giovedì 4 maggio 2017

Una frode politica

È tutto uno stracciarsi le vesti perché Mélenchon non ha dato indicazioni di voto, di scegliere cioè di votare per il rappresentante del capitale finanziario, l'alleato di Berlino e del Partito democratico americano invece che per la leader della destra neofascista. È il solito ricatto, la camicia di forza entro la quale costringere milioni di schiavi di questo sistema a scegliere i propri sfruttatori e carcerieri, sempre la stessa minestra borghese.

E però Mélenchon venerdì scorso ha dichiarato che andrà a votare. Ciò rappresenta già una dichiarazione di voto, tanto più quando inviata a non “commettere il terribile errore di dare il voto per il Fronte Nazionale”. Il fatto stesso che Mélenchon si sia candidato alle presidenziali, conferma la natura del partito e degli interessi che egli rappresenta. Il fatto stesso che egli si proponga come primo ministro sotto Macron, dicendo di essere “pronto a governare questo paese se conquistiamo la maggioranza” alle elezioni legislative di giugno, la dice lunga su queste elezioni: sono una frode politica.

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Dopo che la “sinistra” ci ha salvato dal peccato originale della lotta di classe, la “nuova” destra anti-ideologica ci lusinga attraverso il voto promettendo un cambiamento radicale e un miglioramento sostanziale della condizione dei poveri e dei senza lavoro con un sussidio mensile. Sortilegio della crisi generale del sistema borghese è la revoca di ciò che ogni costituzione fin qui aveva promesso: un lavoro in cambio di un salario.

Mentre l’economia si arricchisce col denaro morto, questi nuovi movimenti politici servono al sistema per confermare in ogni buon elettore che se anche la sua condizione di schiavo non può cambiare e migliorare entro il quadro degli attuali rapporti schiavistici, gli sarà comunque garantito, sotto il guanto della solidarietà sociale dal quale spunta l’artiglio del potere, lo stretto necessario per la sopravvivenza in cambio di obbedienza.

Senza una critica pratica e radicale della formazione sociale capitalistica e delle condizioni di sfruttamento sulle quali essa poggia, ossia senza un programma per il superamento dei rapporti di produzione capitalistici, ogni discorso sul cambiamento è fumo negli occhi. Tutti gli sforzi della vecchia società moribonda sono volti a inculcarci la menzogna dalla quale tutte le altre provengono: che la fine del capitalismo sia la fine del mondo e non invece la fine del suo dominio totalitario sul mondo.

  
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4 commenti:

  1. La vecchia società moribonda che non tira mai le cuoia mi ricorda Ka-Du-Te-Ta, in lingua Sioux "La-vecchia-che-non-muore-mai". Una divinità che, secondo la leggenda, insegnò agli indiani a coltivare la terra. Queste vecchiacce sono imprevedibili: una volta ti inventano il capitalismo e un'altra inventano i contadini.
    Scusate la digressione ma per i miei ottant'anni mi
    hanno regalato due bottiglie di Amarone del 2007.

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  2. Risposte
    1. Anch'io la penso come... Methuselah... specie a causa di voi due... sornioni!

      Plinio il Vecchio

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  3. Uno dei post "politici" più belli e pregnanti dell'ultimo periodo. E io mi sento sempre più bordighista.

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