giovedì 25 agosto 2016

Imperium sine fine


Credo non molti sappiano che l’aquila imperiale napoleonica, come appare per esempio in un grande dipinto del David conservato a Versailles, Il giuramento dell’esercito dopo la distribuzione delle aquile (1810), ha per matrice un’aquila imperiale di epoca augustea, in marmo italico, probabilmente realizzata da maestranze romane. L’artista udinese Leopoldo Zuccolo la riprodusse su un cartone traendola da quella conservata nell’ex museo Moschettini di Aquileia. L’originale, a matita, poi inciso da Francesco Bellomo, già al Kunsthistorisches museum di Vienna, si conserva attualmente presso la Biblioteca civica udinese.

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Aquileia, municipio della X regione augustea (Venetia et Histria), fu in epoca imperiale il principale porto e centro commerciale dell’Adriatico, vi si giungeva da Classe (porto militare di Ravenna) percorrendo la via Popilia-Annia, oppure incrociando la Postumia, arteria che tutt’ora conduce ad Oderzo, città antichissima, che fu Opitergium.

Aquileia fu città opulenta e orgogliosa, caposaldo del sistema di difesa imperiale, subì le vicende di quell’epoca d’angoscia che per molti versi si offre come sfondo secolare dei problemi attuali. In rapporto alla popolazione dell’epoca, l’epidemia di vaiolo della seconda metà del III secolo non fu in Europa e nell’impero meno devastante delle recenti guerre mondiali. Alla quale però non seguì alcun Piano Marshall, tutt’altro. Pare che a Roma di “peste antonina” morissero fino a 5.000 al dì. Fu portata entro i confini dell’impero dai reduci di una campagna contro i Parti (oggi importiamo altre “epidemie”).




A questo flagello, quasi due secoli dopo, nel 1498 BP, ne seguì un altro, celeberrimo e per molti aspetti leggendario. Le orde di Attila saccheggiarono la città. Tuttavia foro, templi, terme, anfiteatri, ville, domus, statue, portici, magazzini, seppur danneggiati, rimasero lì. Che fine hanno fatto? Sicuramente il re degli Unni non c’entra.




Molto nota è la basilica, soprattutto per i suoi pavimenti musivi, in verità più adatti a una pescheria che a una chiesa. Infatti, se non siete visitatori frettolosi e distratti, se invece siete pedantemente curiosi, potete contare riprodotti in piccole tessere almeno 253 esemplari ittici. Entrando, subito a sinistra, si possono visitare gli scavi. Al primo strato appartengono le fondamenta dell’antica basilica (quasi completamente distrutta nell’apocalittico terremoto del 1348), nel secondo, pavimenti musivi di una domus. Sul lato destro, guardando l’altare, si può scendere nella cripta le cui pareti sono affrescate (e forse molto restaurate).



Ad Aquileia si respira un’aria di pace e tranquillità, là tutto è storia e si palesa la consapevolezza sul destino comune inerente alle cose umane. Kingdoms are clay, mi pare dicesse Shakespeare. Se lungo l’itinerario archeologico vi capita d’incontrate un antichissimo aquileiese in toga, vedrete che non stupirete più di tanto. Potrebbe raccontarvi, se ne ha voglia, di quanto fossero gaudenti e buongustai, e che nel porto arrivasse il garum dalla Bizacena (Tunisia). Di come fossero rilassati i costumi (vedi foto qui sotto), e avvertissero il presagio della fine .



La visita ad Aquileia non offre solo l’occasione per una riflessione escatologica. Segnalo che prospiciente la basilica c’è una pasticceria artigianale, con tavolini anche all’aperto, che merita una prolungata sosta ristoratrice. Uno spirito umbratile ma anche goloso come Theodor Mommsen, che resiedé non lontano da qui, pare inviasse un proprio incaricato per approvvigionarsi di dolci.



Qui la celebre torta Mommsen
(crema chantilly con scaglie di cioccolato fondente alla menta)

Colonnato ripreso dell'ingresso al museo

E veniamo al museo archeologico, che data dal XIX secolo con sede in villa Cassis Faraone. È uno dei maggiori musei sulla civiltà romana (anche quello “longobardo” di Cividale merita una visita). Dopo il riordino dei primi anni Cinquanta, a parte lo spostamento di qualche vetrina, ha mantenuto l’aspetto attuale. L’anno prossimo, mi è stato riferito, subirà una radicale ristrutturazione degli ambienti interni. Nelle sale del piano terra è in corso un’esposizione di reperti di epoca achemenide di pregevolissima fattura (Leoni e Tori dall'antica Persia ad Aquileia). Lungo gli estesi portici, esterni al fabbricato della villa, è collocata una cospicua galleria lapidaria e mosaici pavimentali di notevole qualità.






Scorcio dei portici del museo e due mosaici


Una prima considerazione che si può trarre vedendo gli oggetti esposti è quella che, quantomeno dal punto di vista artigianale, in seguito non è stato creato nulla di particolarmente nuovo (compreso il kitsch). Manca al museo un proprio catalogo. L’ho segnalato per iscritto, dunque entro questo secolo si provvederà. Ad ogni modo, almeno per i reperti lapidei è disponibile un vecchio volume che ne riproduce, in bianco e nero, alcune decine.



Tra gli altri anche questo bassorilievo della foto qui sopra, al quale è stato dato il titolo: Giove e il sacrilego. Il sacrilego mostra il suo pisellino probabilmente presso la tomba di un defunto, suscitando l’ira di Giove che scaglia i suoi fulmini. Il volume è acquistabile presso l’edicola-cartoleria a pochi passi dal museo, lungo il cardine massimo, l'attuale via Giulia Augusta.


Il resto lo scoprirete da soli, ma affrettatevi poiché la mostra persiana chiude tra poche settimane e dopo la “grande ristrutturazione” sarà il tamburo mediatico a richiamare torme di turisti affamati di kultura.

4 commenti:

  1. Grazie.
    Il bellissimo vaso, o meglio boccale, d'oro con protome leonina alata è un rhyton, una classica tipologia achemenide. Molto probabilmente utilizzato per libazioni sacre. E' un miracolo che simili oggetti d'oro si siano conservati fino a noi, scampando a millenni di ladri, invasori, capitalisti, ayatollah e pazzoidi vari.

    Invece la signorina che svolge una nota funzione sul personaggio maschile sdraiato è stata forse decapitata da qualche invasato bigotto cristiano. Le sue forme nude ricordano quelle delle flessuose ragazze della XIX Dinastia egiziana, che però, più discrete, non ricordo avere mai visto impegnate in pratiche sessuali.

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  2. 'Kingdoms are clay, our dungy earth alike feeds beast as man'....Antony and Cleopatra. Mes compliments, Madame, e grazie per il bellissimo excursus, rarità in questi tempi di assoluta barbarie.

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