lunedì 30 luglio 2012

La lista Falciani


È notte fonda e l'unica luce che illumina la sala è il monitor di un pc. L'uomo che armeggia sul computer ha un'identità che non può essere rivelata ma è un esperto dei sistemi che consentono ai grandi capitali di dribblare le maglie del fisco. Digita le password muovendo le dita con rapidità e all'improvviso lo schermo si rianima. Migliaia di numeri riempiono il monitor: conti cifrati, codici interni, flussi finanziari. E soldi, tanti, che si muovono al sicuro dietro il paravento di trust e società panamensi, delle Cayman, delle Isole Vergini Britanniche, di Jersey, del Liechtenstein, del Vaticano e degli altri paradisi fiscali protetti dalle più impenetrabili leggi bancarie del mondo.

Ricordate quanto scrivevo in questo blog a proposito delle retate tra le baite cortinesi alla ricerca di evasori fiscali? Per scovare quei poveracci con assurdi pellicciotti, commercianti e gente di spettacolo, non c’era bisogno di far tanto chiasso. Gli italiani detengono circa il 6% della ricchezza mondiale, ma ne dichiarano quando va bene solo il 3%. E il resto?

È noto come i defunti i propri soldi e le altre bagatelle di cui godevano li debbano per forza di cose lasciare su questa terra. Chiunque, per riceverli in eredità, se ne ha diritto, deve compilare il cosiddetto modello 4 e consegnarlo all’agenzia delle entrate. In quel modello gli eredi devono scrivere fino all’ultimo centesimo di quello che il defunto aveva in banca, vuoi in liquido, titoli o altro. E ciò vale anche per gli immobili. Poi c’è il capitolo donazioni. Insomma, scovare i grandi patrimoni è questione di clik non operazione di berretti verdi.

Invece per i patrimoni depositati all’estero, bisognerebbe chiedere qualche ragguaglio all’ingegner Hervé Falciani, nato a Montecarlo ma in possesso di passaporto italiano, già esperto informatico per conto della Hsbc, una delle più grandi e potenti banche del mondo, il primo istituto finanziario europeo con sede a Londra. Falciani, che lavorava in una filiale svizzera della HSBC, alcuni anni fa ha consegnato i dati in suo possesso alle autorità francesi. Il caso non ha ancora smesso di fare scalpore.

24.000 conti di clienti svizzeri della HSBC, 15.000 conti aperti e 9.000 chiusi, centinaia di migliaia di operazioni lecite ma anche sospette, come quelle rivelate dalla commissione del Senato americano compiute dai narcotrafficanti messicani e da una banca saudita considerata vicina ad al-Qaida. E tanti, tantissimi evasori fiscali. Ma è chiaro che tanti dati a disposizione possono essere gestiti e usati anche diversamente.

Falciani teme per la sua vita e a buona ragione. Non credo per gli evasori scoperti in Francia (ben 6.613 nomi o entità), né per le migliaia di nomi o entità italiani consegnati dai francesi alla Guardia di Finanza e alla procura di Torino e poi smistati in 151 procure di tutta Italia. I motivi devono essere altri, se per esempio un giudice istruttore francese sta indagando per quale motivo quei dati sarebbero stati modificati dopo che Falciani li aveva consegnati.

Quei dati rappresentano un’infima percentuale dell'intero materiale trovato nel computer sequestrato a Falciani. Il resto è rimasto nascosto, una mole infinita d’informazioni. Per esempio i magistrati italiani (forse con l'eccezione della procura di Torino) non hanno mai chiesto di avere accesso ai dati mancanti. Per quale motivo?

UBS, la più grande banca svizzera, lo scorso anno ha raggiunto un accordo per consegnare i dati di più di 4.000 conti alle autorità statunitensi per evitare il processo penale. Ma loro sono amerikani.

Intanto Falciani è stato arrestato a Barcellona il 1° luglio e rinchiuso nel carcere di Madrid. Il 5 luglio le autorità di Berna hanno chiesto la sua estradizione, dando seguito a un mandato di arresto internazionale che lo accusa di furto di dati bancari. La corte di Madrid ha 40 giorni di tempo per decidere sulla richiesta. Alla fine è stato l'unico a finire in carcere.

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