giovedì 9 novembre 2023

La Shoah abusata

 

Mario Draghi lo dice ormai apertamente, anche se lo sottolinea per gli aspetti più propriamente economici e di mancata cooperazione in relazione a problemi come quello dell’immigrazione: l’UE così com’è non può durare.

Abbiamo un’Unione Europea costruita lungo un asse economico/monetario e non politico e geopolitico, che non ha quindi esistenza geopolitica, se non nella modalità del compromesso. Ecco perché non ha mai avuto l’ambizione di svolgere un ruolo geopolitico commisurato al suo peso economico, demografico e storico.

L’UE non ha un ruolo proprio, autonomo e autentico, un peso di “potenza” nelle questioni internazionali. Il caso dei suoi rapporti con Israele e i palestinesi è emblematico e paradossale in tal senso. Le relazioni tra Israele e i paesi europei sono profondamente segnate dalla memoria storica, per i motivi che conosciamo tutti: la nascita di Israele ha come premessa il nazionalismo ebraico e il progetto sionista di creare uno Stato con il consenso generale occidentale, che ha accettato la creazione di questo Stato come compensazione per le vicende storiche dell’antisemitismo.

La Germania, ad esempio, che gioca un ruolo chiave in Europa, non può avere con Israele le stesse relazioni che potrebbe avere con la Corea del Sud o il Messico; il legame tra Germania e Israele è stato costruito attorno a questioni legate al passato, alla storia recente e che ne caratterizzano l’identità. E questo vale, pur se in misura minore, anche per gli altri Stati dell’Unione, per esempio la Sagna (1492), Francia (Dreyfuss), Italia (leggi razziali), Polonia e Ungheria (sebbene fingano innocenza), eccetera.

Israele non avrebbe visto la luce senza il “via libera” occidentale, e specie l’Europa sa bene che l’aver accettato e favorito fin dalle origini il progetto sionista di creare uno Stato, ha creato contestualmente la questione palestinese, ossia quella di un popolo che si è trovato col proprio territorio invaso da degli stranieri.

Il ruolo assunto dall’UE è un perfetto esempio di questa contraddizione che ha radici nella storia. L’UE finanzia e rifornisce Israele a livello militare, ma finanzia anche le infrastrutture palestinesi; Israele distrugge regolarmente queste infrastrutture e l’Unione le ricostruisce, riaffermando il suo legame incrollabile con Israele e lanciando appelli rituali al dialogo e alla pace.

In pratica, l’UE vorrebbe sponsorizzare il dialogo tra israeliani e palestinesi, ma in fondo non assume alcun ruolo reale nel “processo di pace”. Semplice esecutrice della politica estera di Washington, che a sua volta non può, per motivi politici interni, finanziare direttamente l’amministrazione dell’Autorità Palestinese, la quale sopravvive principalmente grazie ai finanziamenti europei.

Netanyahu può sfruttare appieno questa contraddizione che rasenta l’assurdo, basta guardare il disprezzo con cui tiene in conto i leader occidentali, compresi gli americani. Il che dimostra che Israele gode di una reale sovranità e di una propria unicità. Non è un semplice burattino al servizio degli Stati Uniti (che subiscono il ricatto elettorale e finanziario interno del sionismo) e non ha alcun complesso di inferiorità nei confronti dell’Europa, perché sa sfruttare molto abilmente la colpa europea in materia di antisemitismo.

Ad Israele e ai filo-sionisti conviene sempre battere sul tasto dell’antisemitismo. Sanno bene che la creazione dello Stato di Israele e le relative conseguenze hanno generato un nuovo antisemitismo. Lo vediamo chiaramente in questi giorni. A parte i tradizionali rigurgiti antisemiti delle minoranze neonaziste, più in generale l’ostilità verso gli ebrei ha oggi radici molto diverse rispetto al vecchio antisemitismo: si sta diffondendo sotto forma di una ostilità verso lo Stato di Israele, concepito e percepito come uno Stato che perseguita i palestinesi.

La memoria delle persecuzioni antiebraiche in Europa è utilizzata non solo contro l’antisemitismo, che in realtà fa gioco, ma contro le voci critiche su ciò che accade in Palestina a causa delle politiche israeliane. Si tratta dell’utilizzo politico della memoria storica, laddove la Shoah viene abusata, facendola diventare, nell’ordinario, una maschera e un pretesto per giustificare il colonialismo sionista.

La ricerca di un’identità ha bisogno di una dimensione storica per poi sviluppare politiche legate ai fondamentalismi memoriali (lo vedo bene in Veneto ...). Uno dei fondamentalismi memoriali più radicali è dato proprio dal nazionalismo sionista, il quale agisce in chiave etico-religiosa e utilizza la tragedia dell’antisemitismo storico per le politiche neocoloniali e l’apartheid sui palestinesi, e poi, in momenti come questi, per giustificare la brutale vendetta con la quale Israele reagisce ai feroci attacchi di Hamas del 7 ottobre.

La storia dell’antisemitismo europeo, l’orrore in cui l’Europa è precipitata, deve restare un fatto imprescindibile della nostra memoria e di condanna. Tuttavia e più in generale sarebbe bene riflettere sull’utilizzo ideologico di tutte le ormai famose “giornate della memoria”, di prestare maggiore attenzione all’enfasi politica che esse, per come sono proposte, possono incoraggiare in un momento storico di forte regressione proprio di quella stessa “memoria”.


2 commenti:

  1. https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/salvare-israele-da-se-stesso-da-il-fatto/

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  2. L'UE è il ramo economico della NATO (articolo 3 del Patto Atlantico), non può dunque esprimere una propria diplomazia; simul stabunt, simul cadent. La crisi della prima è sintomo delle fratture nella seconda (insofferenza turca per il genocidio dei Palestinesi; aperta ostilità ungherese e slovacca per il proseguimento della fallimentare campagna militare ucraina).
    Se le cose procedono senza variazioni sarà molto imbarazzante celebrare il prossimo Giorno della memoria, sarà come un funerale con un omicida in prima fila.
    (Peppe)

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