Se non ricordo male, fu Victor Hugo a scrivere che i
criminali non hanno solo le mani sporche di sangue ma anche macchiate
d’inchiostro, e aggiungeva che è molto più curioso andare a frugare nelle
casseforti che nei bassifondi. E non è un caso – soggiungo a mia volta – che
quando si va a mettere il naso nelle casseforti e negli affari dei potenti, immancabilmente
ci s’imbatte in ogni genere di lordura posta in atto da questi maestri di
realismo e di cinismo. Del resto, è nella destrezza della democrazia di una
società di classe far credere che la legge sia uguale per tutti. Sarebbe
illusorio pensare il contrario, e tuttavia vi sono dei limiti di decenza che non
dovrebbero essere valicati in uno Stato di diritto un po' meno che meramente formale.
I fatti di questi anni, per quanto ci riguarda
direttamente da vicino, dimostrano il drammatico smarrimento nel quale siamo
piombati, il trasformarsi del costume e della cultura come in un tempo non
troppo remoto non s’immaginava possibile. E ciò non è dipeso solo da un uomo,
per quanto egli sia riuscito a incarnare una filosofia – chiamiamola così – che
è riuscita a penetrare nelle coscienze e a eroderle, ma da un’intera classe
dirigente nazionale che – senza grandi ostacoli e catturando il consenso
della maggioranza – si mostra fattivamente
corrotta, distaccata dalla vita concreta e intimamente marcia perché non crede più in niente se non al potere
fine a se stesso.
E però tutto questo non sarebbe potuto accadere, non
almeno nelle forme macroscopiche esibite con disinvoltura, se anche e
specialmente da parte delle generazioni più adulte non si fosse spesso smarrito
il senso di responsabilità, di quella verso se stessi e di quella verso gli
altri. È bastato poco, in definitiva, per corromperci, e a poco è servito un
coro di ammonitori impotenti. Ed è perciò che due anni e mezzo fa scrivevo in
questo blog: