giovedì 4 febbraio 2016

Spartacus non era anticapitalista, ma anche la sua era lotta di classe


In margine a questo articolo.

L’ho già scritto più volte: l’anticapitalismo, di per sé, ha poco o nulla a che vedere con il marxismo. Anche i simpatici nostalgici di CasaPound si definiscono anticapitalisti. Anche i cosiddetti “rosso-bruni” lo sono. Attribuire tutti i mali sociali al capitalismo, farne il responsabile ontologico, e per converso fare del comunismo una specie di teodicea, di risoluzione definitiva di ogni contraddizione sociale e nequizia umana, sono idee che nulla hanno a che fare con una concezione materialistica e dialettica della storia.



Per avere contezza di questo fatto è sufficiente leggere già uno dei primissimi scritti di Marx ed Engels, un’opera divulgativa e propagandistica che non aveva alcuna pretesa scientifica benché contenesse già alcune delle idee che i due svilupparono più compiutamente in seguito: si tratta del Manifesto del partito comunista. In esso esprimono chiaramente il senso del movimento storico, e mettevano in luce come il modo di produzione capitalistico, in quella fase, avesse una funzione economicamente espansiva e politicamente progressiva:

La grande industria ha creato quel mercato mondiale, ch’era stato preparato dalla scoperta dell'America. Il mercato mondiale ha dato uno sviluppo immenso al commercio, alla navigazione, alle comunicazioni per via di terra. Questo sviluppo ha reagito a sua volta sull'espansione dell'industria, e nella stessa misura in cui si estendevano industria, commercio, navigazione, ferrovie, si è sviluppata la borghesia, ha accresciuto i suoi capitali e ha respinto nel retroscena tutte le classi tramandate dal medioevo.

Vediamo dunque come la borghesia moderna è essa stessa il prodotto d’un lungo processo di sviluppo, d'una serie di rivolgimenti nei modi di produzione e di traffico. Ognuno di questi stadi di sviluppo della borghesia era accompagnato da un corrispondente progresso politico.

E arrivavano a sostenere questa lapidaria tesi:

La borghesia ha avuto nella storia una parte sommamente rivoluzionaria.

Marx ed Engels mettevano subito in chiaro come la borghesia, da ceto oppresso sotto il dominio dei signori feudali, fosse pervenuta infine, dopo una lunga lotta secolare e con la creazione della grande industria e del mercato mondiale, “alla conquistata del dominio politico esclusivo dello Stato rappresentativo moderno”. E come il potere statale moderno “non sia che un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese”.

Da rivoluzionaria la borghesia si è fatta conservatrice e al bisogno apertamente reazionaria.

Marx non si ferma ovviamente a queste enunciazioni, ma nei suoi studi di economia politica, nella sua critica della stessa, viene a porre in luce le contraddizioni immanenti alle leggi di sviluppo del capitalismo, e trae la conclusione che anche questo modo di produzione, così come quelli che l’hanno preceduto, è transeunte. Mostra come il capitale, nel suo processo di valorizzazione basato sull’estorsione del plusvalore, tenda a un certo grado del suo sviluppo a trovare un limite in se stesso, e come la condizione dello sviluppo della ricchezza generale venga a cessare e la produzione basata sul valore di scambio crolli (*).

Ed è ciò a cui noi assistiamo ogni giorno, anche se non ce ne avvediamo fino in fondo e imputiamo la crisi storica del capitalismo, i suoi picchi di crisi sempre più ravvicinati, ai più vari fenomeni, bensì reali e altre volte solo immaginari, e tuttavia in ogni caso non decisivi e non altrettanto fondamentali quali la sempre più accentuata difficoltà di valorizzazione del capitale nella sfera della produzione del valore.

E tutto ciò, da un punto di vista della critica dell’economia politica, non ha nulla a che fare con l’anticapitalismo, specie quello di maniera. In tal senso, essere anticapitalisti è come essere antigravitazionali, contrari alla legge di gravità. Da un punto di vista della prassi politica, invece, ha senso una posizione di classe, di critica e di lotta, antiborghese. Laddove, per ripetere le citate parole di Marx, la borghesia rappresenta la classe sfruttatrice che domina economicamente la società e politicamente lo Stato nella sua finzione (finzione!) rappresentativa degli interessi comuni.


(*) Marx mostra tutto ciò da un punto di vista strettamente scientifico, non filosofico. Nessun economista, nessun pubblicista, nessun sociologo o cianciarone, nessun borghese che in vario modo pontifichi su “ciò che ha detto Marx”, ha davvero interesse di occuparsi, e dunque di studiare di prima mano, le leggi di movimento del capitale scoperte dal più grande studioso e critico dell’economia politica. Costoro e coloro che gratis fanno da coro, hanno tutti interesse, per un vero o per l’altro, o anche per tutti i versi, a difendere questo sistema che da progressivo si è trasformato, a causa delle sue leggi intrinseche, in regressivo, distruttivo e iniquo.

