La
lettera di Andrea Seibel, editorialista di Die
Welt, pubblicata da Repubblica
(veicolata attraverso la “LENA” e dunque edita in tutta Europa), è molto
interessante per comprendere il punto di vista di una frazione importante della
borghesia. Il tema trattato è ben riassunto già nel titolo dell’articolo: Gli anni spensierati sono ormai finiti.
Gli
anni belli e felici, scrive Seibel, sono stati quelli della caduta del Muro,
evento che “significò la fine della mancanza di libertà. Significò giustizia e
sovranità”, mentre ora siamo “indubbiamente in crisi”. La crisi, prosegue la
giornalista, non è più un’opportunità. E che cos’è allora?
Ma
prima di parlare della “crisi”, la Seibel tributa il pragmatico omaggio alla
Russia di Putin: “Putin fa paura. Pare che non riesca a fare
altro”. Con ciò la Seibel mette subito in chiaro da che parte
sta, non che ce ne fosse bisogno, e si siede dalla parte della ragione, della
libertà e della democrazia, che com’è noto hanno domicilio solo in occidente.
“Oggi la Russia o, meglio, la sua classe dirigente, mostra il
suo volto più brutto. È il ritorno della vecchia politica di potenza del
diciannovesimo secolo con i mezzi del ventunesimo, quella politica che non
arretra dinnanzi alla violenza e alla guerra”.
Che
la Russia non sia un esempio di democrazia è un fatto. Nemmeno l’Europa s’è per questo. E tantomeno gli Usa.
Dimenticare poi cos’è avvenuto di recente ai suoi confini, è una deliberata
omissione che falsifica il quadro degli avvenimenti. Tacere il fatto (ne davo notizia qui) che nel silenzio
generale gli Usa, poche settimane or sono, hanno deciso di quadruplicare i
propri stanziamenti militari nelle repubbliche baltiche e nei paesi ai confini
con la Russia, non è né buon giornalismo né servizio di verità.
In
un’intervista pubblicata due giorni or sono da Il manifesto, Noam Chomsky osserva:
Il bilancio della Difesa Usa per il 2016–17, approvato la
settimana scorsa senza alcun dibattito a livello congressuale, quadruplica la
spesa per rafforzare gli arsenali Nato e tutelare la “sicurezza” degli alleati
dell’Europa orientale, ai confini con la Russia. Qual è il messaggio?
Certamente esistono rischi di un aggravarsi di scontri e
tensioni strategiche strumentali tra i paesi appartenenti alla sfera
d’influenza russa e le zone d’influenza americana. Ma gli Stati Uniti
potrebbero mai accettare sui propri confini quanto sta avvenendo su quelli
della Russia? Sarebbe pensabile un dispiegamento di missili Nato al confine con
il Canada e il Messico? Verremmo tutti inceneriti.
E
dunque, chi sta attuando, senza risparmio di mezzi e sprezzo dell’ipocrisia, la vecchia politica di potenza del diciannovesimo secolo con i
mezzi del ventunesimo, quella politica che non arretra dinnanzi alla violenza e
alla guerra? Chi sono i principali responsabili di quanto sta avvenendo in
Medio Oriente e in Nord Africa? Gli Stati Uniti e l’Europa o la Russia? L’Iran
o l’Arabia Saudita? E che dire della Turchia, paese Nato che aspira ad entrare
nella UE, a proposito del popolo kurdo?
Anche
l’ultima parte dell’articolo è dedicata alla Russia di Putin, paese autocratico
e privo di modernità, scrive la giornalista tedesca, basta leggere “il toccante, commovente manifesto dell'attivista delle
Pussy Riot”.
*
Scrive
ancora Andrea Seibel:
L'Europa crede di essere senza confini, ma urta di continuo nei
suoi limiti, anche in quelli della sua onestà e credibilità. La crisi di cui
oggi siamo testimoni, si tratti della Brexit, dei profughi, della struttura
interna dell'Ue, investe i fondamenti.
Quando Gerhard Schröder assunse la carica di cancelliere
tedesco, fece una dichiarazione intelligente: "Non vogliamo cambiare
tutto, ma fare meglio tante cose". Il criterio è la realtà, non l'idea o
la visione. La politica deve essere pragmatica e a volte anche sgradevole,
dura.
Tutto
dipende da come s’interpreta la realtà e a chi vogliamo imporla, specie se con “dura e sgradevole” pragmatica germanica.
La realtà in cui la borghesia vuole continuare a dominare è quella
capitalistica (non ne conosce altre, se non bollate come “visionarie”).
Tra
i suoi frutti la realtà mostra quelli di una “crisi di cui oggi siamo testimoni, si
tratti della Brexit, dei profughi, della struttura interna dell'Ue, investe i
fondamenti”. Si tratta degli effetti della crisi, che quanto alle
cause la borghesia si guarda bene dall’indagarle. È pericoloso farsi illusioni,
sostiene la giornalista, “le popolazioni dell'Europa vibrano e mormorano”,
e “nessuna
meraviglia che soprattutto in Germania, sempre alle prese con il suo ruolo e la
sua storia, imperversi il pessimismo culturale”.
Forse
in Germania si tratta solo di “pessimismo culturale”, ma in altri contesti europei
esso si connota di una radice sociale: la stagnazione economica, disoccupazione
di massa (soprattutto giovanile), sfiducia nella politica e zero prospettive
per il futuro, taglio del welfare, crisi del credito, esplosione del debito,
pauperizzazione di strati sempre più ampi di popolazione, insomma il solito
rosario che accompagna le crisi capitalistiche, aggravato dal fatto che esse si
ripetono ormai senza soluzione di continuità apprezzabile.
Tuttavia,
Andrea Seibel, “come
donna, come cittadina tedesca, come europea e giornalista si rifiuta di cedere
allo scetticismo e all'allarmismo”. Anzi, si dichiara “un'ottimista
senza illusioni”.
Vi
è da osservare, preliminarmente, che ottimismo e pessimismo sono degli stati
d’animo, e per una giornalista che si richiama insistentemente alla realtà, “dura e sgradevole”, e dunque a una realtà
oggettiva, nelle sue parole si coglie una contraddizione.
Peraltro,
come percepirebbe la propria situazione se invece di essere una donna/cittadina
tedesca, fosse una donna/cittadina greca, portoghese, italiana; se non ricoprisse
un ruolo da editorialista in uno dei più prestigiosi quotidiani tedeschi, ma
fosse una lavoratrice precaria o disoccupata?
In
tal caso, signora Andrea Seibel, lei vedrebbe l’UE e il sistema economico
sociale vigente, quindi il suo presente e il nostro futuro, con uno spirito
ancor più pragmatico, ancor più scevro d’illusioni, ma soprattutto da un punto
di vista meno ottimista e borghese. Vedrebbe un mondo dove impera lo sperpero
lucrativo a fronte di povertà crescenti e diffuse.
E
allora forse farebbe capolino nel suo integro pragmatismo germanico il sogno di
una società diversa e di una vita più umana. Andrea Seibel invece sogna un’Europa
che non esiste: c’è solo un europeismo burocratico ed elitario che si è sostituito
agli Stati nazionali non per evolvere nel senso e nello spirito tracciato e auspicato
a Ventotene, ma sotto il segno degli interessi del capitale onnipotente. Consegneranno al futuro un’Europa dei nazionalismi, dei
regionalismi, dei separatismi, dell’organizzazione mafiosa degli affari.
E non è vero nemmeno, come invece scrive Seibel, che “Nessuno può prevedere lo sviluppo dei prossimi mesi e
dei prossimi anni. Ci sono troppi fattori imponderabili”. Si può agevolmente prevedere che nessuna volontà politica di
quest’Europa dei burocrati potrà arrestare i processi disgregatori innescati dalla
globalizzazione.
Il
“ritorno
della vecchia politica di potenza del diciannovesimo secolo con i mezzi del
ventunesimo” poggia sulle
medesime braci storico-oggettive che nel diciannovesimo secolo hanno posto le
premesse per i grandi incendi del ventesimo secolo, e perciò si tratta delle stesse premesse economiche
e imperialistiche da cui divamperanno i conflitti nel secolo che si è aperto.
Sul piano filosofico e culturale , sono rimasto molto colpito dalla acutezza delle analisi ma anche dalle novità portate avanti dalla Seibel.
RispondiEliminaHa tutte le carte in regola per essere dimenticata ed anche presto dalla Storia.
Finalmente una, che riesce con il suo ottimismo a confutare Leopardi ,duecento anni dopo.
Si sentiva il bisogno di una come la Seibel.
Sono proprio ridotti male.
caino
Ogni tanto, quando mi affaccio su questo blog a leggere simili articoli, per me è come se prendessi una boccata d'aria fresca bella ossigenata.
RispondiEliminaDai quotidiani cartacei e internettiani, leggo solo ciarpame ributtante, stronzate su stronzate.
Complimenti per il suo indefesso impegno che trasfonde "nell'arma della critica".
Luigi
grazie. tasserebbero anche quella se trovassero il modo
EliminaDimentivaco..per i patiti del genere..
RispondiEliminaLa Seibel mi pare una tizia alle prese con una ricerca ontologica che le permetta di scoprire un principio di verità che le riesca ad illuminare l'intelligenza.
Uno sforzo spasmodico, non c'è che dire!
caino
oramai sparare sugli europeisti Kantiani è un pò come sparare alla croce rossa, epperò se lo meritano chè per non vedere la guerra in europa bisogna essere proprio cecati
RispondiEliminacara europa, hai fatto della forzata e stretta convivenza tra vicini la tua forza, spingendoti ad inventare il modo di estrarre valore dalla nicchie sociali più riposte. ora quella che fu la tua forza ti porta alla tomba. anche se rantoli hai ancora la puzza sotto il naso!