Il
tema della pace e della guerra non coglie interesse. La politica estera è quanto
di più lontano da noi. Non si tratta solo di provincialismo. Sull’altra sponda
del Mediterraneo (mare nostrum, dissero)
la presenza della guerra ha punteggiato tutta la nostra epoca, la sua
recrudescenza ha raggiunto livelli di barbarie assoluta e tuttavia il nostro
sostanziale interesse è nullo, destato solo quando ci lascia la pelle un
qualche nostro connazionale o perché i profughi bussano alla porta. Allora per
qualche giorno se ne parla tra una réclame e l’altra.
Normalmente
tengono banco questioni ben più cruciali, come quelle culinarie. Salvo
l’interesse per le quattro banche recentemente fallite, la cui vicenda ha
toccato sul vivo migliaia di persone ignare di dove andassero a sotterrare i
propri zecchini. In questo momento, mentre sto scrivendo, alla radio, incidentalmente
(?), il discorso è scivolato sulla pasta. Eppure – e chiudo la parentesi – in
questo paese ci si nutre sempre peggio anche se in genere con sovrabbondanza,
assecondando anzitutto noti interessi commerciali e poi quello dei cosiddetti
dietologi.
Sorvoliamo
sullo sciopero generale di oggi in Grecia, che tanto non cale. E però, per
tornare al tema della guerra, sul discorso di segretario alla Difesa Ashton
Carter, non c’è traccia sui media. Il fatto che siano stati quadruplicati i
fondi per nuove truppe e armamenti americani da stanziare nelle ex repubbliche
baltiche, alle porte della Russia, così come in altri paesi dell'Europa orientale,
in flagrante e provocatoria violazione degli accordi
raggiunti con Mosca sulla scia dello scioglimento dell’Urss, non desta
alcun interesse e non si sente alcun commento.
Se
poi dovesse scoppiare qualche grossa grana da quelle parti, i nostri illustri
opinionisti, concordi sul fatto che Obama abbia il diritto di mettere – come ha
annunciato – gli “stivali sul terreno”, alzeranno il solito ditino per dire che
Putin è un autocrate e la Russia un paese che minaccia la pace e la stabilità
dell’area. La Russia era e resta l’impero del male, almeno fino a quando non
sarà raggiunto l'obiettivo di smembrare la Federazione russa, riducendola a una
serie di semi-colonie per aprire la strada al saccheggio delle sue vaste
risorse naturali.
Non
molto diversamente stanno le cose nei confronti della Cina, anche in tal caso
l’obbiettivo finale è quello di trasformarla in una semi-colonia per
garantirsi il dominio su un’enorme serbatoio di manodopera a basso costo, una
delle principali fonti globali di plusvalore. Poste le contraddizioni
fondamentali del sistema capitalistico che si dibatte tra espansione economica
globale e divisione in Stati nazionali e aree economiche tra loro antagoniste, una
guerra imperialista mondiale è probabile. Se ogni imperialismo è una minaccia,
quello americano rappresenta la minaccia più grave e incombente, anche perché
come si è visto i presidenti degli Usa servono solo a mettere il loro timbro su
decisioni prese altrove.
Ecco la selezione per addettto a premere il pulsante:
RispondiEliminaWebster Tarpley: Primarie USA: primi verdetti, primi brogli, primi mega assegni
http://www.pandoratv.it/?p=6079
Ciao,g
Perché non ne parlano ?
RispondiEliminaChe l'imperialismo americano risulti a conti fatti come il più pericoloso, ovvero quello che prima di altri può scatenare una nuova guerra imperialista di grandi dimensioni è abbastanza palese, nel senso che permane a conti fatti lo Stato continente più forte.
Nella lotta costante tra ricerca di equilibri tra le potenze e rotture penso risieda però il nocciolo dell'interpretazione dei fatti.
Mi pare che Marx ne abbia parlato a lungo, solo che ovviamente analizzava le situazioni europea del suo tempo, mi pare però che il nocciolo dei suoi ragionamenti si possa trasportare quasi pari pari ai tempi delle guerra imperialistica su scala globale odierna .
Non bisogna però cadere nella trappola di Americani cattivi e "altri " buoni.
Sostanzialmente sono tutti uguali ,anche se hanno tutti compreso che la lotta si sta spostando tra stati nazione e stati continente.
L'Europa, nella partita sta cercando disperatamente di diventarlo in altre parole è in ritardo.
Ma la faccia del Capitalismo oramai si sta omologando nel pianeta.
Qui da noi non ne parlano , ma in questo non parlarne sta il vero discrimine tra un progressismo generico che magari si chiama di sinistra ed una analisi marxista che mantiene come non mai , la sua validità.
I cosiddetti progressisti pensano che il mondo finisca con loro ,per cui le loro analisi si riducono a guerre di propaganda e contropropaganda ,come quella che si trovare in rete tra riviste on line come Sputnik e il nostro quotidiano chiacchiericcio giornalistico.
Caino