giovedì 11 febbraio 2021

Il rosso e il nero


Martedì, un tribunale polacco ha ritenuto la signora Barbara Engelking e Jan Grabowski, professore di storia polacco-canadese all’Università di Ottawa, rinomato storico del periodo dell’occupazione nazista della Polonia, colpevoli di diffamazione e diffusione di “informazioni imprecise”.

Sono stati citati in giudizio da Filomena Leszczynska, nipote di Edward Malinowski, sindaco di una villaggio polacco durante la seconda guerra mondiale, per un passaggio che appare in un loro lavoro, Night Without End. Nel volume, del 2018, è citata una testimonianza che accusa Malinowski di essere stato implicato nelle persecuzione locale di ebrei da parte di soldati tedeschi. A Engelking e Grabowski è stato ordinato di scrivere delle scuse alla nipote per aver diffamato lo zio e “aver fornito informazioni imprecise”.

Il fatto: degli ebrei si rifugiarono in una foresta e, secondo un sopravvissuto citato nel libro, vi furono assassinati dopo che il sindaco di Malinowo aveva rivelato ai nazisti il loro nascondiglio.

Il professor Grabowski ha riconosciuto che lo studio ha commesso un errore fondendo le storie di due ex sindaci di Malinowo che condividevano lo stesso nome, Edward Malinowski. Insomma, il caso è un po diverso e più complicato di come viene generalmente riferito.

L’attuale sindaco di Malinowo, Grzegorz Zaremba, ha dichiarato di aver appreso per la prima volta degli omicidi il mese scorso: “All’improvviso tutti parlavano del nostro piccolo villaggio, ma nessuno sa davvero la verità su quello che è successo qui. Quelli che lo sapevano sono tutti morti”.

In un’intervista del 2020 pubblicada da Krytyka Polityczna, Grabowski, ebbe a dichiarare di provare molto risentimento verso le cosiddette élite democratiche e liberali che, trascurando la storia, hanno consegnato questo importantissimo aspetto della memoria collettiva nelle mani di mitomani e creatori di miti.

La persecuzione contro la popolazione di religione ebraica era guidata e organizzata dai nazisti, ma essi potevano fare affidamento sulla collaborazione delle forze nazionaliste e antisemite locali in tutta l’Europa orientale, specialmente in Polonia, Ucraina e negli Stati baltici. Va detto che un’ampia collaborazione ai persecutori e assassini tedeschi fu data anche in Europa occidentale, specialmente in Francia.

All’inizio e alla metà degli anni 1930, il governo polacco, “ispirato” dalla legislazione antisemita nella Germania nazista, introdusse misure antiebraiche di vasta portata, consentendo alle bande fasciste di terrorizzare gli ebrei nelle strade e nelle università. Durante la guerra, fu il luogo principale di detenzione, schiavizzazione e uccisione degli ebrei europei. I principali Konzentrationslager, compresi Auschwitz, Treblinka, Bełżec e Sobibor, avevano sede in Polonia.

Il Partito Legge e Giustizia, al potere dal 2015, ha cercato di criminalizzare qualsiasi dubbio sull’eroismo dei polacchi durante la guerra e ha finanziato in gruppi di ricerca e progetti museali che presentano la Polonia come la perpetua vittima dell’Europa, del tutto irreprensibile per le vicende connesse al nazismo. Il lavoro di Engelking e Grabowski evidenzia, in particolare, il ruolo svolto dalla polizia polacca (polizia blu).

Delle 27.712 persone classificate come Giuste tra le Nazioni – non ebrei che hanno corso grandi rischi per salvare degli ebrei – più di 7.000 sono polacchi, molti di più che in qualsiasi altro paese. Del resto la Polonia contava la più numerosa popolazione ebraica dEuropa.

L’eroismo polacco, tuttavia, coesisteva con atti di violenza a volte mostruosi. Lo può ricordare un episodio del luglio 1941, quando gli abitanti del villaggio di Jedwabne, a nord-est di Varsavia, rinchiusero più di 300 ebrei, vicini di casa con i quali avevano vissuto pacificamente, in un granaio e appiccarono il fuoco, uccidendoli tutti. 

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