Mi
hanno regalato dei libri, tra questi una biografia. Si tratta della biografia
politica di un ottuagenario, un malloppo di 607 fitte pagine dove non c’è molto del
lato propriamente privato e sentimentale, a parte i frequenti viaggi e i numerosissimi incontri. Ad ogni modo c’è traccia anche di
questi aspetti, specie nei primi capitoli, per me le pagine più
interessanti, perché molti dei luoghi narrati sono stati anche i miei e non di
rado, seppur più giovane, nello stesso torno di tempo.
L’autore
racconta ovviamente anche di Padova, una città che ora cerco di evitare per ricordarmela
com’era e non com'è stata ridotta. Accenna a bevute e libagioni nelle osterie di Mestre, o in quel della
Bissuola che proprio nel medesimo 1967 scoprivo a mia volta, in un ottobre già
fresco ma asciutto e sereno. Ricordo: il mattino ci si levava presto, col buio, e si potevano
vedere le luci accese nelle abitazioni popolari di viale san Marco, e poi oltre,
negli alti camini delle fabbriche di Porto Marghera; più a sud, quando
albeggiava, la foschia sostava nelle barene e Venezia appariva come sospesa. Il
passaggio degli autobus giallo-arancione, che da poco avevano rimpiazzato quelli
verdi della filovia, e c’era ancora il canale che arrivava fino a Piazza
Barche, dove appunto attraccavano piccoli navigli di merci e anche il
vaporetto.
Un
mondo che non esiste più da decenni e che aveva fino allora mantenuta, rarefatta, l’atmosfera povera e in bianco e nero del dopoguerra.
Il resto del libro è una cronaca dettagliata e puntigliosa d’iniziative politiche, di assemblee, di riviste, della radicale trasformazione sociale di quegli anni, con le riforme sociali e del lavoro a favore di chi soffriva la condizione imposta dal capitale, di un’idea di comunismo non inteso semplicemente come evoluzione, ma come trasformazione sociale complessiva attraverso la lotta. L’“essere comunisti senza essere marxisti”, scrive l’autore della biografia. S’andava maturando in quegli anni ciò che ora diventa chiaro a tutti: la crisi della legge del valore toglie ogni razionalità al capitalismo e, soggiungo, innesca un salto qualitativo che terrà impegnate molte generazioni sul fronte dei processi di trasformazione sociale.
Il
fascino dell’estrapolazione logico-dialettica scatenava in quegli anni molte
fantasie, l’assalto al cielo del soggettivismo spontaneistico che teorizzava la tendenza realizzata del “crollo” della produzione basata sul
valore di scambio”, un fenomeno storico ritenuto “praticamente vero”. Di aver
insomma raggiunto “quel punto dello sviluppo categoriale nel quale l’astrazione
si focalizza e raggiunge la completezza del suo rapporto con la realtà storica”!
Crollato il dominio della legge del valore, diventava pacifica la riproduzione
del modo di riproduzione capitalistico “a mezzo di comando”.
Per
ogni soggettivista il concetto di tendenza è proiezione in avanti della realtà
fenomenica, per Marx è invece riflesso anticipante della realtà empirica. Il
Grande Vecchio elabora un modello logico dinamico capace di simulare
concettualmente il possibile
movimento di una tendenza necessaria
e delle sue contraddizioni, il punto limite in cui queste giungono alla loro
piena maturità. Il modello della tendenza “al limite” pone le condizioni
dell’agire cosciente che costruisce il proprio scopo senza abbandonarsi al
fatalismo deterministico o all’ubriacatura dell’utopia irrazionale.
Insomma,
c’era e c’è una certa distanza.
