Si dice che gli esseri umani sono uguali nella morte, dunque si potrebbe dedurre che tutte le classi sociali sono unite nella morte. Non del tutto: il cimitero resta come nel passato un luogo dove persistono le disuguaglianze sociali.
Secoli addietro essere sepolti in una bara non era sempre scontato. Fino alla fine del XVIII secolo le tombe individuali erano riservate all’élite patrizia, ecclesiastica o militare. I loro corpi furono prima sepolti nelle chiese, poi, gradualmente, nelle tombe esterne. La grande massa della popolazione finiva nelle fosse comuni (in antico in un colombario), e i cimiteri non erano altro che fosse comuni. Non deve sembrare strano che anche un Mozart, senza un scheo, venisse sepolto così.
L’impeto rivoluzionario francese non cambiò le cose, anzi, le peggiorò. Quella gran canaglia di Joseph Fouché, sostenitore radicale del dogma della totale uguaglianza tra i cittadini, bandì tutte le tombe individuali: nessuna gerarchia nella morte. Guidata da Fouché, la Convenzione adottò nell’ottobre 1793 un decreto che stabiliva la fine delle tombe separate, ufficialmente sostituite dalla fossa comune per tutti. Nobili e gente comune, realisti e rivoluzionari, ricchi e poveri furono sepolti insieme nelle stesse fosse comuni.
La situazione cambiò all’inizio del XIX secolo. Si passò dalla fossa comune per tutti, prescritta da Fouché e dalla Convenzione, al cimitero per tutti. Napoleone fu il primo a istituire una grande riforma democratica del rito funebre. Nel 1799, firmò un’ordinanza che definiva i fondamenti dei diritti e dei doveri della nazione nei confronti dei suoi morti e stabiliva che “ogni cittadino deve avere il diritto ad essere sepolto, qualunque sia la sua razza o religione”. La comunità doveva fornire tombe individuali, il che poneva fine alle fosse comuni.
La interpreto così: i borghesi che avevano avuto successo sociale volevano essere sepolti individualmente, faccenda che fu regolata con il famoso Editto di Saint Cloud (1804), in forza del quale l’autorità civile diventava unica e esclusiva titolare dell’azione di polizia mortuaria, infliggendo un colpo mortale contro il monopolio della Chiesa su morti e cimiteri.
Da allora furono aperti dei cimiteri tipo il Père-Lachaise nel 1804, all’avanguardia per due motivi: per i suoi ampi spazi che permettono di separare le tombe l’una dall’altra. E soprattutto dal punto di vista paesaggistico, con strade asfaltate e alberi, come un parco (il cimitero di Stoccolma sembra una foresta). Anche i vivi hanno il loro posto nei cimiteri (senza ovviamente dimenticare i gatti randagi), ma questo discorso ci porterebbe lontano. Lo scopo era quello di fare di questi cimiteri un vasto luogo di sepoltura democratica dove sia le persone importanti e sia i ricchi potessero convivere.
È proprio questo il significato dell’uguaglianza: i poveri, pur non avendo tutti diritto a una casa, hanno però tutti diritto a una tomba (diritto di sepoltura).
Tuttavia, trovare una tomba è difficile quanto trovare un alloggio durante la vita: devi essere un erede (diritto di sepolcro ereditario). Per chi è al verde da morto così come lo era nella vita, ci sono meno scelte riguardo il tipo di sepoltura. I poveri devono accontentarsi di una sepoltura sulla nuda terra. I Comuni hanno l’obbligo di seppellire tutti, senza oneri per chi è in stato d’indigenza, o anche le persone benestanti ma che non hanno nessuno che si prenda cura di loro (disinteresse, vita sola).
I poveri hanno dunque diritto a una sepoltura, ma c’è un sistema, chimico, affinché il corpo si decomponga più velocemente, perché la fossa venga liberata dopo pochi anni. Si può anche scegliere di essere cremati, ma è più costoso (*).
Bisogna sperare che ci sia spazio quando si muore. Il che non è scontato, ne sa qualcosa perfino uno famoso come Gigi Proietti. Insomma, è una pressione immobiliare che viene esercitata anche sui morti.
(*) In Italia il dibattito sull’incinerazione riportò le prime vittorie sul piano giuridico soltanto nel 1888 quando la cremazione sarà contemplata come facoltativa dalla nuova legge sanitaria con regolamentazione di dettaglio dettata da un Decreto del 1892. La reazione della Chiesa fu durissima ed intransigente.
La sepoltura di Mozart in una fossa comune fu dovuta non a povertà ma a disposizioni delle autorità sanitarie viennesi, che temevano il diffondersi di un'epidemia. Come in Italia, tre anni fa...
RispondiEliminaIn ogni caso, l'indigenza di Mozart a Vienna è leggenda.
Che tu ci creda o no, aspettavo il tuo commento. Ho intenzione di andare oltre per vivacizzare un po', chissà se nello stagno c'è altra vita.
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