venerdì 26 febbraio 2021

Il botto

 

La causa principale del nervosismo sui mercati finanziari è la continua svendita dei titoli di stato, il cui prezzo scende e aumenta il loro rendimento, ossia il tasso d’interesse (prezzo e rendimento si muovono in direzioni opposte).

I pacchetti di stimoli all’economia, per esempio quello da 1,9 trilioni di dollari proposto dall’amministrazione Biden, finanziato interamente dal debito pubblico e non con tassazione, porterà a un rapido aumento dell’offerta di obbligazioni, riducendo il loro prezzo e facendo salire i tassi d’interesse, nonostante gli sforzi della Fed per mantenerli bassi attraverso il suo programma di acquisto di asset.

Durante la giornata di ieri il rendimento dei titoli del Tesoro USA a 10 anni, fondamento del sistema finanziario statunitense e globale, è salito fino all’1,6%, rispetto ai livelli di circa l’1,3% all’inizio della settimana, prima di tornare all’1,5%.

Scostamenti minimi, che però nell’attuale situazione sono sufficienti a creare nervosismo nei mercati finanziari. Non è tanto il livello assoluto dei tassi d’interesse a preoccupare ma la velocità con cui aumentano.

I rendimenti dei titoli di Stato Usa a 10 anni hanno eguagliato i rendimenti delle azioni quotate nell’S&P 500. Chi ha in portafoglio azioni che fin qui hanno reso di più, le vende per comprare i titoli governativi.

La vendita delle obbligazioni si è estesa alla Nuova Zelanda e all’Australia. Questa settimana il rendimento dei titoli di stato decennali australiani è salito all’1,64%, il livello più alto in due anni, spingendo la Reserve Bank of Australia a intervenire sul mercato con ulteriori acquisti.

Una montagna di capitale fittizio speculativo, a fronte di debiti pubblici mostruosi, che ora agisce come forza dominante nell’economia degli Stati.

I prezzi degli asset potrebbero diventare insostenibili per le banche centrali e l’inflazione aumentare. Del resto i governi per sostenere l’economia devono “stampare” moneta, ossia emettere nuovo debito, in un circolo vizioso che porterà prima o poi a un collasso del sistema su vasta scala. Non si tratta di sapere se accadrà, ma solo quando. E più tardi sarà, maggiore sarà il botto.

3 commenti:

  1. (sono sicuro che la interesserà leggere)

    ERA FCA, OGGI È STELLANTIS MA, SCARICA GLI ONERI SEMPRE SULLO STATO E GLI OPERAI: ORMAI È UN CLASSICO DEGLI AGNELLI

    Era spremitura sulle linee, ritmi forsennati, salari da fame, cassa integrazione. E per gli operai è ancora così.

    Dell’operazione Stellantis, nata dall’accordo tra i marchi di casa Peugeout e Fca, finora sappiamo che la famiglia Agnelli si è assicurata una cedola di 828 milioni di euro e il 50% dei profitti che si dividerà con i soci francesi.
    Se il capitale prospera, la miseria operaia pure. “Il profitto sale nella misura in cui il salario cade”, sembra sia stato detto appositamente per raccontare quel che accade in tutti gli stabilimenti FCA-Stellantis. Solo nel mese di febbraio in 3 siti è stata richiesta la cassa integrazione. Nello stabilimento di Melfi riguarda oltre settemila operai che saranno tenuti in cassa integrazione parziale o totale, con calendari stabiliti settimanalmente, almeno fino al 31 Marzo. Nel reparto Presse di Mirafiori c’è cassa integrazione fino al 5 marzo. A Pomigliano le organizzazioni sindacali al termine dell’incontro con l’azienda del 23 febbraio hanno informato che “l’attività lavorativa sarà sospesa nelle giornate del 1 marzo, 5 marzo, 8 marzo, 9 marzo e da mercoledì 17 marzo al 26 marzo”. La necessità di fronteggiare gli effetti della complessiva situazione di mercato causata dall’epidemia e dalle sue ricadute sul sistema globale delle forniture di componenti elettroniche essenziali per l’assemblaggio sono le motivazioni che l’azienda ha fornito per le giornate di fermo produttivo. La gran parte degli operai di questi stabilimenti non maturerà i ratei mensili con ulteriori riduzioni di salario. La cassa integrazione interviene dopo diversi mesi di intenso recupero di produttività in ragione dell’aumento delle richieste che ha fatto seguito alla fase della prima ondata pandemica. A Pomigliano la produzione sulle linee è passata in questi giorni da 465 a 470 auto per turno di lavoro. Subito dopo è scattata la nuova cassa integrazione. Gli operai vengono chiamati a buttar le mani, a fare sacrifici, a rompersi capo e collo, come dimostra l’ultimo grave infortunio di Pomigliano, quando è il momento per il padrone di trarre il massimo profitto, poi parcheggiati in cassa integrazione con salari smagriti. Consumati nel fisico e impoveriti nelle tasche. Per gli andamenti ciclici di mercato sono loro a pagare dazio. Le organizzazioni sindacali si dicono preoccupate, vogliono vederci più chiaro, chiedono che si arrivi a un confronto sul piano industriale! Ma più chiaro di così? Il padrone Stellantis, dentro e fuori i confini italiani, scandisce a tappe forzate, in cui alterna brutale sfruttamento e immiserimento salariale, il suo piano. Qual è il piano dei sindacati per difendere gli operai dall’aumento dei ritmi di lavoro, dal rischio per la loro sicurezza, dalla diffusione del contagio nelle grandi fabbriche, dai continui tagli salariali? Assecondare sempre le scelte aziendali. Al più, quelli che vorrebbero conciliare le esigenze tecniche e organizzative dell’azienda con i salari degli operai propongono una cassa integrazione distribuita tra i mesi di marzo e aprile con l’utilizzo dei Par per non perdere i ratei. Ma non vengono neanche ascoltati. Sembra arduo oggi il compito di mediazione di chi crede, ancor più nella crisi, che gli interessi aziendali siano conciliabili con gli interessi operai.
    Se non si reagisce, se si accetta tutto passivamente, se si lascia fare ai servi aziendali, anche questi già miseri salari possono diventare ancora più miseri, e le peggiori condizioni di lavoro peggiorare di più. Se al peggio non c’è limite, solo degli operai consapevoli dei loro reali interessi, e su questi disposti a dar battaglia, possono essere il limite con il quale il padrone sarà costretto a misurarsi.
    A. B.

    RispondiElimina
  2. Però occorre distinguere fra rendimento e tasso di interesse. Io direi che il tuo discorso va bene per le nuove emissioni, dove i due concetti tendono a confondersi.
    Anch'io credo che ci sarà inflazione, perché la massa monetaria è diventata imponente. Il fatto che la ricchezza finanziaria abbia finora trovato sbocchi solo finanziari, ossia sia rimasta a circolare in circuiti chiusi, ha impedito che l'effetto dell'eccesso di liquidità si vedesse al supermercato. Questione di tempo.
    Un po' meno certo è il default dei grandi paesi, visto che il debito sarà appunto riassorbito, in termini reali, via inflazione. Importante, sotto questo punto di vista, è che l'inflazione non sia confinata solo ad alcuni paesi, ma sia generalizzata. Sotto questo profilo, la moneta unica non è una garanzia, perché il livello dei prezzi non è stato unificato con l'avvento dell'euro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. avrai compreso che in questo genere di post bisogna andare lisci

      i debiti prima o poi bisogna pagarli. sappiamo chi li pagherà, con quali costi sociali. ci sarà grande rischio per gli assetti democratici, come solito

      non c'è più alcun fenomeno di questo tipo, salvo in situazioni storiche particolari, che possa essere confinato. certo, i più forti tenderanno a scaricare sui paesi più deboli, va da sé

      Elimina