Ieri sera, un canale televisivo ha trasmesso un filmato di quasi vent’anni fa. Senza avvertire il pubblico dell’evidente errore, senza scusarsi del disservizio. Tuttavia si trattava sì di un vecchio filmato, ma inedito. Nessuno l’aveva mai visto prima, forse nemmeno i responsabili del canale televisivo. Il pubblico è rimasto dapprima interdetto, poi agghiacciato.
Un filmato di quesi veni anni fa ci raccontava cose che sarebbero accadute solo in seguito. Premonizione, vaticinio, lungimiranza, genio.
Ebbene, oggi, grazie a quel filmato televisivo mostrato accidentalmente ieri sera, oltre ad avere la conferma ufficiale che il Movimento 5 Stelle era innanzitutto l’emanazione di un’azienda informatica, sappiamo come fu scelto l’uomo che per anni avrebbe guidato il Paese, tra l’altro nel pieno di un’emergenza pandemica di straordinario impatto sociale ed economico.
Ci ricordiamo tutti ciò che accadde solo cinque anni or sono, nel 2018, dopo le elezioni. Ci vollero due mesi e mezzo di incontri, trattative, psicodrammi vari, giuramenti quasi amorosi e deliranti scene domestiche, perché la Lega e il Movimento 5 Stelle, i due grandi vincitori delle elezioni del 4 marzo, che allora sembravano fatti per vivere insieme, varassero un governo comune attorno a un presidente del Consiglio di cui nessuno sapeva assolutamente nulla.
Non solo quel filmato ci ha edotti sui criteri che hanno portato a quella scelta, ma ci è stato segnalato, en passant, quanto sia pericolosa l’intelligenza artificiale e la raccolta dei nostri dati personali. E chi ce lo diceva in quel filmato di quasi vent’anni fa? Beppe Grillo, proprio lui in persona.
All’inizio c’era un uomo appassionato di Internet, Gianroberto Casaleggio. Questi vede un comico all’uscita di uno dei suoi spettacoli e gli spiega perché Internet sconvolgerà la politica. Non convinto, Beppe Grillo accetta tuttavia di seguire il suo interlocutore nei meandri dei suoi pensieri. Finisce così che Grillo diventerà il guru non tanto del M5S, ma il guru politico di un’azienda, la Casaleggio Associati. Questa società è la prima ad intraprendere una meticolosa raccolta di dati sugli elettori italiani. Il fatto non è unico: Barack Obama aveva già fatto molto affidamento su questo tipo di metodo per assicurarsi la sua elezione, poi ci penserà Cambridge Analytica per Trump.
Tutta l’organizzazione del M5S era concentrata su un unico obiettivo: raccogliere dati. Con innanzitutto il sito di Grillo, allora il blog più potente e influente: beppegrillo.it. Sono nate anche molte piattaforme digitali per succhiare dati, dai siti di pseudo-informazione, fino al portale Rousseau destinato agli attivisti del partito. Tutto questo gestito dall’azienda di Casaleggio. Il tesoro del movimento non erano le sue finanze occulte, ma i suoi dati nascosti.
Perché l’utilizzo dei dati permette di servire agli elettori il menu che si aspettano. Non importa la coerenza, le contraddizioni: il M5S non usava marketing politico, era marketing politico. La democrazia rappresentativa è antiquata: i dati a disposizione del movimento permettono di capire in modo molto più dettagliato cosa vogliono gli elettori, basta diffondere i messaggi e vedere come vengono percepiti e recepiti. Se gli elettori comprano il prodotto, bene, altrimenti basta cambiarlo.
Ma quale destra o sinistra, un’idea è buona o cattiva a prescindere. Collocare questo movimento su uno scacchiere destra/sinistra significa analizzare un fenomeno nuovo utilizzando vecchie griglie di lettura. Erano più avanti, dicevano, sarebbe stato un nuovo modo di governare l’Italia, con un algoritmo, e di aprire i parlamenti come si aprono le scatole di tonno.
Che peccato non aver potuto vedere quel video di quasi vent’anni fa e sentire la voce di Grillo sulla vera natura di questo pseudo-partito. O forse no, bastava ascoltare che cosa diceva Davide Casaleggio, quando parlava del movimento come se fosse un’azienda di consegne a domicilio: “Garantiamo un servizio migliore e siamo più efficienti nel portare le richieste dei cittadini alle istituzioni. [...] la vecchia partitocrazia è come Blockbuster [ex catena di videoclub], mentre noi siamo come Netflix.»
Oggi, seppure in ritardo e grazie a Grillo, per la prima volta veniamo a sapere che la tecnologia digitale non è diventata solo un mezzo per accedere al potere, è il potere. Tutte cose che del resto si potevano leggere a suo tempo in questo piccolo blog, che veniva proprio per questo abbandonato allora da quasi metà dei suoi lettori conquistati dalla merce offerta dalla Casaleggio Associati e dai suoi commessi viaggiatori. Nemo profeta in patria.
Non so se il seguente sia un contributo di valore. La differenza principale tra Blockbuster e Netflix è che il Blockbuster era il più grande sito (fisico) di incontri. Ci si aggirava fra gli scaffali approcciando la/il candidat* partner. Breve o non tanto breve interlocuzione sulle qualità del film, con allargamento del discorso, poi la proposta. Tasso di accettazione elevato. Sviluppi successivi: in base alle capacità e ai meriti. Netflix, invece? Al massimo autoerotismo.
RispondiEliminaVale sempre la metafora? Secondo me, sì.
P.S. Gianroberto, non David
la frase è proprio del figliuolo, di Davide Federico Dante Casaleggio
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