Credo
non molti sappiano che l’aquila imperiale napoleonica, come appare per esempio
in un grande dipinto del David conservato a Versailles, Il giuramento dell’esercito dopo la distribuzione delle aquile
(1810), ha per matrice un’aquila imperiale di epoca augustea, in marmo italico,
probabilmente realizzata da maestranze romane. L’artista udinese Leopoldo
Zuccolo la riprodusse su un cartone traendola da quella conservata nell’ex
museo Moschettini di Aquileia. L’originale, a matita, poi inciso da Francesco
Bellomo, già al Kunsthistorisches museum di Vienna, si conserva attualmente presso la
Biblioteca civica udinese.
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Aquileia,
municipio della X regione augustea (Venetia
et Histria), fu in epoca imperiale il principale porto e centro commerciale
dell’Adriatico, vi si giungeva da Classe (porto militare di Ravenna)
percorrendo la via Popilia-Annia, oppure incrociando la Postumia, arteria che
tutt’ora conduce ad Oderzo, città antichissima, che fu Opitergium.
Aquileia
fu città opulenta e orgogliosa, caposaldo del sistema di difesa imperiale, subì
le vicende di quell’epoca d’angoscia che per molti versi si offre come sfondo
secolare dei problemi attuali. In rapporto alla popolazione dell’epoca, l’epidemia
di vaiolo della seconda metà del III secolo non fu in Europa e nell’impero meno
devastante delle recenti guerre mondiali. Alla quale però non seguì alcun Piano
Marshall, tutt’altro. Pare che a Roma di “peste antonina” morissero fino a
5.000 al dì. Fu portata entro i confini dell’impero dai reduci di una campagna contro
i Parti (oggi importiamo altre “epidemie”).
A
questo flagello, quasi due secoli dopo, nel 1498 BP, ne seguì un altro,
celeberrimo e per molti aspetti leggendario. Le orde di Attila saccheggiarono
la città. Tuttavia foro, templi, terme, anfiteatri, ville, domus, statue,
portici, magazzini, seppur danneggiati, rimasero lì. Che fine hanno fatto? Sicuramente
il re degli Unni non c’entra.
Molto
nota è la basilica, soprattutto per i suoi pavimenti musivi, in verità più
adatti a una pescheria che a una chiesa. Infatti, se non siete visitatori frettolosi
e distratti, se invece siete pedantemente curiosi, potete contare riprodotti in
piccole tessere almeno 253 esemplari ittici. Entrando, subito a sinistra, si possono
visitare gli scavi. Al primo strato appartengono le fondamenta dell’antica
basilica (quasi completamente distrutta nell’apocalittico terremoto del 1348),
nel secondo, pavimenti musivi di una domus. Sul lato destro, guardando
l’altare, si può scendere nella cripta le cui pareti sono affrescate (e forse
molto restaurate).
Ad
Aquileia si respira un’aria di pace e tranquillità, là tutto è storia e si palesa la consapevolezza sul destino comune inerente alle cose umane. Kingdoms are clay, mi pare dicesse Shakespeare. Se lungo l’itinerario
archeologico vi capita d’incontrate un antichissimo aquileiese in toga, vedrete
che non stupirete più di tanto. Potrebbe raccontarvi, se ne ha voglia, di quanto
fossero gaudenti e buongustai, e che nel porto arrivasse il garum dalla Bizacena (Tunisia). Di come fossero rilassati i costumi
(vedi foto qui sotto), e avvertissero il presagio della fine .
La
visita ad Aquileia non offre solo l’occasione per una riflessione escatologica.
Segnalo che prospiciente la basilica c’è una pasticceria artigianale, con
tavolini anche all’aperto, che merita una prolungata sosta ristoratrice. Uno
spirito umbratile ma anche goloso come Theodor Mommsen, che resiedé non lontano
da qui, pare inviasse un proprio incaricato per approvvigionarsi di dolci.
Qui la celebre torta Mommsen
(crema chantilly con scaglie di cioccolato fondente alla menta)
Colonnato ripreso dell'ingresso al museo
E
veniamo al museo archeologico, che data dal XIX secolo con sede in villa Cassis
Faraone. È uno dei maggiori musei sulla civiltà romana (anche quello
“longobardo” di Cividale merita una visita). Dopo il riordino dei primi anni
Cinquanta, a parte lo spostamento di qualche vetrina, ha mantenuto l’aspetto
attuale. L’anno prossimo, mi è stato riferito, subirà una radicale ristrutturazione
degli ambienti interni. Nelle sale del piano terra è in corso un’esposizione di
reperti di epoca achemenide di pregevolissima fattura (Leoni e Tori dall'antica Persia ad Aquileia). Lungo gli estesi portici,
esterni al fabbricato della villa, è collocata una cospicua galleria lapidaria e mosaici pavimentali di notevole qualità.
Scorcio dei portici del museo e due mosaici
Una
prima considerazione che si può trarre vedendo gli oggetti esposti è quella
che, quantomeno dal punto di vista artigianale, in seguito non è stato creato
nulla di particolarmente nuovo (compreso il kitsch).
Manca al museo un proprio catalogo. L’ho segnalato per iscritto, dunque entro
questo secolo si provvederà. Ad ogni modo, almeno per i reperti lapidei è
disponibile un vecchio volume che ne riproduce, in bianco e nero, alcune
decine.
Tra gli altri anche questo bassorilievo della foto qui sopra, al quale
è stato dato il titolo: Giove e il
sacrilego. Il sacrilego mostra il suo pisellino probabilmente presso la
tomba di un defunto, suscitando l’ira di Giove che scaglia i suoi fulmini. Il
volume è acquistabile presso l’edicola-cartoleria a pochi passi dal museo, lungo
il cardine massimo, l'attuale via Giulia Augusta.
Il
resto lo scoprirete da soli, ma affrettatevi poiché la mostra persiana chiude
tra poche settimane e dopo la “grande ristrutturazione” sarà il tamburo mediatico a richiamare torme di
turisti affamati di kultura.
Grazie.
RispondiEliminaIl bellissimo vaso, o meglio boccale, d'oro con protome leonina alata è un rhyton, una classica tipologia achemenide. Molto probabilmente utilizzato per libazioni sacre. E' un miracolo che simili oggetti d'oro si siano conservati fino a noi, scampando a millenni di ladri, invasori, capitalisti, ayatollah e pazzoidi vari.
Invece la signorina che svolge una nota funzione sul personaggio maschile sdraiato è stata forse decapitata da qualche invasato bigotto cristiano. Le sue forme nude ricordano quelle delle flessuose ragazze della XIX Dinastia egiziana, che però, più discrete, non ricordo avere mai visto impegnate in pratiche sessuali.
Madame, je l'aime...
RispondiEliminagrazie, ma sono già impegnata, sennò ...
Elimina'Kingdoms are clay, our dungy earth alike feeds beast as man'....Antony and Cleopatra. Mes compliments, Madame, e grazie per il bellissimo excursus, rarità in questi tempi di assoluta barbarie.
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