Su
un punto l’autore ha ragione, e cioè sul fatto che il partito armato assumeva
ancora la fabbrica come referente nel momento stesso in cui era già avviato lo
smantellamento delle grandi strutture industriali. Vi è da dire, per la verità,
che il centro dell’attenzione e dell’azione della guerriglia si stava spostando
anche verso altre soggettività, non solo del proletariato marginale, sul
terreno delle lotte sociali; tuttavia ciò che portò alla crisi, non solo del
partito armato ma anche di Potop, non fu tanto l’insistenza di uno stanco
rapporto con le lotte di fabbrica, quanto una contraddizione reale, la
degradazione accelerata dell’impianto politico-strategico stesso, sia quello
della propaganda armata e sia quello del sabotaggio e dell’illegalità di massa, che veniva ad essere superato dalle inedite conquiste materiali del welfare, un
avanzamento sul piano dei consumi e delle tutele che trasformava nel profondo,
e cioè anche ideologicamente, non solo le classi subalterne bensì l’insieme
della società italiana. Per i pesci rossi l’acqua non era più la stessa.
Insomma, c’era e c’è una certa distanza
RispondiEliminaDirei un abisso, tenuto conto che poco sopra cara Olympe affermi : .."Per ogni soggettivista il concetto di tendenza è proiezione in avanti della realtà fenomenica, per Marx è invece riflesso anticipante della realtà empirica. Il Grande Vecchio elabora un modello logico dinamico capace di simulare concettualmente il possibile movimento di una tendenza necessaria e delle sue contraddizioni, il punto limite in cui queste giungono alla loro piena maturità. Il modello della tendenza “al limite” pone le condizioni dell’agire cosciente che costruisce il proprio scopo senza abbandonarsi al fatalismo deterministico o all’ubriacatura dell’utopia irrazionale.
Il fatto poi che il tutto avvenisse :..come referente nel momento stesso in cui era già avviato lo smantellamento delle grandi strutture industriali.
Ma tutto sommato ; E pensarci pensare prima ?
Infine il soggettivismo ,scava,scava, scava ..alla fine ci porta a dire : masì, volemose tutti un sacco di bene
Caino
Nel caso m'imbattessi nel medesimo tomo, questa introduzione mediazione sarà costante segnalibro.
RispondiEliminaPrometeo a dispetto degli dei serve a qualcosa. e per punizione non più incatenato ma rinchiuso in un libro.
Eliminami fa sorridere il riferimento al Grande Vecchio..
RispondiEliminapensavi fosse chi?
Eliminaquanta dietrologia demente. una della più esilaranti barzellette del novecento è stata quella che indicava in TN nientemeno che il "capo". uno che studiava filosofia e ha cominciato a leggere, per sua stessa ammissione, Marx dopo i trent'anni, cioè dopo aver letto, fatto e detto di tutto. E poi l'ha digerirlo anche male (ma non per i motivi che immaginano i borghesi). e non voglio dire altro.
Io ci ho provato, ma, come al solito, e nonostante si sia affidato a una specie di ghost writer, è illeggibile.
RispondiEliminaDavvero curiosa, oltre che significativa, la nota dell'editore: attraverso apposita corsivazione, si facilita il lettore nell'astenersi dalla lettura dei brani che vanno oltre la soglia del dolore (o noia,o irrilevanza). Escamotage non nuovo, solo che di solito non si trova nella prima edizione, ma, per esempio, nelle edizioni a lettura facilitata dell'Ulisse di Joyce. O, più pacchianamente, nel Reader's Digest di gessosa memoria.
come ho scritto io l'ho letto con una certa nostalgia per i luoghi evocati. poi penso che bisogna aver un po' vissuto quelle cose per intenderle meglio. come ho già detto in un precedente commento, non desidero aggiungere di più anche se ci sarebbe molto da dire. è un'autobiografia e come tutto questo genere letterario anche questa e forse più di altre soffre di vuoti e rimozioni mentre invece tende a mettere in rilievo l'ego.
EliminaDico solo che quest'uomo per tutta la vita ha avuto seri problemi di comunicazione, anche nel suo entourage più stretto. E so cosa dico.
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