19 commenti:

  1. Quanto avrebbero bisogno di delucidazioni come queste gli sfruttati di oggi, sopratutto là dove esse riescono a spiegare con così logica chiarezza il significato autentico della scienza critica marxista nella sua distinzione netta, per metodo e contenuto, dalle secolari fantasticherie di chi, da punti di vista talora reazionari talora fintamente "progressisti", si sono dichiarati "contro il sistema". I danni, perpetrati da questi incantatori, sulla coscienza di classe temo siano incalcolabili. Il suo lavoro, cara Olympe, è in questo senso particolarmente prezioso, mi raccomando non pensi davvero di abbandonarci alla chiacchiera che da ogni lato prova a renderci sordi!

    Giulia

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  2. l' articolo del Foglio ci piglia anche se la motivazione -poco- razionale sembra essere: "capitalismo come capro espiatorio dei mali del mondo".
    Noto anche che nessuno degli intellettuali citati è da considerarsi marxista nel senso di Marx, compreso Pasolini che, con tutto il bene che gli voglio, del Capitale come potenza sociale ci capiva poco (consumismo, edonismo,omologazione ecc).
    Il suo contrastato rapporto con il PCI ( o di Sartre con il PCF) ci parla di con quale ambiguità tutto il mondo intellettuale europeo guardasse a Marx (come icona simbolica) da una parte e allo stalinismo internazionale dall'altro.
    La cosa si trascina stancamente fino ad oggi (Badiou, Fusaro-Preve ecc ecc) e, quello che è più grave, anche tra i proletari che non hanno, ai miei occhi, più scuse.

    Una cosa su cui rifletto spesso è che il metodo d'indagine iniziato con Marx-Engels (Hegel) ha avuto pochissimi epigoni, tra le migliaia che ci si sono cimentati. Troppo pochi hanno interpretato dialetticamente le dialettiche esposte nei loro scritti dottrinali, si è voluto farne a pezzi il corpo e i rimandi interni, isolarne dei postulati, fare a meno dello studio e di proseguirne l'originalità, il peggior dispetto possibile.

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    1. giusta osservazione la tua sui nomi citati nell'articolo che tutto possono essere tranne che marxisti. concordo anche sul resto.
      una mia ulteriore osservazione: né Marx e né Engels si sono mai definiti "anticapitalisti", proprio per i motivi che ho cercato di esporre

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  3. Molto interessante e pieno di spunti, questo post.
    Direi sotto certi aspetti chiarificatore su cosa vuol dire essere marxisti-leninisti ,e quindi comunisti e quindi materialisti dialettici nel xxI secolo.
    La lettura del Foglio poi con il suo richiamo a Pareto,mi fa venire in mente un tomo polveroso del medesimo, di quando facevo studi serali di sociologia.
    Fin da allora più che un economista il Pareto mi parve un filosofo della sociologia ,discipline entrambe che lo si voglia o no ,che rappresentavano e rappresentano un punto di vista di classe, in sostanza delle belle rappresentazioni di stampo teatrale.

    Caino

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  4. Da rivoluzionaria .... si è fatta conservatrice e al bisogno apertamente reazionaria

    Sostituire i puntini con qualunque "formazione rivoluzionaria" a piacere :-)
    Infatti la direi una "legge di natura".. Anche i rivoluzionarii hanno " buone posizioni sociali & figli" (.. soprattutto se "la rivoluzione" ha vinto" :-))
    Però non si prenda il mio sarcasmo come diretto a Marx ( o ad Olympe di cui e' sempre ammirabile la chiarezza e l' impegno); gli è che la storia dell' umanità non può essere tutta racchiusa nella teoria marxista.

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    1. il materialismo storico è una concezione della storia, un metodo per indagare la realtà storica.

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  5. E' troppo faticoso ..per certi illuminati, meglio il Bignami.

    Caino

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  6. Nello scritto di Marx il termine reiterato"sviluppo" ,che nell'etimo presuppone significati diversi, in quella prospettiva nonostante tutto è ancora denso di entusiasmo produttivo.Il"sostenibile" di oggi, tutti sappiamo che sotto l'aspetto che più ci interessa è un ossimoro.

    **
    Mah, oggi come ieri i proletari non dispongono di strumenti culturali che li mettano nelle condizioni di valutare le varie esegetiche marxiste - litigi epici - (certo anche gli insegnanti di filosofia,precari,rientrano nella classe proletaria, ma solo loro non hanno scuse). Gli intellettuali dibattono tra loro, dettano la via, il popolo plaude e nel nostro caso lo stalinismo ha avuto la meglio in patria come all'estero.
    Oggi finalmente si è capito che i comunisti rimasti sono diventati vegetariani,alcuni persino vegani, e pertanto non mangiano più i bambini, mentre i cosacchi hanno abbandonato i loro budjonny e a S.Pietro arrivano con i suv. Però ti portano sempre via la casa. Da qui non se ne esce, hai voglia di contestare "l'heghelismo" di Costanzo Preve.

    **
    [..]la Storia dell' umanità non può essere tutta racchiusa nella teoria marxista.

    Eh sì,all'oggi dovremmo essere 7.810.521. 683 in crescita, per cui....


    L'applicazione e lo studio sono difficili e faticosi
    sia per gli illuminati che per gli spenti. Perchè il Bignami sarebbe di facile lettura per una vasta porzione dei nostri parlamentari?


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    1. "Mah, oggi come ieri i proletari non dispongono di strumenti culturali che li mettano nelle condizioni di valutare le varie esegetiche marxiste"

      lei ha ragione, inconsapevolmente per quanto la riguarda

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  7. Preve, nonostante si sia autonominato negli ultimi anni della sua vita come un allievo di Hegel e Marx, non conosceva bene il pensiero marxiano. L'ho sentito con le mie orecchie dire che il II e il III libro del Capitale sono una ripetizione del primo. Un' affermazione che si commenta da sola, proprio laddove l' attuale forma del Capitale vi è descritta con assoluto acume.

    Difficile da questo punto di vista centrare la critica (determinismo, economicismo,la trappola di Smith -caratteristiche della prassi borghese, non di chi le evidenzia e le spiega razionalmente), poi si finisce per rianimare politicamente il socialpatriottismo e nel frattempo si decreta la morte (ma magari!) del comunismo storico novecentesco, con annessi storicismo-millenarismo. Così non si decreta nessuna morte, si crea un non-estinto. C'è qualcosa che non torna, Hegel, risulta utile per nascondere queste magagne.

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    1. dimmi, conosci un intellettuale italiano di nome che possa dirsi degno di stima?

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  8. Monetarismo alla frutta.

    Giappone, già svanito l'effetto dei tassi negativi su yen e mercati

    http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-02-04/giappone-gia-svanito-effetto-tassi-negativi-yen-e-mercati-161047.shtml?uuid=ACZDHhNC

    E così aumenta il tintinnar di sciabole

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  9. il momento in cui la borghesia diventa da rivoluzionaria a conservatrice è poi il punto in cui identifica la propria sorte con quella del capitale. I borghesi sono legati mani e piedi (e lingua) alla loro 'fortuna'. Non c'è nulla di meno scientifico. A questo punto la soluzione potrebbe consistere nel portare rogna ai borghesi e in tutta evidenza lo si farà facendo l'opposto loro, in pratica essendo anticapitalisti. Perché oggi siamo giunti al paradosso in cui il capitalismo si rivela antistorico (crisi generale). Nel momento in cui la borghesia identifica la propria fortuna con il capitale, mi sembra inevitabile essere anticapitalisti. Ma trattasi di un momento. La borghesia scomparirà prima del capitale; il proletariato dopo, forse mai.

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    1. considerando la curva storica per un periodo sufficientemente lungo, l'equazione borghesia uguale dominio totalitario del Capitale è esatta. Questo invece non vale per periodi più brevi, epperciò abbiamo la borghesia rivoluzionaria, quella della coscienza infelice, singoli che si estraneano anche fortemente dal vigente rapporto sociale ecc

      non capisco invece che significa "la borghesia scomparirà prima del capitale" almeno nella sua accezione oggettiva, forse sono io che non ci arrivo, oppure è che nel punto morto della stagnazione storica tutto si riavvolge

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    2. permettimi un addendum per il nostro amico:
      sul piano dei rapporti di produzione che posto occupa la borghesia? se "sparisce" la borghesia si dissolvono anche i rapporti sociali di riferimento alla sua collocazione di classe. pertanto si tratta dell'esatto contrario di quanto prospettato: in definitiva si tratta di un processo, quello della borghesia può essere inteso come limite storico ma sempre in connessione col capitale di cui è espressione cogente.

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    3. il capitalismo esisteva prima dell'affermazione della borghesia. In altre forme. La borghesia, come prima l'aristocrazia, è sì espressione ma per forza di cose anche interprete. mentre il proletariato è l'unica classe che può farla finita col capitalismo. Deve però, PRIMA, liquidare la borghesia attraverso la dittatura del proletariato. Deve farlo proprio perché la borghesia s'identifica col capitale, ma è una mistificazione: è un errore pensare che il capitale sia tutto, il lavoro è tutto!
      1. Pensare che il capitalismo si estingua con la borghesia è illudersi che il plusvalore estorto sublimi di colpo.
      2. significa non apprezzare l'opportunismo storico che ha permesso ai borghesi di scalzare la nobiltà dal ponte di comando.

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    4. caro amico, potremmo discutere di questi temi di qui a natale e oltre. invece di capitalismo e borghesia diciamo società di classe? chiaro che il plusvalore, come valore aggiunto, non sublima con qualsiasi sistema. cambia il modo di concepire e di misurare la ricchezza, intanto.

      il lavoro in forma immediata cessa di essere la grande fonte della ricchezza, il tempo di lavoro cessa e deve cessare di essere la sua misura, e quindi il valore di scambio deve cessare di essere la misura del valore d’uso.

      eccetera.

      quasi sempre stimolanti i suoi commenti

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    5. adesso ho capito ed hai pure ragione

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