lunedì 1 maggio 2017

Poiché di questo si tratta



Con le accelerazioni tecnologiche in corso non v’è certezza di nulla nemmeno in capo ad un lustro, e dal punto di vista dell’impatto sociale questo fatto, nella più favorevole delle ipotesi, viene sottostimato. Il che, però, non è casuale poiché nessun discorso serio sulle conseguenze di tali trasformazioni deve intaccare il corso delle cose, laddove le “cose” sono i grandi interessi costituiti.

I giovani in età di studi, salvo eccezioni, non possono dire se avranno un lavoro e quale. Nessun lavoratore del settore privato può dirsi sicuro che domani avrà un lavoro. Nessun lavoratore anziano può dirsi certo di quando andrà in pensione, salvo non sia prossimo (anzi, nemmeno in tal caso). Nessun giovane lavoratore può oggi dire se e quando andrà in pensione, ed ad ogni modo il suo assegno previdenziale sarà nella stragrande maggioranza dei casi “da fame” (*).



Un lavoro vero dovrebbe essere garantito, con allegati diritti e tutele, commisurato per quantità e qualità allo sviluppo raggiunto dalla società e alle capacità e talenti di ognuno. Con un salario che consenta una vita dignitosa. In sua vece è vagamente promesso un reddito di elemosina pubblica e dunque di ricatto.

Se quanto stabilito dal vigente dettato costituzionale, poiché di questo si tratta, non è garantito ed è anzi in ogni circostanza negato nei fatti, ciò non accade solo perché a governare questo paese sono dei volgarissimi briganti, delle marionette nelle mani delle lobby corporative ed economiche, delle mafie.

Accade anche perché siamo troppo distratti ed evitiamo di prendere in seria considerazione queste cose, e si fa prima, per esempio, a mettere la croce addosso ai più anziani, ai “garantiti”, colpevoli ideali. È più comodo favoleggiare alternative inesistenti entro questo stesso sistema economico. Molte volte in buona fede, ma ciò non giustifica o assolve.

Il modo col quale si affrontano queste questioni nel dibattito pubblico ricalca perfettamente quelle che sono le coordinate ideologiche dei padroni del mondo. Sono discorsi facili da comunicare (ogni paese ha i suoi Trump, i suoi Renzi, i suoi talk show, ecc.), la cui efficacia è certa. È il modo col quale la classe dominante costruisce l’immagine e la funzione di se stessa e della società (la migliore possibile).

Non c’è bisogno di analisi sociologiche complicate per stabilire che viviamo in una società che può essere spiegata solo in termini psichiatrici, dove si ha sempre meno contatto con le persone e i fatti reali, e dove gli individui sono costretti a vivere e misurarsi quotidianamente con un senso d’insicurezza e di confusione identitaria (giovane sempre, consumatore, alla costante ricerca di nuovi appagamenti, mai abbastanza cool) che diventa insostenibile.

(*) Una legge del 1995 imponeva alle diverse casse previdenziali l'invio di una informativa previdenziale per rendere i cittadini più consapevoli sull'assegno pensionistico che avrebbero percepito. Ci si è arrivati solo 21 anni dopo, nel 2016. Quanti finora hanno ricevuto la famigerata busta? Ben pochi.

Dalle simulazioni effettuate dal Centro Studi Itinerari Previdenziali, emerge che se una persona comincia a 20 anni a versare contributi (ipotesi ormai perlopiù fantastica), si è calcolato che va in pensione a 67,9 anni e avrà un assegno di circa il 70-72 % dell'ultima retribuzione. E però sappiamo bene quali sono le retribuzioni medie odierne e non c’è da farsi illusioni su quelle future.

9 commenti:

  1. ...in una società che può essere spiegata solo in termini psichiatrici...

    (cito a braccio da un altro blogger)"il capitalismo richiede all' individuo strategie di sopravvivenza [sociale] sempre più complicate" e nessuno, per quel che vedo, riesce a starci al passo se non per un breve fulgente periodo.

    diciamo, semplificando, che dal rapporto "verticale" di dominio e sfruttamento ricade una molteplicità di rapporti sociali "orizzontali" di corrispondente dominio e sfruttamento, rapporti sociali che annichiliscono qualsiasi tentativo di evasione, d' individualità.

    la legge sociale è sempre più ferrea: è la riproduzione allargata del Capitale che si riproduce in ogni piega dell' umano, davanti (anzi dietro) ai nostri occhi.

    In questo senso il comunismo, nella mia approssimativa lettura, va nel senso del individuo, nel ridefinire i rapporti a suo favore, e perfino quel borghesaccio di Freud ha segnalato in merito qualcosa di importante, sebbene sia stato per molti versi abbondantemente superato dalla storia: è su questo substrato costruito nell' imitazione sociale quotidiana che i media intervengono, altrimenti sarebbero inefficaci





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    1. sono d'accordo "nel senso dell'individuo" ma va aggiunto che questo vuol dire andare contro le famiglie. Se no evadiamo pure qua.
      Bisogna comprendere che il terereno dello scontro è questo. Il capitalismo per sua natura cerca di atomizzare l'individuo, il comunismo deve socializzarlo... son cose antitetiche ma il terreno è quello. Scusa la fretta, vado di accetta.

