mercoledì 22 novembre 2023

I padrini della guerra

 

Il giovane Anwar el-Sadat non aveva remore a complottare per conto dell’Afrikakorps, perché sperava che i nazisti aiutassero gli egiziani a liberarsi dagli inglesi. Divenuto presidente dell’Egitto nel 1970, lanciò il suo esercito contro Israele nel 1973 durante la guerra dello Yom Kippur. Nonostante questo, nel 1977 si recò a Gerusalemme per incontrare il primo ministro israeliano Menachem Begin, poi firmò con lui, un anno dopo, gli accordi di Camp David, con i quali l’Egitto riconquistò il Sinai perduto nel 1967, facendo così la pace con Israele. Nel 1981 fu assassinato dagli islamisti della Jihad islamica che non gli perdonarono questo riavvicinamento allo Stato ebraico.

Yitzhak Rabin, da giovane fece parte della sezione militare dell’organizzazione terroristica Haganah, poi combatté nel 1948 durante la prima guerra arabo-israeliana, fu capo di stato maggiore nel 1967, durante la Guerra dei Sei Giorni. Primo ministro di Israele dal 1974 al 1977, poi di nuovo nel 1992, firmò gli accordi di Oslo con Yasser Arafat nel 1993, fu assassinato due anni dopo da un estremista religioso, Ygal Amir, contrario al processo di pace avviato con i palestinesi (*).

Figure emblematiche del conflitto israelo-palestinese, questi due statisti sono stati assassinati da estremisti religiosi. Apparentemente, perché la religione è una cortina ideologica dietro cui si nascondono interessi politici.

Esaminando gli itinerari di questi due personaggi politici, viene spontaneo considerare che uno statista è una personalità politica che sa vedere oltre il suo percorso personale, con l’unico obiettivo di servire gli interessi del suo Paese, anche se ciò significa prendere decisioni difficili.

Oggi non c’è una figura con la statura di uno statista, capace di prendere decisioni coraggiose, di imporle al proprio campo, per porre fine a questo sanguinoso conflitto. Netanyahu è un politico miserabile, intrigante e bugiardo, che non ha esitato a tentare di manomettere la Costituzione del suo paese per sfuggire alla prigione. Mahmoud Abbas è a capo dell’Autorità Palestinese solo di nome, screditato dalla corruzione e dal compromesso.

Non c’è l’ombra di uno statista all’orizzonte, per due popoli che tuttavia pretendono di essere uno Stato o di averne uno. Ecco dunque spazio per coloni ebrei suprematisti nei territori occupati, armati e completamente fuori controllo; quindi milizie islamiste come Hamas, il cui obiettivo è il conflitto permanente con Israele. Quale autorità è in grado di ordinare alle parti di fermare le proprie azioni violente?

Questo conflitto è da tempo tenuto in ostaggio da estremisti che nessuno sembra in grado di mettere fuori gioco. Sono loro a dettare legge in questo conflitto e ad imporre i loro tempi a tutti gli altri attori. Se hai l’audacia di uccidere un presidente egiziano o un primo ministro israeliano, allora puoi uccidere chiunque.

È un conflitto che somiglia sempre meno a una guerra tra uno Stato e un’Autorità, ma sempre più a una guerriglia tra fazioni, tra milizie, guidate da signori della guerra che non obbediscono, almeno apparentemente, più a nessuno. Finché le milizie razziste dei coloni o i gruppi terroristici islamici come Hamas non saranno stati neutralizzati dai loro stessi padrini, non ha senso parlare di “pace” o di qualunque “cessazione”.

E di quali padrini stiamo parlando? I padrini degli interessi americani, europei, turchi, russi, iraniani e insomma quelle forze politiche ed economiche che sobillano e armano un mondo che si sta di nuovo sfasciando alla grande. Nel parterre c’è il tifo di un’arena che tutto sommato si diverte quanto più scorre il sangue.

(*) Leggo su Wikipedia che Amir divenne amico di Avishai Raviv, un dichiarato attivista radicale anti-Rabin, in realtà un agente infiltrato dello Shin Bet, il servizio di spionaggio e controspionaggio di Israele, a cui Amir rivelò la sua intenzione di uccidere Rabin.

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