Una popolazione detenuta che vive in un’area lunga solo 40 km e larga mediamente poco più di dieci viene polverizzata dalle forze militari dirette dal regime criminale dello Stato israeliano. Bombe da una tonnellata e munizioni arricchite con fosforo bianco vengono sganciate su una popolazione indifesa di oltre due milioni di persone. Né gli anziani, né i bambini e nemmeno i neonati vengono risparmiati. Ospedali e scuole sono deliberatamente presi di mira. E questo viene fatto con il sostegno incondizionato di tutti i governi democratici del mondo al nazionalismo sionista. Soppeso le parole: l’utopia sionista è degenerata in un regime infernale, ricorrendo alle politiche genocide impiegate dai nazisti contro gli ebrei europei.
Gli ipocriti sedicenti paladini dei diritti umani a Washington, Londra, Parigi, Roma e Berlino hanno bandito la parola “cessate il fuoco” dal loro vocabolario politico. Non sarà fatto nulla per interferire con l’uccisione dei palestinesi, così come non s’è fatto nulla per l’uccisione di altre razze inferiori. Eh sì, che non siamo razzisti ce lo diciamo solo noi. Di non essere razzisti lo pensano anche i piloti e gli artiglieri israeliani, sinceramente convinti di colpire i “terroristi”.
L’agonia mortale di questo sistema marcio e senescente, un’era di convulsioni, crisi, catastrofi, epidemie e bestialità. Al riparo della nostra quotidianità soddisfatta, seppur sempre più precaria, tutti i precetti morali vanno a farsi fottere. Gaza, l’Ucraina, e prima ancora l’Iraq, la Siria, l’Afghanistan, la Libia e altro ancora, sono per noi solo spettacolo mediatico, occasione di polemica, di scambi di accuse e battute.
Il mondo contemporaneo è lacerato dalle stesse contraddizioni economiche, sociali e politiche che ci hanno condotto a due conflitti mondiali, salvo che ora quello che chiamiamo progresso tecnologico ci offre le armi per distruzioni di massa un tempo inimmaginabili. Siamo dunque pronti, ben preparati e disposti. La guerra mondiale, da minaccia latente sta diventando, di nuovo, sempre più un pericolo imminente. Della corsa al riarmo e delle forze in gioco nella crisi economica globale, in fin dei conti c’interessa poco, praticamente nulla. Staremo sostanzialmente zitti fino a quando un missile non ci cadrà in giardino, o sopra la scuola di nostro figlio, insomma fino a quando non ci scoppierà in culo.
Riflessione amara, ma alquanto realista. Cosa ci sarebbe da aggiungere a quanto scritto? Si può difendere a tutti i costi uno stato sovrano che agisce in questo modo?
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