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  2. “Il lavoro è la priorità” e “laddove la struttura produttiva e sociale non è più in grado di assicurare quelle condizioni che sorreggono i nostri diritti di cittadinanza, allora la crisi rischia di contagiare le stesse istituzioni rappresentative”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del primo maggio.

    P.S: iniziano a preoccuparsi, che ne dice?

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  3. non si può esprimersi in termini di colpa, qui, e nemmeno di responsabilità laddove siam tutti vittime. C'è però da considerare che una certa generazione - e dentro a questa generazione in misure diverse - s'è impossessata delle risorse esistenti a scapito delle future. E infinitamente più che in altri paesi. Ma questo non perché gli integranti di questa generazione siano cattivi o stupidi, ma perché l'Italia non è Europa e dire che l'Italia è Europa è sempre stata una bugia enorme. Gli uomini, si sa, cercano di coprire una bugia con un'altra bugia ma quando si iniziano a dire bugie su bugie si arriva ad una situazione in cui non si può dir altro che bugie (l'unione europea).
    L'Italia ha una sua storia, ridicola e tragica al tempo stesso, europea solo per contatto geografico... E i suoi interessi costituiti (quando?) hanno cercato di attraversare la rivoluzione borghese facendo finta di essere borghesi ma preservando e ricalcando il modello feudale di relazioni sociali. E' scritto questo nel Gattopardo, no?
    Il capofamiglia s'è accaparrato i beni esistenti per il bene dei propri figli, è naturale (da noi). Allora questa struttura arcaica e piramidale fatta passare (con notevole tolleranza e ipocrisia dei "partner" europei) per la cruna dell'ago liberale ha reso due realtà dell'Italia, in perenne conflitto reciproco. Quella "rappresentata" e quella de facto; quella "repubblicana" e quella delle famiglie. (togli le famiglie e non rimane nulla).
    L'Italia ricchissima ma stracciona al tempo stesso; furba ma idiota, eccellente ma scadente, nord sud, donne uomini, vecchi e giovani ecc ecc lungo tutte le divisioni di un'Unità impraticabile. Le statistiche in Italia non dicono più niente. In media saremmo anche ricchissimi, ma in realtà schiavi. Possiamo essere in recessione o crescere del 10% è lo stesso, ormai si è capito.
    L'Italia a ben vedere rappresenta un fallimento del capitalismo e per questo è molto interessante.

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    1. sono d'accordo sul fatto che l'Italia non è Europa. e poi d'italie ne esistono più d'una.
      non sono d'accordo quando scrivi: C'è però da considerare che una certa generazione - e dentro a questa generazione in misure diverse - s'è impossessata delle risorse esistenti a scapito delle future.

      non è vero che una certa generazione ecc. , anche se mitighi il giudizio scrivendo " in misure diverse". per esempio, il fatto che da sempre i padroni dichiarino meno imponibile dei dipendenti vorrà pur dire qualcosa. il fatto che sei pensioni su dieci non arrivino alla mera sussistenza è un altro fatto.

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    2. http://www.repubblica.it/economia/2017/05/01/news/istituto_toniolo_giovani-164362470/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

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    3. come dicevo sopra, con le statistiche non andiamo bene. Più che contare gli assegni sarebbe indicativo vedere CHI prende pochissimo e CHI moltissimo e capire quanto gli uni dipendano dagli altri (e perché). (e poi c'è chi non prende niente, ma è minuscolo). E tutto si tiene, perché è innegabile che il sistema italiano, per quanto falso, sia stabile. E capire, ancora, quanto poco tutto ciò abbia a che fare col lavoro, con la democrazia o con l'Europa ed assomigli invece terribilmente al mondo feudale dove i capifamiglia e capibastone imperano dispoticamente, a mance e botte, sui propri sottoposti. E la chiamano "responsabilità" o "democrazia", a seconda delle convenienze. E capire, ancora, che tutto questo riguarda, per forza di cose, soprattutto una generazione. Ma avanti così e si riprodurrà, con meno risorse e ancor più fascismo, anche nelle successive. E l'Italia è salva.
      Dipendesse da me, vi butterei a mare tutti. Tu sai nuotare. Ciao.

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  4. Siamo tutti vittime dei "signori del discorso" ; e non è una questione di "mancanza di cultura" perché i "ceti semicolti" ne sono ben di più "circonvenuti" dei "ceti popolari" che almeno "sentono" che lo hanno preso in tasca , anche se non capiranno mai "come e perchè".
    ws

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