio vogliamo tracciare un’analogia con un altro periodo prebellico, sappiamo bene a quale periodo riferirci.

In un post del 25 marzo 2015, scrivevo: «La lotta per la spartizione del mondo fu la causa principale del conflitto bellico 1914-1918 che costò la vita a milioni di persone, cui s’aggiunse l’epidemia di “spagnola” che falcidiò la popolazione debilitata a causa della guerra, con circa 50 milioni di morti su una popolazione mondiale che era un quarto di quella attuale».

Ancora una volta, sullo sfondo del conflitto ucraino, della contesa sino-americana e così di tutto ciò che fomenta tensione globale c’è la lotta per la spartizione del mondo. Non c’è da stupirsi, si tratta pur sempre della lotta per la supremazia. Chi vince piglia tutto. Solo che stavolta possono perdere tutti.

E l’Europa di Adenauer, Schuman, De Gasperi, Delors e Prodi, che fa oggi l’anatra zoppa? I capi di Stato e di governo hanno discusso per cinque ore per stiracchiare una posizione comune sul conflitto tra Israele e Hamas. I Ventisette sono riusciti solo a mettersi d’accordo sulla richiesta di creare “corridoi umanitari” a Gaza e “pause per bisogni umanitari”. L’idea di chiedere una pausa per “motivi” umanitari è stata considerata troppo vicina ad un appello al cessate il fuoco (***).

“Le luci si sono spente sull’Europa e la nostra generazione non le vedrà riaccendersi”.

Quanto al conflitto israelo-palestinese, con la religione come fondamento non ha possibilità di finire. Perché la religione è eternità, e l’eternità non ha bisogno di un cessate il fuoco.

(*) Menorandum of Conversation: Beijing, October 21, 1975; Foreign Relations of the United States (FRUS), vol. XVIII (cit. da H. Kissinger, Cina, p. 278).

(**) Il 21 febbraio 2015, scrivevo: «...vediamo come la crisi Ucraina presenti delle caratteristiche diametralmente opposte a quella cubana, e, all’opposto, per nulla favorevoli a una soluzione pacifica della crisi. Lì è minacciata la sicurezza nazionale russa; le forze convenzionali russe sono preponderanti; vi è stata una palese violazione delle norme principali di coesistenza (tranne che per i media occidentali, ovviamente); sono in atto dei combattimenti. E, fatto non trascurabile, è cambiata la strategia geopolitica e la qualità delle élite occidentali e orientali odierne è assai scadente. Oggi invece di grandi leader carismatici d’un tempo abbiamo dei banchieri, e non conosco un solo banchiere che sia carismatico e abbia un cuore».

(***) Le Monde: «...les Vingt-Sept n’ont pu se mettre d’accord que sur l’appel à l’établissement de « corridors humanitaires » à Gaza et à « des pauses pour nécessités humanitaires ». L’idée d’appeler à une pause pour raisons humanitaires a été jugée trop proche d’un appel à un cessez-le-feu.»

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