martedì 23 febbraio 2021

Non si è mai abbastanza innocenti


C’è voluto l’assassinio di un diplomatico e di un carabiniere per accorgersi che “là fuori” il mondo è quello di sempre. Oggi come 60 anni fa, a Kindu, dove furono assassinati 13 italiani. A Mogadiscio, in Somalia, nel 1993, toccò a diversi militari italiani. Un anno dopo ad Ilaria Alpi, della quale ci si ricorda perché il caso è diventato oggetto di innumerevoli “inchieste” televisive.

Materie prime in cambio di armi, equipaggiamenti, automezzi e carburante. Un film già visto innumerevoli volte, un grande bazar, apparentemente anonimo, dove si compra e si vende di tutto, compresa ovviamente la vita delle persone.

Non abbiamo una giornata della memoria per il genocidio di milioni di congolesi all’epoca di Leopoldo II. Chi si ricorda del genocidio del Biafra, quello del Ruanda (la Radio Télévision Libre des Mille Collines svolse un ruolo di rilievo nella caccia ai Tutsi), né di altre stragi. Sono troppo lontani da noi i fatti e i luoghi. E poi, a volerle ricordare tutte non basterebbero i giorni del calendario. Bruno Vespa non avrebbe a disposizione abbastanza foto taroccate.

Chi avrebbe mai potuto pensare che nella pacificata Europa post 1989 potesse accadere quanto è avvenuto nella ex Jugoslavia? Ci fu la rincorsa – Vaticano in primis – a riconoscere la cattolica Croazia e la Slovenia, mentre si stava scatenando l’inferno, quello vero. Noi a 200 km eravamo in spiaggia. Fu l’ultima volta che protestai pubblicamente, per l’inerzia dimostrata dall’Italia e dall’UE, ricevendo in cambio sorrisi di scherno.

*

Niccolò Machiavelli, nel novembre del 1509, fu inviato al campo dell’imperatore Massimiliano presso Mantova e poi a Verona. Imperversava a quel tempo la guerra della Lega di Cambrai (un trafiletto anche nei libri di scuola!), che la Repubblica di Venezia perse sui campi di battaglia ma vinse ai tavoli della diplomazia, riuscendo mediante accordi separati a dividere il fronte dei coalizzati. Machiavelli fu testimone della ferocia delle truppe imperiali e dell’eroica resistenza delle popolazioni venete che salvarono la Repubblica.

Nel Discorso sopra le cose d’Alemagna, scriveva: «[...] e tutto di occorre che uno di loro preso si lascia ammazzare per non negare il nome viniziano. E pure jersera ne fu uno innanzi a questo vescovo [Giorgio di Neydeck, vesovo di Trento e luogotenente imperiale a Verona], che disse che era marchesco [fedele alla repubblica di Venezia], e marchesco voleva morire, e non voleva vivere altrimenti: in modo che il vescovo lo fece appiccare; né promessa di camparlo ne d’altro bene lo posse trarre di questa opinione: dimodoché, considerato tutto, è impossibile che questi Re tenghino questi paesi conquestati con questi paesani vivi».

Pragmatico il Machiavelli: ammazziamoli tutti.

In nota, a p. 312 del I vol. delle Opere complete, edite a Milano da Francesco Sanvito (1859), l’anonimo curatore, scriveva:

«Andrea Mocenigo e il francese Dubos, che scrissero la storia della famosa lega di Cambrai, attestano che la barbarie dei Tedeschi fosse allora giunta a tal segno, che non contenti di tormentare nel più atroce modo i contadini che cadevan loro nelle mani, avevano altresì ammaestrato cani per iscoprire le donne i fanciulli appiattati ne’ campi».

Non solo tedeschi, ma anche i francesi facevano a gara in ferocia. Un episodio può offrire l’idea.

Il 13 maggio 1510, un anno dopo la disfatta veneziana di Agnadello, il comandante degli imperiali, il principe d’Anhalt, uscì col suo esercito da Verona intenzionato a riconquistare Vicenza, che, scacciati gli imperiali, era ritornata con i veneziani. Dapprima tentarono l’assalto al castello di Longare, dove trovarono strenua resistenza, perciò si diressero a Mossano, i cui abitanti, certi delle rappresaglie delle soldatesche, avevano scelto rifugio nelle grotte di san Bernardino, presso Barbarano, e lì s’erano nascoste 1.200 persone, quasi tutte donne e bambini. I francesi dettero fuoco a delle cataste di legna poste all’imboccatura delle cave causando la morte per soffocamento di tutti quegli infelici, salvo una giovane donna e due bambine (*).

Di questa e di altre “comuni” stragi non c’era traccia sui miei libri di scuola. E sui vostri?

(*) La grotta di san Bernardino fu frequentata nel paleolitico inferiore e medio da preneandertaliani, poi da neandertaliani, quindi da gruppi di uomini moderni del paleolitico superiore e del mesolitico. Sono stati rinvenuti resti di diversi focolari con ceneri, risalenti a circa 250 mila anni fa, tra i più antichi sinora ritrovati, prova della domesticazione del fuoco da parte dei neandertaliani. Come altre grotte dei Berici, anche questa fu utilizzata, come nel caso riportato, come rifugio.


1 commento:

  1. https://officinadeisaperi.it/eventi/signore-signori-il-potere-da-il-manifesto/

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